*** ARGENTINA ***

Incendi in Patagonia: monocoltura di alberi, pressione immobiliare, turismo incontrollato e governi

di Nahuel Lag

  Nella Comarca Andina la temperatura è scesa e il vento si è calmato. Gli abitanti sperano che avvenga un miracolo, che l'incubo di giorni di incendi e mancanza di sonno finisca per poter iniziare a ricostruire, affrontando un inverno che sarà ancora più duro senza gli alberi autoctoni che proteggono il suolo da nevicate e pioggia e conservano l'acqua per le riserve e per la produzione della prossima primavera.
Un inverno duro in arrivo dopo un'estate breve: stagione chiave per coltivare frutta, verdura, per i pascoli e per il miele; stagione chiave per lavorare con un turismo che se n'è andato con il fumo. Ma il fatto che l'incendio sia diminuito di intensità ci permette di iniziare a riflettere su cosa sia successo. Chi sono i responsabili? Cosa si sarebbe potuto evitare? Quale modello di vita verrà sviluppato nella Comarca?

Dalle assemblee di base, dalle organizzazioni comunitarie e rurali e dai media indipendenti, provengono proposte e analisi delle cause più complesse di un semplice "fuoco intenzionale", che il governatore della provincia di Chubut, Ignacio Torres, ritiene sia responsabilità del popolo Mapuche e che il governatore di Río Negro, Albert Weretilneck, attribuisce ai "delinquenti". Sulla stessa linea, la Procura della Repubblica si è affrettata ad arrestare nove persone (finora i giudici ne hanno rilasciate otto per mancanza di prove).

La ministra della Sicurezza, Patricia Bullrich, da dicembre scorso responsabile del Servizio nazionale di gestione degli incendi, si è presentata per la prima volta a El Bolsón l'11 febbraio, 27 giorni dopo l'inizio degli incendi a Epuyén (Chubut).
Nei primi giorni di gennaio si era presentata per partecipare allo sgombero del Lof Pailako, nell’ambito della costruzione del “nemico interno”, ovverosia il popolo Mapuche, che ha additato come responsabile dell'incendio.
La visita di Patricia Bullrich dell'11 febbraio ha coinciso con un'ulteriore persecuzione: la polizia della provincia di Chubut, sotto la direzione del governatore Ignacio Torres, della PRO
[Propuesta Republicana, un partito politico argentino fortemente neoliberista, ndr], ha fatto irruzione in diverse comunità e in una stazione radio comunitaria arrestando un membro della comunità di Pillan Mahuiza.
Nel bel mezzo della repressione, la Bullrich ha detto che avrebbe inviato al Congresso una riforma del Codice Penale per creare un fattore aggravante per “intimidazione al governo” al fine di perseguire gli “pseudomapuche”.
"Quello che stanno facendo i governi di Torres e di Milei è nascondere la loro incapacità sospetta di controllare gli incendi che stanno devastando gran parte della Cordigliera e vogliono attribuirli al popolo Mapuche", ha affermato Mauro Millán, lonko della comunità Pillan Mahuiza.

Il palcoscenico della Bullrich è stato l'aeroclub El Bolsón, dove ha anche annunciato la creazione di un'Agenzia Federale di Emergenza - che si limiterà a unificare solo delle aree burocratiche, sebbene il Sistema Nazionale per la Gestione Integrale del Rischio sia già operativo sotto la sua orbita - ma non ha parlato di stanziare più fondi per combattere gli incendi, che, come ha riferito Tierra Viva, sono stati sottoutilizzati nel 2024. A gennaio 2025, erano stati utilizzati zero pesos, con le fiamme già accese, e solo nella prima settimana di febbraio sono stati distribuiti i primi 75 milioni di pesos.
La Bullrich ha inoltre annunciato che il progetto di riforma del Codice Penale mira ad inasprire le pene per chi innesca un incendio. Un'ipotesi di reato che è già perseguita come “devastazione” e che è stata applicata a Nicolás Heredia, l’unica persona arrestata per gli incendi a cui è stata data la custodia cautelare in carcere, con un’accusa messa in discussione per mancanza di prove.


Monocoltura del pino e uno Stato che non previene

L'incendio è divampato il 15 gennaio a Epuyén, in una giornata di forti venti e in un periodo di siccità storica. Gli effetti del cambiamento climatico sono innegabili per gli esperti e gli abitanti della Patagonia. In poche ore, nella zona di interfaccia – tra foreste, case e fattorie – sono andate in fiamme 76 tra abitazioni e magazzini e ne sono rimasti parzialmente distrutti altri cento. Dopo 19 giorni, l'incendio è stato domato in un canyon tra il Cerro Gladys e il lago Epuyén. Sono andati in fiamme 3.600 ettari (un incendio di dimensioni simili a quello di El Bolsón).

