*** Terza parte ***

La spazzatura del fracking a Vaca Muerta

di Cecilia Bianco, Fernando Cabrera Christiansen, Esteban Martine, Martín Álvarez Mullally

Fumo Nero

Il 19 gennaio del 2016, dopo una telefonata anonima che denunciava la presenza di emissioni di fumo scuro, gli ispettori J.M.A. E S.I. si presentarono all'impianto del PINO (Parco Industriale di Neuquén Ovest) per controllare il forno e confermarono quanto denunciato. Notarono che il colore faceva pensare alla presenza di particolato e che il fumo nero fuoriusciva da un forno che non era stato isolato a dovere. Ragione per cui sospesero le operazioni del forno di desorbimento termico N. 3.

Due settimane dopo, però, gli ispettori M.L. E J.D. lo trovarono di nuovo in funzione senza autorizzazione. Ordinarono l'arresto immediato dell'attività del forno fino a quando il monitoraggio dei gas non fosse stato valutato. L'azienda disse di non essere a conoscenza della sospensione emanata dall'ufficio provinciale di controllo.

Un comportamento ricorrente: il 23 febbraio, nonostante la sospensione, troveranno il forno N.3 di nuovo in funzione. Sono state almeno quattro le ispezioni partite dopo le denunce anonime che informavano sulle emissioni di fumo scuro.

Nell'ispezione del 3 febbraio 2016 si riscontrava che il forno pirolitico N.2 era privo di monitoraggio dei gas, di conseguenza non si poteva sapere quali tipi di gas fossero fuoriusciti. Accanto ai capannoni dove si trovavano i forni c'erano 1200 maxi-bidoni, ognuno con la capacità di un metro cubo, depositati su un terreno non impermeabilizzato.

La stessa cosa succedeva nell'area di essiccazione dove si trovavano teli oleofili contaminati, solidi condizionati e resti di apparecchiature elettriche ed elettroniche depositati su terreni privi di impermeabilizzazione. Presente anche materiale da desorbimento termico della Chevron, anche quello depositato su suolo nudo, privo di impermeabilizzazione. Comarsa afferma che si tratta di 110 tonnellate.
 

Brucia

Il 14 marzo 2016, gli abitanti nei pressi dell'impianto denunciano al Sottosegretariato ambientale la presenza di un incendio. P.B. e S.I. perquisiscono l'impianto e trovano, nel sito di raccolta prima ancora di essere immessi nel forno, materiali che bruciano a cielo aperto, attività illegale e altamente inquinante.

L'azienda dichiara che a causa dell'incidente hanno spento i forni e attivato il protocollo di sicurezza. Ma non lo ha immediatamente segnalato al Sottosegretariato dell'Ambiente, come previsto dalla legge, né è rimasta traccia delle cause che hanno provocato l'incidente né del tipo di materiale che è stato bruciato.


Bugie pericolose

A fine maggio del 2016, J.M.A. e B.M. portano a termine una minuziosa ispezione di tre giorni nei locali di Comarsa trovando materiale contaminato con idrocarburi stoccato su terreno senza impermeabilizzazioni. La vasca N.8 era in fase di chiusura ma all'organismo competente non erano mai state dichiarate le modalità. Resta sconosciuta la qualità della terra estratta da sotto le geomembrane che impermeabilizzano la vasca.

I residui trattati nel forno N.3 sono stati stoccati sul terreno nudo, senza canali di contenimento. Non ci sono misure di gestione degli incendi, né la più volte richiesta rete anti-uccelli, tanto meno la segnaletica obbligatoria per identificare i tipi di rifiuti. Secondo l'azienda, le geomembrane isolanti avevano uno spessore di 2000 micron, mentre quelle osservate dagli ispettori sono di 1000 micron. I capannoni sono in disordine e presentano un eccessivo accumulo di maxi-bidoni e altri materiali. Hanno rilevato che c'è una perdita di gas nel forno N.2, coperta con un “telo”.

C'è una forte incoerenza nelle quantità dichiarate di materiale stoccato, trattato e pronto per lo smaltimento finale. Per l'azienda sono 39.000 metri cubi mentre l'ispezione ne stima 60.000. Nelle aree di essiccazione Comarsa dichiara 80.500 metri cubi ma l'ispezione ne conta 139.051. Rispetto alle nove vasche, l'azienda dichiara 45.500 metri cubi di liquami, contro i 103.836 stimati dallo staff tecnico del sottosegretario all'ambiente.

L'ispezione ha trovato l'83,5% in più del materiale dichiarato dall'azienda.

Nell'agosto del 2016 l'impresa ha presentato un piano di chiusura dichiarando un totale di 135.500 metri cubi di residui, 108.500 meno dei 244.000 metri cubi calcolati nell'ispezione di maggio.


