
Energia contro il futuro
Ho visto una contadina piangere per la mancanza d'acqua, e questo dovrebbe bastare. Ho visto i suoi frutteti cedere alla terra secca. L'ho vista schiacciare un fazzoletto di stoffa rosa sulle ginocchia e abbassare lo sguardo con un gesto delle mani per nascondere le lacrime che solcavano le sue rughe, e questo dovrebbe essere sufficiente per farci cambiare rotta. Ma abbiamo dimenticato che veniamo dall'acqua, che siamo fatti di acqua, che viviamo grazie ad essa. Ecco dove stiamo andando, dove le gocce salate finiscono sulle labbra di una donna che chiede acqua, non sapendo ancora che la miniera sta silenziosamente iniziando a portargliela via.
- Andiamo al terminal degli autobus - dico, chiudendo la porta dell'auto gialla.
- Dove stai andando?
- A Catamarca.
- Uuuhh, ma morirai di caldo! - mi dice il tassista con le mani incollate al volante mentre attraversa il centro della città di Cordoba alle porte dell'autunno.
Sono le sei del mattino ed entrambi sentiamo un primo calore che minaccia di crescere con un bagliore arancione tra le ultime tenebre. Il sole è in agguato. Il tassista si preoccupa che oggi sarà una giornata dura, che ieri mattina alle 9 accendeva già l'aria condizionata, che a sud, a Río Negro e Neuquén, ci sono circa 30 gradi, che questi sono luoghi non preparati a questo caldo... Che è terribile.
Così iniziano i primi minuti di un viaggio di 14 ore suddivise tra autobus, auto e camionette che si separano l'asfalto cordobano degli angoli più profondi del Bolsón de Fiambalá, una valle delimitata dalla Cordigliera delle Ande. Un orizzonte montuoso che nasconde tra le sue pieghe le zone umide delle lagune altoandine di Catamarca, un sito protetto dalla Convenzione internazionale di Ramsar, tra le altre cose per il ruolo che svolge nella regolazione della temperatura globale. Lì, in una di queste lagune che sono pozzi per i gas serra, che garantiscono la conservazione dei ghiacciai e che permettono di monitorare il cambiamento climatico globale, si nasconde anche il progetto per l'estrazione del litio Tres Quebradas della società LIEX S.A.
La corriera è in ritardo. I raggi iniziano a farsi più intensi tra gli edifici che circondano il terminal e non so ancora fino a che punto la mia destinazione sia segnata dalle insolite temperature di questo primo mattino a Cordoba.
Viaggio verso una delle tante radici umane del cambiamento climatico.
Di sali e cellulari
Dopo chilometri di montagna, la strada inizia a essere solcata dal sale, mentre attraversiamo Salinas Grandes e si entra nel territorio di Catamarca. Da quel lato del finestrino il terreno diventa bianco, punteggiato dalle macchie verdi di piccoli cespugli; da questo lato, un adolescente biondo gioca con il suo cellulare. Il telefono è in contrasto con il bianco della salina, ed è difficile capire come questo particolare dispositivo, che invia e riceve segnali da tutto il mondo, sia fatto in parte di ciò che si nasconde in questo terreno arido, inospitale e solitario.
L'estrazione del litio dalla salamoia presente nelle saline è aumentata negli ultimi decenni a causa della produzione di batterie per telefoni cellulari e computer. Attualmente la domanda di litio è cresciuta a tal punto che si parla di "febbre del litio" o di "oro bianco". Una febbre che ha già raggiunto il nostro paese dove, nelle province di Catamarca, Jujuy e Salta, esistono diverse saline con un alto potenziale per questo tipo di estrazione. In Argentina esistono già 18 progetti avanzati per l'estrazione di litio, oltre a progetti in fase di esplorazione iniziale in 23 saline, come riportato dal Ministero delle Miniere della nazione nel gennaio 2020.
La salamoia è uno dei liquidi presenti nelle saline che le compagnie minerarie estraggono a diversi metri di profondità con speciali pompe. Nel corso di un lungo processo, l'acqua viene fatta evaporare in grandi vasche a cielo aperto per permettere la concentrazione del minerale che viene poi separato per produrre carbonato di litio da vendere al di fuori del paese. Questo è il metodo più economico per estrarre il litio, perché l'evaporazione dipende dalle condizioni climatiche eccezionali di luoghi come la regione di Puna e le zone umide altoandine, legate all'estrema aridità e alle scarse precipitazioni, cioè alla mancanza di acqua.
