*** Segnalazione - Dossier ***

“Una specie in via di estinzione”: la geopolitica del clima e COP26

di América Latina en Movimiento

América Latina en Movimiento - DOSSIER NOVIEMBRE 2021
“Una especie en peligro”: la geopolítica del clima y la COP26

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"Un'importante specie biologica è al punto di sparire per la rapida e progressiva liquidazione delle condizioni naturali della vita: l'uomo". Inizia così lo storico discorso di Fidel Castro Ruz al cosiddetto "Vertice della Terra", tenutosi nella città di Rio de Janeiro nel giugno 1992. Parole sagge perché giuste e ancora più sagge perché antiche, pronunciate da quasi due decenni fa ai rappresentanti alle Nazioni Unite. Pensiamo che lo scenario radicale proposto dal leader cubano non abbia cessato di essere confermato dai fatti, nulla sembra scuotere l'interessato letargo delle élite politiche ed economiche mondiali.

La messa in scena del ministro degli Esteri di Tuvalu sarebbe comica, se non fosse così tragica. Una piccola nazione dell'arcipelago della Polinesia esprime la sua disperazione a causa dell'innalzamento globale del livello dell'acqua, che minaccia letteralmente di inabissare il proprio paese nelle profondità dell'Oceano Pacifico. Una realtà che potrebbe sembrare estrema e lontana se non fosse per il fatto che nei prossimi anni varie città costiere dell'America Latina e nazioni insulari caraibiche si troveranno nella medesima situazione dei Tuvaluani.

Nel frattempo, le contraddizioni irrisolvibili del sistema imperante vengono aggiornate con l'emergenza climatica sullo sfondo. A tesi che danno enfasi al “carattere democratico” del clima e dei suoi impatti, il capitale risponde con la stratificazione delle nazioni e delle persone: non solo il contributo alle emissioni di gas serra è diseguale, ma anche i rischi e i costi affrontati dalle popolazioni delle classi dominanti e dominate, dai poteri centrali e dai paesi periferici. Mentre da un lato alcuni dei più grandi capitalisti sognano di colonizzare altri pianeti e di abbandonare per loro una terra usa e getta, il numero - ormai record - dei rifugiati climatici sale alle stelle.

Ma i dibattiti e le mobilitazioni generate intorno alla COP26 portano alla ribalta un'altra questione: l'inevitabile gravitazione della geopolitica in un mondo sempre più in discussione, anche in una dimensione ecologica. La corsa all'egemonia globale, o almeno alla costruzione di uno scenario multipolare, considera attualmente il clima come una variabile in più e strumentalizza i discorsi e le pratiche intorno all'ecologia e al cambiamento climatico. Dietro gli appelli a un'umanità astratta traspaiono interessi particolari e correlazioni di forze.

Ma mentre la locomotiva della storia salta rapidamente le stazioni che la fanno precipitare nella distopia ecologica, la razza umana - per parafrasare Walter Benjamin - armeggia il freno a mano. Fortunatamente, dalle antiche resistenze dei popoli indigeni e contadini alle più recenti mobilitazioni giovanili, dai movimenti sociali all'intellighenzia critica, si mettono in gioco vecchie e nuove sensibilità ecologiche che dimostrano l'inalienabile desiderio di lasciare in eredità alle generazioni future la stessa casa comune, lo stesso giardino ereditato. Sempre nelle parole di Fidel Castro, è quasi troppo tardi, ma non ancora.

Al termine della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Glasgow, ALAI presenta il suo Dossier “Una especie en peligro: la geopolítica del clima y la COP26”, uscito il mese di novembre 2021. Con l'obiettivo di fare una prima valutazione del principale conclave sulle questioni climatiche, per condividere l'enorme ricchezza e diversità di alternative e soluzioni e per rendere visibile l'agenda ecologica e climatica di soggetti e organizzazioni popolari, offriamo una serie di articoli, analisi e note di opinione pubblicate in spagnolo, inglese e portoghese e prodotto da latitudini diverse come Argentina, Brasile, Messico, Stati Uniti, India, Bangladesh, Malesia, Paesi Bassi e Belgio.

 

12 marzo 2022 (pubblicato qui il 16 marzo 2022)