Uno stock intrattabile

Il 21 aprile del 2017, la Segreteria di Controllo e Monitoraggio Ambientale del Ministero dell'Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile della Nazione ispezionava l'impianto del PINO. A.R. e J.S., personale incaricato dell'ispezione, riferirono che l'azienda presentò loro il piano di chiusura e l'approvazione provinciale della proroga per la ricezione dei rifiuti fino al 30 giugno 2017. Lo stock dichiarato risultò essere molto superiore alla capacità di trattamento dei forni.

I rifiuti ammassati alla rinfusa senza identificazione limitano la tracciabilità e, quindi, offuscano la responsabilità di chi li ha generati. Viene ritrovato materiale metallico tra le ceneri, suggerendo una divisione del materiale prima dell'entrata nel forno ma anche una mancata valutazione del funzionamento del forno stesso.

Comarsa viene informata che il certificato ambientale annuale dell'impresa TAYM, che a Cordoba gestisce un impianto per lo smaltimento finale di residui pericolosi, è stato sospeso.

Non c'è un'altra discarica di sicurezza disponibile a livello nazionale, quindi si suggerisce di mescolare le ceneri con i rifiuti metallici per ottimizzare il lavoro e trovare un posto per smaltire le ceneri, che sono anch'esse rifiuti pericolosi.


L'entrata proibita

Il 27 settembre del 2017 gli ispettori J.M.A. e G.B. osservarono che nell'impianto del PINO continuava ad entrare materiale contaminato, ma per quella data all'impresa era già stato vietato di farlo.

Il piano di chiusura approvato dal Sottosegretariato all'Ambiente aveva come obiettivo la riduzione del volume accumulato, tuttavia l'azienda continuò a far entrare residui oltre la data entro la quale aveva accettato di chiudere i battenti. Ancora una volta viene meno ai suoi impegni commettendo azioni illecite.


Al forno

Il 21 dicembre 2017, gli ispettori J.M.A e A.F. trovarono il forno a desorbimento termico N.4 ancora in funzione, mentre doveva già essere fuori servizio per ordine del Sottosegretariato.
L'azienda continuava a far entrare materiale nonostante il divieto.


Violazioni

Gli ispettori J.M.A e P.B. visitarono l'impianto del PINO il 15 marzo 2018, trovando nove vasche piene di rifiuti speciali, liquidi e semisolidi, in attesa di trattamento. Non avendo Comarsa effettuato il trattamento corrispondente non aveva rispettato il piano di riduzione del volume del materiale. Nel suo stabilimento di Añelo non aveva ancora forni in funzione, così violava anche l'ordine del Sottosegretariato di non accumulare più della capacità di trattamento.


La storia si ripete

Il 31 novembre del 2018 gli ispettori E.Q. e J.C. visitarono l'impianto di Añelo riscontrando che quattro su cinque delle vasche contenenti ritagli sono al limite del contenimento mentre la quinta è al 75% della sua capacità.

Il forno di desorbimento termico non era ancora stato installato. E' presente un capannone per accogliere solidi (coperte oleofile e altri) sotto manutenzione, senza suddivisione degli elementi. Ci sono pallet di maxi-bidoni fuori e dentro il capannone senza protezione per prevenire le fuoriuscite, con materiale da bruciare senza identificazione. Non c'è nemmeno protezione per gli uccelli.

C'è un cumulo di materiale contaminato, tra i 16.000 e i 20.000 metri cubi, attorno al quale stanno lavorando due macchine di carico. La scala di ingresso è priva di drenaggio.

Intanto Comarsa continua a poter contare sull'aggiornamento del certificato rilasciato annualmente dal Registro Provincial de Generadores, Transportistas y Operadores de Residuos Especiales (REPGTYORE).


Vasche improvvisate

Il 12 luglio 2019, gli ispettori J. D. e J.M.A. ispezionano l'impianto di Añelo e trovano un trattore, un camion cisterna e una pompa per l'aspirazione di liquidi che rimuovono i fluidi da una “vasca improvvisata all'interno di una cava di estrazione di aggregati”. L'azienda dice che i liquidi corrispondono allo scarico di acqua risultante dal “processo fisico-chimico” (senza chiarire a quale processo si riferisca) e dichiara che sta preparando un rapporto. Nella zona di essiccamento si osserva la presenza di correnti semisolide in un'altra “specie di vasca improvvisata”.
Niente di tutto questo era stato riferito all'organo di controllo.