Un metodo che è stato etichettato come preistorico dalla dottoressa Verónica Flexer, elettrochimica del CONICET ed esperta di litio, la quale spiega che "uno sfruttamento del litio, con il metodo evaporativo della salamoia, fa evaporare circa 10 milioni di metri cubi di acqua all'anno. Questa quantità equivale al consumo di una città di 70.000 abitanti nello stesso periodo di tempo. Una situazione che porta molti a ritenere che "l'estrazione del litio nelle saline sia un'estrazione di acqua", come afferma Susana Gallardo, ricercatrice e docente presso la Facoltà di Scienze Esatte e Naturali dell'Università di Buenos Aires (UBA).
Secondo un rapporto dell'associazione Be.Pe. sull'estrazione transnazionale del litio nelle lagune altoandine di Catamara, il 44% del litio prodotto a livello mondiale è destinato alla produzione di batterie e il restante 56% ad altri usi industriali (tra cui nella produzione di prodotti agrochimici tossici, in fisica nucleare e nei condizionatori d'aria). In altre parole, il cellulare che tiene occupato l'adolescente al suo posto, gli schermi di cui usiamo e abusiamo ogni ora, nascondono nella loro materia prima il consumo su larga scala di uno dei beni comuni più essenziali per la vita umana presente e futura, proprio lì dove scarseggia.
La corriera arriva a destinazione. La città di Catamarca brucia in silenzio nel bel mezzo della siesta dove Mercedes, dell'associazione Be.Pe., mi aspetta per salire su una camionetta e proseguire verso il sole.
Di triangoli e montagne
- Questa è l'unica ombra che c'è qui intorno-, dice Manuel mentre scendiamo dall'auto e ci sistemiamo sotto un carrubo per mangiare dei panini. Le sue parole sono superflue: da quando abbiamo lasciato la città di Fiambalá, dove abbiamo trascorso la notte per dirigerci verso nord in un mezzogiorno con 40 gradi, abbiamo visto solo qualche cespuglio raso suolo tra la terra arida. Così, quando abbiamo preso un bivio e un paio di alberi si sono aperti davanti a noi, abbiamo visto un'oasi.
Manuel e la sua compagna Johana, insieme ai loro figli Carla e Nabil, ci accompagnano in questo tratto di viaggio, dove l'asfalto è scomparso e non ci sono segnali o abitanti a indicare la strada. Entrambi conoscono molto bene queste latitudini: la loro partecipazione all'ong Be.Pe., all'Associazione dei contadini dell'Abaucán (ACAMPA) e alla radio locale FM Horizonte, li porta a percorrere instancabilmente questi paesaggi.
- Tutto questo cerchio tra le montagne è il Bolsón de Fiambalá, siamo nella zona pedemontana della Cordigliera -, dice Manuel col suo braccio formoso e scuro appoggiato alla camionetta bianca mentre l'altro regge un panino. - Laggiù c'è la catena di San Buenaventura -, dice, alzando ora il braccio verso nord per indicare diverse cime alte più di 5.000 metri che segnano la fine della Puna. E là dietro c'è la miniera, dove c'è una valle come questa che è già cordigliera -, aggiunge indicando la Cordigliera delle Ande che copre l'orizzonte occidentale.
Là dietro, dove la neve si trasforma in acqua per il disgelo e scorre nei bacini per dissetare l'intera valle, c'è la miniera per l'estrazione del litio. Lì, dove sorgono le vette più alte delle Americhe, come il Monte Pissis, il secondo vulcano più alto del mondo, stanno sviluppando il Progetto Tres Quebradas, che ovviamente prende il nome da una delle lagune altoandine di Catamarca. Lì, nella zona umida protetta a livello internazionale, la società mineraria canadese LIEX della Neo Lithium sta da anni portando avanti il progetto per l'estrazione di salamoia di litio che copre, secondo la stessa società, un'area di circa 35.000 ettari.