Perché questo disastro? "A Epuyén, la responsabilità è della riforestazione a pineta. Il problema non è nuovo. Quando scopiiò l'incendio nei quartieri, anche il pino fu assassino", afferma Claudia Sastre, comunicatrice di Radio Asamblea Epuyén e della Fondazione Onda Andina, a proposito degli incendi del 2021, in cui sono morte tre persone e centinaia di case sono andate perdute nei quartieri Las Golondrinas, Ecoaldea e Bosques al Sur. Evidenzia che in termini di prevenzione, da quell'incendio in poi lo Stato si è dimostrato “fermo allo stesso punto”, mentre la società ha attivato la sua organizzazione con “brigate comunitarie e reti di assistenza solidale”.

Stiamo tutti lavorando alla ricostruzione, ma ciò che manca è la prevenzione, perché altrimenti questo accadrà di nuovo”, afferma la Sastre, membro dell’Assemblea dei residenti di Epuyén, e parla del “teorema del pino”, riferendosi alla mancanza di controllo —in particolare in quella località— delle vecchie foreste di questo albero esotico, che arrivò negli anni ’50 per sostenere l’industria delle segherie che aveva già devastato i cipressi e i 'radales' autoctoni.
Per queste produzioni furono concessi terreni statali, ma ora rimangono abbandonati, senza controllo da parte della Segreteria forestale del Chubut — “non ci sono richieste ai proprietari delle foreste di bonificare le foreste, né vengono comminate multe” — e con le specie che debordano persino ai lati delle strade.

"Questi rimboschimenti servirono solo ai piantatori", dice la Sastre, e riassume i 75 anni di presenza del pino nella zona in una frase: "Era il momento di piantare e ora è il momento di incendiare. In mezzo non c'è stato nulla". Un'altra complessità è la proprietà della terra, l'impossibilità di ottenere permessi di potatura, dal momento che lo Stato mantiene le terre come demanio senza riconoscere i vecchi coloni. "L'ottanta per cento delle persone le cui case sono andate a fuoco non hanno alcun titolo di proprietà", afferma, e chiede: "Lo Stato li riconoscerà per la ricostruzione?".
L'esempio è nel punto zero dell'incendio di Epuyén, nella scuola 9 nel Barrio del Lago. Nel terreno adiacente c'erano pini alti 20 metri, con rami che toccavano terra, appartenenti a una vecchia forestazione di quella che era la compagnia Bosques del Epuyén. Parte di un business forestale, che ha anche tentato di trasformarsi in speculazione immobiliare con il progetto incompiuto Senderos del Epuyén, un'attività dell'imprenditore José Luis Sánchez Cabezudo, denunciata dall'assemblea dei residenti.
Dice Claudia Sastre che "la situazione della riforestazione abbandonata vicino alla scuola 9 era un invito alla catastrofe". I pini sono stati i fiammiferi, mentre è certa l'ipotesi dell'intenzionalità umana che ha dato il via, ma sui moventi dovrà indagare la Magistratura, che ancora non ha certezze. Riguardo alle accuse del governatore Torres contro il popolo Mapuche, la Sastre non usa mezzi termini: "Le comunità Mapuche a Epuyén convivono con tutti i residenti, è gente integrata nella comunità, senza conflitti territoriali. La relazione che Torres ha stabilito con lo sgombero del Lof Pailako è ben distante".
Un altro dei motivi dell'inizio dell'incendio nella Comarca sono i guasti nella fornitura di energia elettrica, e  [la Sastre] assicura che come assemblea ne hanno tenuto la documentazione, con la testimonianza dei residenti che, nel 2021, persero le loro case nel quartiere Bosques del Sur, situato in una pineta abbandonata dall'azienda Manosa. «Il fuoco è passato attraverso i cavi perché, per risparmiare, hanno utilizzato fili al posto dei fusibili», spiega la Sastre, ricordando il recente arresto per il reato di «abuso d'ufficio» del responsabile della pulizia delle linee: Mauro Palma, ex responsabile della Delegazione Nord-Ovest della Direzione Generale dei Servizi.
"A coloro che nella Comarca volevano avere l'elettricità, diceva di farsene una ragione, di fottersi e accontentarsi", ricorda  la Sastre a proposito del modo in cui operava Palma. Quest'estate si sono verificati anche focolai secondari causati da guasti elettrici, mentre i tagli preventivi di corrente, effettuati in caso di incendi, impediscono il funzionamento delle pompe idriche elettriche: solo chi ha pompe idriche autonome che vanno a carburante può affrontare il fuoco. "Come hanno potuto fare le cose così male?" si chiede, a proposito di un'ulteriore responsabilità statale.