Aria e cenere

L'inquinamento dell'aria causato da diverse sostanze1 rappresenta il più grande rischio per la salute umana e una delle principali cause prevenibili di morte e malattia in tutto il mondo. Colpisce in modo esponenziale le donne, i bambini e gli anziani. Gli inceneritori di rifiuti pericolosi sono una riconosciuta fonte fissa di emissioni di vari inquinanti, da qui l'importanza di effettuare un controllo approfondito per evitare qualsiasi tipo di deviazione dai parametri di emissione.

L'inceneritore di residui pericolosi di Comarsa ha avuto molti problemi di funzionamento come emissioni di fumo nero, perdita di materiali, perdita di gas all'esterno della ciminiera, cambio di ciminiera, funzionamento parziale delle apparecchiature di misurazione dei gas, molteplici stop per trovare soluzione a questi problemi, anche la provincia ha sospeso più volte l'attività dei forni. In varie occasioni le ispezioni hanno riscontrato forni in attività senza autorizzazione ed è anche venuta alla luce la carenza di dati e misurazioni sulla qualità dell'aria dentro e fuori il sito, nonché di dati sulle emissioni

In un solo test sulle emissioni di gas si è riusciti a conoscere in dettaglio la composizione del carico da incenerire. Questo è un dato importante perché le emissioni dipendono da ciò che viene incenerito. Le ceneri sono un prodotto dell'incenerimento pirolitico, contengono sostanze altamente tossiche sulle quali non c'è certezza sul loro smaltimento finale. Nel 2017 nello stabilimento del PINO hanno usato un capannone per depositare le ceneri - non si sa se la pavimentazione fosse impermeabilizzata - e ce ne erano anche in un settore a cielo aperto la cui pavimentazione aveva una copertura di plastica su cui depositavano le ceneri con il rischio di spargerle con i venti sulla zona circostante.

Intanto, ad oggi, ad Añelo c'è solo un capannone per conservarle. In otto anni di ispezioni ancora non si sa quali sia stato il destino delle ceneri (o quale sarà nell'immediato futuro), ceneri che dovrebbero essere alloggiate in una discarica di sicurezza in quanto rifiuti pericolosi.


Conclusioni

Lo sfruttamento di Vaca Muerta con la discussa tecnica del fracking è stata una politica promossa dai governi nazionale e provinciale, a cui si sono uniti alcuni municipi. Il problema dei rifiuti associati a questa attività è stato uno dei primi ad emergere. Non esiste nessuna infrastruttura per “trattare” il volume di residui prodotti da uno sfruttamento intensivo con perforazioni e fratture.

Gli stati hanno risolto questa strozzatura permettendo ad aziende come Comarsa di accumulare enormi quantità di rifiuti danneggiando l'ambiente e la salute delle popolazioni che vivono vicino agli impianti. Come? Con azioni: progettando norme e concedendo permessi che hanno favorito le procedure inquinanti dell'azienda. Con omissioni: ogni volta che hanno scelto di non garantire l'applicazione di quelle regole che stabiliscono una sorta di limite alle barbarie.

L'arrivo del fracking ha avuto come contropartita una contaminazione dalle conseguenze ancora sconosciute. E non è stata solo Comarsa ma anche Indarsa, Treater, Servicios Ambientales Neuquén e i depositi di ritaglio - i tagli da perforazione - della stessa YPF. L'analisi realizzata conferma che si tratta di un vero disastro ambientale. È nota l'impunità con cui l'azienda è riuscita in tutti questi anni a gestire i rifiuti tossici, ad occupare, stoccare, scavare, seppellire, inquinare, incenerire, sversare, spargere, trasportare, non rispettare, nascondere ed indebitarsi.

Da quanto è stato analizzato i fatti di seguito descritti emergono in tutta la loro gravità:

  • appropriazione illegale di terre demaniali per depositare rifiuti pericolosi provenienti da aree non convenzionali, tra cui emergono quelle gestite da Chevron e YPF;
  • istallazione di vasche clandestine nei due impianti;
  • acquisto di terre ad un costo irrisorio e mancato rispetto dell'obbligo di rimboscare con una recinzione di alberi per mitigare l'effetto delle emissioni;
  • ripetute menzogne sul volume dei rifiuti raccolti che, a volte, è il doppio di quanto dichiarato;
  • mancanza di corrispondenza tra il volume immagazzinato e la sua capacità di trattamento, l'azienda ha ricevuto materiale mentre era in vigore il divieto di farlo, con l'aggravante che non aveva forni in funzione per lo smaltimento;
  • violazione delle sospensioni attivate per i forni mal funzionanti, mettendo in pericolo la popolazione con emissioni di diossina e particolato;
  • mancato rispetto del piano di chiusura concordato.