Le montagne che vediamo salire verso il cielo contengono una delle più grandi riserve di litio al mondo. Insieme ad altre zone
dell'Argentina, esse rappresentano il 19% delle risorse mondiali di litio, rendendo il nostro paese parte del cosiddetto "Triangolo del Litio" insieme a Bolivia e Cile. La rivista Forbes ha addirittura iniziato a parlare dell'unione dei tre paesi come dell'"Arabia Saudita del litio", in quanto insieme concentrano più della metà del minerale che, secondo le proiezioni, sarà in futuro indispensabile per l'energia, proprio come il petrolio nel corso del XX secolo.
Ma, come sottolinea il rapporto del Be.Pe. "la denominazione dell'area come Triangolo del Litio riproduce due delle condizioni fondamentali dell'estrattivismo". Da un lato c'è la spiccata concentrazione sul mercato di questo minerale, i cui giacimenti "sono quasi interamente nelle mani di transnazionali private senza che lo Stato nazionale abbia alcun tipo di politica o partecipazione nella catena del valore del litio" e con una redditività praticamente nulla. D'altra canto, questa denominazione definisce i territori in base alle materie prime che possono fornire al sistema produttivo ed economico globale, nascondendo le loro caratteristiche peculiari e il loro ruolo nell'ambiente, che è inevitabilmente globale.
In altre parole, nell'area del Sud America in cui il "Triangolo del Litio" vede una concentrazione di sali e minerali da esportare, esiste un ecosistema umido che coinvolge non solo le saline ma anche fiumi, praterie, ghiacciai della cordigliera, flora e fauna adattate agli ambienti desertici, strati di acqua dolce e salata in un complesso sistema acquifero sotterraneo che ha richiesto migliaia di anni per formarsi, e persino rocce che risalgono all'origine della vita sulla Terra. È anche un territorio abitato da popolazioni umane, comunità native e contadine che dipendono dall'ecosistema che le circonda.
- La gente va lì per praticare andinismo, ora tanto di moda. Prima i turisti che andavano a scalare venivano accompagnati dai mulattieri, dagli ambulanti locali, andavano con otto, dieci muli per portare le loro cose, il cibo. Li lasciavano lì e poi tornavano a prenderli qualche giorno dopo. Ma da quando hanno aperto le piste per le compagnie minerarie, li portano con i 4×4 -, dice Manuel mentre terminiamo la nostra sosta per il pranzo.
Il mulattiere va
Sabbia e ancora sabbia. Impronte che volano in mezzo al guadal (area di terreno sabbioso che diventa fangosa quando piove, ndt). Poi una strada stretta dove il verde cresce e compaiono gli animali - una ventina di capre e capretti ci guardano passare - e le spine della boscaglia stridono contro la lamiera dell'auto fino a raggiungere un gruppo di pioppi che si alzano verso il cielo. In quel momento appare Juan. Impossibile non sentire i nostri motori in avvicinamento tra il silenzio del canto degli uccelli che lo circonda.
Mentre Manuel inizia a scaricare gli attrezzi, i sacchi di iuta e gli altri materiali che porta con sé per la sua bancarella, Juan ci saluta con il suo berretto e la camicia che gli pende ai lati del viso come fossero lunghi capelli. Il suo saluto è gentile, con gesti lenti, nel suo sguardo brillante e calmo non si legge un briciolo dell'euforia che ci si può aspettare da qualcuno che è stato solo per giorni, forse settimane.
- Siamo praticamente cresciuti qui, è tutto frutto del nostro sacrificio. Quando io avevo dodici anni e mio fratello ventidue, abbiamo fatto queste pircas (mura di contenimento, ndr), realizzate con pietra tutte portate a mano, sulle nostre spalle", esordisce Juan con la sua cadenza catamarqueña e contadina, indicando la parete di grandi pietre della casa che delimita un lato della loggia dove siamo seduti.
Circondati da telai e fili, ci sediamo a bere il mate davanti a un focolare dove fuma un bollitore nero e fuligginoso. Sopra, tre pezzi di carne e diverse pelli di capra pendono dal soffitto.
- Ebbene, poi io andai a girar la terra, come si dice, e mio fratello rimase qui. Ora è vecchio, non può fare molto, così ho deciso di tornare e di occuparmi di quello che abbiamo fatto - aggiunge sotto il charqui (carne disidratata ottenuta ricoprendo la carne di sale ed esponendola al sole, ndt), sommerso da un esercito di mosche che gli sono indifferenti.