A questo punto, si impone una riflessione profonda, senza "semplificazioni", anche sul perché non si verifichino incendi nei vasti terreni, in parte pinete, che Benetton possiede nella località di El Maitén. "Hanno brigate, hanno camion, hanno strisce di protezione antincendio, hanno attrezzature specializzate, hanno tutto. Quelli che sono lasciati a sé stessi siamo noi comuni residenti, e lo Stato che dovrebbe proteggerci non lo fa", dice.

E lascia aperta la sua ipotesi: "In ultima analisi, c'è l'intenzione di buttar fuori la gente dalle terre. C'è qualcosa di più scoraggiante che vivere in un bosco bruciato? Quante persone restano a vivere nella Comarca Andina dopo il terrore che abbiamo vissuto per un mese? Qualcuno trae vantaggio dal fatto che ce ne andiamo da qui. Interessi immobiliari estrattivi, interessi minerari, interesse a lasciarci senza acqua". Fornisce esempi di questa ipotesi: sviluppi immobiliari come Senderos del Epuyén, nonché l'interesse minerario e turistico del progetto Mina Puma.
"Se lo Stato non interviene, dobbiamo organizzarci in modo comunitario per poter vivere e abitare il nostro territorio, lo stesso che i piantatori hanno abbandonato", suggerisce.

 

Mallín Ahogado: senza prevenzione, senza budget e con molti affari alle spalle

Dall'altra parte del 42° parallelo, che divide Chubut e Río Negro, l'incendio è divampato il 30 gennaio in quella che dal 1994 è l'Area Naturale Protetta Río Azul - Lago Escondido (ANPRALE), dove si trova l'area rurale di Mallín Ahogado. Manuel de Lucía è un residente, insegnante laureato in educazione ambientale, membro dell'Assemblea in Difesa dell'Acqua e della Terra, del Fronte Rurale e della Brigata Forestale Mallín Ahogado, la cui sede è rimasta in balìa del fuoco dei primi giorni.
La prima denuncia che muove riguardo agli incendi è la mancanza di un Piano di Gestione e di un Piano Guida per preservare l'area naturale di fronte a quello che descrive come un afflusso massiccio di turisti, senza quote, controlli o informazioni sulla prevenzione. L'ultimo piano guida è stato presentato nel 2018, ma non è stato preso in considerazione dal locale Consejo Deliberante. La mancanza di un piano si traduce in mancanza di risorse. "Non so se l'incendio avrebbe potuto essere previsto, perché è stato intenzionale, ma avremmo potuto almeno avere i mezzi per una reazione primaria, perché quando si finanzia un'area protetta, si finanziano anche le attrezzature, il personale e i sistemi antincendio", afferma.

C'è stata una grande negligenza statale nella preservazione dell'area. Avevamo lanciato l'allarme, presentando progetti, percorsi didattici per i turisti, un piano di gestione integrale", denuncia, e sottolinea che tra le argomentazioni del governo locale per pianificare e ridurre i fondi c'era il fatto che "l'affluenza era incontrollabile a causa dell'effetto dei social network e della promozione degli Instagrammer".

Il Servizio Prevenzione e Controllo Incendi Boschivi (SPLIF) è in prima linea per gli incendi non ancora domati che hanno già distrutto 3.600 ettari. Secondo i loro stessi resoconti, il numero dei vigili del fuoco era di circa 50, a cui si aggiungono i 20-40 del Servizio Nazionale della Gestione del Fuoco, l'aiuto dei vigili del fuoco volontari e delle brigate di Bariloche o Chubut.
Tra 150 e 300 persone impegnate contro il fuoco, con formazione e attrezzature adeguate, per un'area con centinaia di ettari di foreste, con una grande quantità di biomassa e condizioni meteorologiche avverse dovute ai cambiamenti climatici: mancanza di pioggia, caldo e vento.

"Nello Splif ci sono vicini che ce la mettono tutta, ma hanno una giurisdizione enorme da coprire. C'è una differenza enorme tra ciò che si intende controllare e ciò che si finanzia. C'è un problema essenziale di finanziamento", insiste De Lucía e sottolinea ancora che nonostante i tavoli di dialogo a cui hanno partecipato i residenti con le istituzioni pubbliche, "la prevenzione è stata solo una parola, non c'era alcun finanziamento per la prevenzione". "L'azione delle brigate, senza voler denigrare, sarebbe stata una formica se non fosse stato tutto per tutto il supporto della comunità nella lotta contro il fuoco”.