L'azienda ha ricevuto un trattamento preferenziale con approvazioni esplicite per l'impianto di Añelo pur non avendo servizi operativi di base garantiti. Nell'impianto di Añelo commette le stesse irregolarità già riscontrante in quello del PINO, con vasche clandestine, materiale contaminato lasciato in terra senza protezione, raccolta oltre la capacità di trattamento ed altro. È debitrice di multe che le sono state imposte. Su 14 multe l'azienda deve pagarne ancora 5, le più cospicue (vedi box a pagina 27).

Comarsa è un anello della catena dei rifiuti del fracking a Vaca Muerta. Una catena che ha come protagoniste grandi aziende, tra cui transnazionali e operatori dei servizi petroliferi che sono responsabili della generazione degli esorbitanti volumi di rifiuti in ognuno dei pozzi. Tra i più importanti ci sono: YPF, Chevron, Pan American Energy, Tecpetrol, Vista Oil & Gas, Exxon, Pampa Energía, Shell e Pluspetrol.

La successione dei fatti segnalati dai funzionari pubblici e analizzati in questo rapporto raccontano di un grosso rischio per la salute della popolazione e degli ecosistemi, un rischio riconosciuto ufficialmente dall'esecutivo provinciale almeno 6 anni fa, quando pubblicò il decreto N.2263.

In questi anni i governi di Jorge Sapag e Omar Gutiérrez – insediati dal 2015 ad oggi, entrambi del Movimento Popolare di Neuquén (MPN) - sono stati incaricati di concedere ripetutamente l'autorizzazione a Comarsa quale Operatrice per Rifiuti Speciali. Da parte loro, Jorge Lara, ministro poi segretario responsabile dell'Ambiente, e i responsabili dei fondi per l'Ambiente Ricardo Esquivel prima e Juan Dios Lucchelli dopo, in innumerevoli forme hanno favorito le azioni di Comarsa.

A livello municipale, il sindaco Horacio Quiroga (deceduto mentre era membro di Juntos por el Cambio - Insieme per il Cambiamento), la cui giunta aveva partecipato a molte delle ispezioni descritte in questo report, promosse nel 2013 un'ordinanza per la cessione a Comarsa di terreni che aveva già occupato in forma illegale, un'ordinanza votata all'unanimità dal Consiglio deliberante.
Intanto non risulta che l'amministrazione di Mariano Gaido (MPN) abbia intrapreso una qualche azione per recuperare i terreni ancora occupati illegalmente, o per garantire l'espulsione dell'impianto dal territorio comunale.

Infine il governo nazionale – nell'ordine di Cristina Fernández de Kirchner, Mauricio Macri e Alberto Fernández -, è il principale promotore del fracking, pur conoscendo il grado di impatto ambientale prodotto dai rifiuti dell'attività. Lo stesso Miguel Galuccio (ex amministratore delegato di YPF ai tempi del patto con Chevron) dichiarò nel 2014 che se fosse stato un “ambientalista”, la sua più grande preoccupazione in relazione al fracking sarebbe il trattamento dei rifiuti.

Il massiccio sfruttamento non convenzionale degli idrocarburi non sarebbe stato possibile senza i sussidi e gli enormi benefici rilasciati da parte del governo nazionale. Senza andare oltre, anche avendo effettuato ispezioni negli impianti di Comarsa e dopo che l'attuale ministro dell'ambiente, Juan Cabandié, ha definito il problema “allarmante”, quest'anno le compagnie petrolifere che generano rifiuti accumulati in Comarsa potranno beneficiare del nuovo piano di stimolo alla produzione di gas (Plan Gas Ar).

I rapporti di ispezione analizzati in questo documento mostrano la piena consapevolezza, da parte dei funzionari, di tutte le attività inquinanti di Comarsa. La disastrosa gestione dei rifiuti lungo tutta la catena, gli accordi discrezionali per rinnovare le certificazioni, le approvazioni esplicite, l'occultamento delle informazioni raccolte dagli organismi di controllo e durante le ispezioni, le multe non pagate, la violazione della legislazione vigente fanno parte di una pratica ricorrente. In altre parole, la connivenza dello Stato ha garantito a Comarsa l'impunità assoluta.

(3. Fine)

Traduzione di Marina Zenobio


La basura del fracking en Vaca Muerta. Comarsa: contaminación, impunidad y connivencia estatal en el basurero petrolero más grande de la Patagonia

Cecilia Bianco, Fernando Cabrera Christiansen, Esteban Martine, Martín Álvarez Mullally.
La Izquierda Diario, Taller Ecologista, Observatorio Petrolero Sur
Neuquén, Argentina. Junio 2021 - 36 pp.

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NOTE:

1- Particolato, ozono troposferico, monossido di carbonio, biossido di zolfo, biossido di azoto, piombo, mercurio, tra gli altri.

 

 

29 giugno 2021 (pubblicato qui il 30 giugno 2021)