Sono passati solo un paio di mesi da quando Juan è tornato nella casa natia, un posto sperduto ai piedi della montagna, a 14 ore dalla città di Córdoba, il punto più lontano di questo itinerario.
- Ci sono molte bancarelle in quest'area?
- Qui ne sono rimasti pochissime, quasi nessuna, ce ne sono di più verso quella collina, sul lato del litio. Per me è lo Stato che ci ha rovinato. Quando ero ragazzo era tutto pieno di fattorie che si rifornivano di carne della zona. Poi la gente ha iniziato ad andare in città, a lavorare con una borsa di studio, un programma, ed è lì che vivono, elemosinando dal comune. Io non la vedo così, voglio fare le mie cose, e sono tornato qui con le mie capre, altrimenti non ci sarebbe più nessuna fattoria agricola in questa zona...
Juan è tornato da Medanitos, il villaggio dove ha vissuto per anni e che si trova a circa 50 chilometri da qui. E' tornato con i suoi animali, a piedi - ci ho messo un giorno e mezzo per arrivare qui -, racconta mentre un gallo canta sottovoce.
- Un sacco di tempo! Con le capre?
- Con le capre -, risponde Juan abbassando il mento e sorridendo, con una certa dolcezza, della mia sorpresa. - Qui abbiamo soltanto le capre. E dobbiamo farle smettere, lentamente, di mangiare...
Anche se questa volta lo ha fatto per spostarsi definitivamente, per molto tempo Juan ha portato i suoi animali avanti e indietro da Medanitos a questo posto come parte del suo lavoro di mandriano. Le prime volte, dato che il trasferimento comportava lo spostamento dei suoi vitelli su un terreno diverso a cui non erano abituati, fece a ciascuno un paio di scarpette di cuoio. All'arrivo nel nuovo luogo i vitelli sono stati lasciati lì per un po', finché non si sono adattati, e poi sono stati portati fuori, zampa dopo zampa.
Il famoso cambiamento della matrice energetica che annuncia, per fare un esempio, i benefici ecologici della produzione di auto elettriche realizzate con batterie al litio, non trova spazio nella vita di chi vive nelle montagne che accumulano questo minerale. I loro viaggi sono diversi, così come i loro tempi. I loro consumi sono vitale.
- Qui l'acqua scarseggia molto. Ora abbiamo superato un po' il problema economico e abbiamo comprato una manichetta per attingere l'acqua dalla sorgente, a 500 metri di distanza, altrimenti dovevamo andare a prenderla con i secchi. Ma con l'arrivo del mese di settembre l'acqua si esaurisce e dobbiamo trovare un altro modo. Laggiù ho un po' di erba medica, ma si sta seccando, anche gli alberi di noce si sono seccati per mancanza d'acqua. Però sì, lotteremo per questo...
Mantenere l'ombra e il cibo è una lotta quotidiana per Juan e suo fratello. La sua arma migliore è conoscere a quale altezza collocare i semi, come costruire terrazze di pietra per le coltivazioni, come spalare la sabbia bianca che sembra ricoprire il terreno zuccherino, riuscendo così a filtrare la poca acqua che arriva dal pendio. La sua migliore arma è conoscere alla perfezione l'ecosistema che gli dà vita. Tuttavia, non sa di questa nuova industria che sta crescendo sulla montagna, quella che lo preoccupa ma di cui non ha quasi mai sentito parlare. - Che altro sai del litio? È anche inquinante? Qualcuno dell'industria mineraria mi ha detto "no, l'inquinamento non può arrivare qui, perché ci sono le vasche". Ma per me quelle vasche filtrano verso il basso, vanno sottoterra. Qui la gente ha gli animali, ha tutto, e tutto dipende dall'acqua... - dice Juan mentre prende il bollitore nero e prepara un altro mate.
Ogni persona che abbiamo incontrato nelle città, nei villaggi, nelle campagne del Bolsón de Fiambalá, mostra la mancanza di conoscenza del progetto Tres Quebradas, proprio quelle stesse popolazioni che, secondo la legge, dovrebbero essere informate e consultate dallo Stato prima della sua approvazione, dato che sono loro a subirne le conseguenze e i cui diritti all'ambiente e all'acqua sono a rischio.