Ma come membro del Fronte Rurale e come educatore ambientale, De Lucía amplia la visuale sull'incendio, il contesto in cui avviene, per comprendere la trasformazione di fatto di una località rurale "in difesa del territorio, dell'acqua, della vita comunitaria, della produzione agricola", in un territorio incentrato sul turismo, sul business immobiliare e, perché no, sull'attività mineraria. Nel 2024, il Río Negro è stata la prima provincia ad aderire al Regime di incentivi per i grandi investimenti (RIGI) ed El Bolsón, guidata dal sindaco Bruno Pogliano (del partito filogovernativo di Alberto Weretilneck, governatore della provincia), è stato il primo comune a seguire lo stesso percorso.

Alla fine del 2023, la legislatura provinciale ha modificato la legge provinciale sulla terra, che si era distinta per l'aver riconosciuto che "la terra appartiene a coloro che la lavorano". Tale obiettivo è stato modificato “per dare priorità al beneficio di una maggiore resa economica: dove ci sono metalli, l’attività mineraria, dove vi è idoneità allo sfruttamento turistico e all'attività immobiliare. Questo è fondamentale per capire come intendono cacciarci via con il fuoco per portare avanti questo modello di gentrificazione", afferma De Lucía.

Un anno fa, nel 2022, il Consiglio comunale di El Bolsón ha votato l'ordinanza 189/2022, che modifica il codice urbanistico della zona e limita la presenza di alveari e la produzione di animali. "Allora abbiamo sentito che cominciavano a buttarci fuori dalle nostre produzioni. Fino ad allora con i documenti, però il business immobiliare si fiutava. L'ordinanza era la legalizzazione di un altro modo di abitare il territorio, se iniziamo a dividere Mallín in aree urbane e suburbane, ci sarà un avanzamento sui terreni produttivi", spiega il membro del Fronte Rurale, che ha come slogan "la ruralità ci nutre" e chiede: "Se il rurale diventa urbano, dove produciamo il nostro cibo?"

Nei catasti del Mallín Ahogado erano segnati appezzamenti di terreno fino a 25 ettari, che nel corso degli anni sono stati ridotti a dieci e, dall'ultima ordinanza, a soli 3.000 metri quadrati. Nel mentre il fuoco avanzava sugli alberi che trattengono l'acqua per la vita e la produzione, in prossimità della zona umida Pampa de Ludden, dove anni fa è stato progettato un quartiere privato.
Il progetto è promosso dalla società Laderas, gestita da Nicolás Van Ditmar, operatore immobiliare e responsabile commerciale di Joe Lewis, l'imprenditore britannico che ha privatizzato Lago Escondido e che ha messo a disposizione un elicottero per combattere gli incendi.
Pogliano, il sindaco di El Bolsón, era contabile presso l'impresa Laderas.

Due giorni prima che scoppiasse l'incendio, Pogliano parlò alla celebrazione del 99° anniversario di El Bolsón e fece chiarezza sulla direzione della sua amministrazione: "La discussione se il profilo della nostra città debba essere produttivo o turistico è già stata risolta. È turistico! La mobilità economica e la crescita della nostra città si basano, principalmente, sul turismo". In quel discorso, Pogliano criticò coloro che "si oppongono al progresso" e non fece riferimento, come nel suo discorso di un anno fa, alla necessità di incorporare gli abitanti in un'ente per preservare l'ANPRALE, l'area naturale che è rimasta sotto al fuoco.

Inoltre, alla fine del suo discorso si è rivolto al governatore Weretilneck, per sostenere che "la locomotiva che traina la provincia" sono altri due progetti estrattivi messi in discussione dai residenti: l'installazione di un impianto di liquefazione del gas a Sierra Grande e il progetto Calcatreu, che aprirebbe la strada al mega sfruttamento minerario nel Río Negro.

De Lucía sottolinea che l'emendamento ancora vigente alla Legge sulla Gestione degli Incendi, che proibisce i cambiamenti di destinazione d'uso del suolo dopo gli incendi, è uno strumento legale per affrontare il quadro normativo proposto dai governi provinciali e municipali, ma si fida di più dell'organizzazione: "Il corpo nel territorio è un'altra legalità, anche se non è scritta e se può essere allontanata. Combattere l’incendio, far parte di questa rete di aiuto, impegno e assistenza è uno strumento di garanzia. Continuare a stare nel territorio, non aver migrato, non essere crollati emotivamente: tutto ciò lascerà una traccia del fatto che non sono riusciti a cacciarci, anche se ci hanno dato fuoco." E ripete la frase che ha dato forza a Mallín in questi giorni: “Spegniamo il fuoco e seminiamo”. 

→ Originale in spagnolo    su  

* Foto di copertina: LUAN - Colectiva de Acción Fotográfica
** Foto lungo il testo di Marcelo Martínez
** Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network  


 

11 marzo 2025 (pubblicato qui il 15 marzo 2025)