Lo stesso quadro nazionale e internazionale che cerca di fare fronte alle conseguenze dell'attività imprenditoriale sui diritti umani - come i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani e le linee guida dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) - considera "esplicitamente che l'installazione e la messa in opera di progetti estrattivi compromette le capacità delle comunità di soddisfare i propri bisogni", come indicato nel rapporto Be.Pe. Secondo queste stesse norme, è dovere degli Stati proteggere i diritti umani dagli effetti negativi che le imprese operanti nella loro giurisdizione possono avere su di essi.
Tuttavia, come indica lo stesso rapporto, le terre abitate da queste popolazioni sono state definite "zone di sacrificio", privilegiando l'esportazione di risorse minerarie a costo della devastazione di alcuni territori e dello sfruttamento eccessivo delle loro falde acquifere. Questa devastazione è già visibile nella stessa provincia, nella zona di Antofagasta de la Sierra, dove il fiume Trapiche, da cui l'azienda mineraria di litio FMC attinge l'acqua dal 1997, è stato spremuto fino a prosciugare i terreni di cui vivono gli ambulanti, che hanno già subito la morte dei loro animali.
- L'acqua per me è tutto, perché senza acqua non avremmo nulla, non avremmo animali né un raccolto. Senza acqua non c'è vita ..." dice Juan alzando lo sguardo dai nostri occhi verso l'orizzonte, mentre le mosche si posano sulla sua camicia bianca. L'acqua è qualcosa di primordiale per sopravvivere ovunque. Ovunque.
- Ti piacciono? - chiede Johana, mostrandomi cinque fichi nel palmo della mano che ha appena raccolto.
Dolci e lacrime contadine
Valeria si precipita dal cortile in casa con una tuta da jogging e una maglietta rossa e nera che le copre tutto il corpo.
- Scusami, sto preparando dei dolci, ma è meglio che restiamo qui perché fa troppo caldo - dice mentre va dritta al ventilatore e cerca di accenderlo, ancora e ancora e ancora, ma senza riuscire a far muovere le pale.
Sono le 18 quando, dopo aver continuato a costeggiare le montagne, raggiungiamo la nostra ultima tappa: la casa di Valeria e Santiago nel villaggio di Chuquisaca, una delle frazioni che interrompono il paesaggio desertico con gruppi di pioppi e vari tipi di verde che indicano la presenza umana.
Valeria è nata in Bolivia e all'età di 17 anni è arrivata in questo luogo dove vive con il suo compagno, Santiago. È così che ha trascorso la maggior parte della sua vita, lavorando la terra, vivendo di ciò che si può produrre in questo angolo di Catamarca, percorrendo le colline, pascolando le sue capre, spostandosi lontano per nutrire i suoi maialini.
- Abbiamo prodotto di tutto qui, di tutto. Ma ora sono stanca, non sono più abbastanza forte per accudire gli animali... Ora mi dedico alle piante e a fare i dolci - dice con una voce che suona come il calore che entra dalla porta della sala da pranzo: soffocata, assetata, spenta.
Valeria e Santiago hanno un centinaio di piante di pesco, cinquanta di mele, ortaggi e fiori di ogni tipo. Ma da qualche anno sentono come i loro corpi, il loro popolo e la loro terra stanno ponendo dei limiti alla loro vita contadina.
- Ci sono anni in cui c'è frutta e anni in cui non ce n'è a causa delle tempeste di calore - dice Santiago con i suoi capelli bianchi e una piccola cicatrice sulla guancia. - Qui soffia il vento zonda mentre le piante sono in fiore, poi il calore cuoce il frutto che cade e non c'è più frutto - dice e spiega che questo è il motivo per cui ci sono così tanti pioppi, perché è un albero che resiste alla mancanza d'acqua, alla caduta di sassi o alla grandine, e con la loro altezza fungono da cortina per rallentare il vento diretto nelle aree popolate.
Siamo nella penombra, porte e finestre chiuse impediscono ai raggi del tramonto di far aumentare il sudore che ricopre i nostri corpi, mentre tutti e tutte ripetiamo quanto fa caldo, quanto è terribile. Valeria si alza, sposta il ventilatore in un altro angolo della sala da pranzo e cambia la spina.
- Prima, quando siamo arrivati, non usavamo il ventilatore. Ora è marzo aprile, e fa ancora caldo - dice guardando con soddisfazione le pale che finalmente iniziano a girare.
Anche Valeria e Santiago non sanno molto dell'estrazione del litio. Dicono di aver visto persone salire e scendere dalla montagna, che presumono stiano lavorando nella miniera, ma che per ora tutto tace. Il loro territorio però, che già subisce gli impatti del cambiamento climatico globale causato da stili di vita molto diversi da quelli dei suoi abitanti, sarà ancora più danneggiato dalle conseguenze di un modello di estrazione di materie prime destinate a soddisfare l'aumento dei consumi energetici in città situate a migliaia di chilometri di distanza dalla loro realtà.
Ma per questa famiglia di contadini la mancanza d'acqua non è il futuro, bensì la dura terra del presente.
L'acqua che arriva a Chuquisaca proviene da sorgenti di montagna, scorre lungo torrenti e fiumi fino all'inizio del villaggio e viene poi distribuita attraverso canali. Come nel resto dei villaggi della zona, la distribuzione di acqua è organizzata su base comunitaria e funziona a turni: un giorno una famiglia riceve l'acqua per l'irrigazione, il giorno dopo è il turno di un'altra casa e così via fino a raggiungere l'ultimo appezzamento, per poi ricominciare tutto da capo.
- Ora la mancanza d'acqua è più grave che mai - continua Valeria - sono quattro anni che ne abbiamo pochissima per irrigare, è un problema ....
Un problema che si sta già ripercuotendo sul rapporto con uno dei suoi vicini che, da tempo, non permette all'acqua di scorrere dal canale al loro terreno. Un problema che ormai lede l'entusiasmo di Valeria, che fa un sorriso orgoglioso e umile quando le dico quanto sia famosa in tutta Fiambalá per la grande quantità e diversità di semi agroecologici che produce, semi che poi condivide e scambia con altri contadini che li seminano nelle loro terre. Ma il suo petto si richiude tra le spalle in pochi secondi: - Ci sono diversi semi che ho perso a causa del caldo e della mancanza d'acqua e non posso annaffiare. Per esempio, ora i pomodori non sono riusciti ad arrivare a maturazione perché non c'è più acqua. Sto seminando poco, non è più come prima ... Non c'è acqua e anche il clima sta cambiando - ripete ancora Valeria schiacciando un fazzoletto sul ginocchio destro, come se lo stesse stirando con le mani o piuttosto come scusa per abbassare lo sguardo quando l'acqua della tristezza la investe. - Avete visto il dolce? - chiede pochi secondi dopo, alzando lo sguardo e la sua dignità verso Johana, tornando verso la porta sul retro, mentre tutti la seguiamo per vedere il suo giardino.
Le prime cose ad apparire sono gli odori lilla, gialli e rosa: fiori che crescono sulla sabbia bianca, che lei accarezza e chiama come le sue figlie. Calpestiamo con attenzione i solchi che separano l'orto: - qui ci sono aglio, porro e cipolla - dice, mostrando qualche foglia che spunta dalla terra secca. - Questa è chia, ma non so se produrrà mai semi perché manca l'acqua... - aggiunge indicando alcune piante alte e appassite. - Ora non ci sono pesche e la mela è ormai sconosciuta, non è come l'anno scorso, rotonda e ben formata - dice Santiago dietro di noi, mostrando i frutti rosso pallido che resistono sugli alberi. Sullo sfondo, dietro un mucchio di mele cotogne che si asciugano al sole, una grande pentola bolle su un fornello di argilla. La vita spinge come un germoglio e Valeria si avvicina ancora una volta per mescolare pazientemente il suo dolce di chayote.
(4. Continua)
* Traduzione Marina Zenobio per Ecor-Network
Las aguas visibles
Cronicas sobre las comunidades campesinas y el avance de la mineria del litio en el Bolson de Fiambalà
Lucia Maina Waisman
Bienaventurados los Pobres (Be. Pe.), Catamarca, Argentina, 2021 - 136 pp.
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