*** Tribunale Internazionale per i Diritti della Natura ***

Per un Nuovo patto con la Madre Terra

di Francesco Martone

Per un “Nuovo patto con la Madre Terra”, questo il tema di fondo e l’obiettivo di un percorso lanciato da settembre dello scorso anno dal Tribunale Internazionale per i Diritti della Natura e che avrà il suo esito finale in occasione della Conferenza delle Parti sui Cambiamenti Climatici dell’ONU (COP30) che si terrà a Belèm, Brasile nel novembre di quest’anno. I due assi tematici sui quali il Tribunale sta lavorando, attraverso una serie di sessioni specifiche, sono relativi alla “fine dell’era fossile” ed al “post-estrattivismo e transizione giusta”. Quest’ultimo si è sviluppato nell’arco di tre sessioni, due locali ed una internazionale, tenutesi rispettivamente in Serbia, e più di recente, nel febbraio di quest’anno, in Ecuador e Canada.

La sessione sui combustibili fossili ha avuto luogo nel mese di settembre 2024 in concomitanza con la “Climate week” di New York, appuntamento rituale dei movimenti per la giustizia climatica che convergono ogni anno nella metropoli statunitense. 1 In quell’occasione il Tribunale ascoltò le testimonianze dirette di rappresentanti di comunità che soffrono gli effetti della dipendenza dalla produzione di energia da combustibili fossili in varie parti del pianeta, e le denunce relative al ricorso alle “false soluzioni”. Per “false soluzioni” si intendono quei progetti e approcci che trasformano la natura in bene economico finanziario (dal mercato di permessi di emissione, a REDD+ e geoingegneria) che non intaccano il modello dominante, anzi lo perpetuano, nella convinzione che la questione della giustizia climatica possa essere risolta attraverso gli stessi meccanismi che stanno portando il pianeta al collasso. Alla sbarra casi relativi a gasdotti e oleodotti, come la Mountain Valley Pipeline negli Stati Uniti già oggetto di una sessione locale del Tribunale (la prima con una giura interamente composta da leader indigeni),2 o la Coastal Gaslink in Columbia Britannica, che vede la partecipazione dell’italiana Bonatti e che è stata teatro della dura repressione della resistenza del popolo Wet'suwet'en da parte delle forze di sicurezza canadesi, alla pipeline in Mozambico, innesco di ulteriori violenze e conflitti in una zona già martoriata, a progetti di estrazione di carbone o incidenti di sversamento di greggio, come nel caso delle Filippine, o come nei casi dal Perù, di raffinerie e concessioni di estrazione di petrolio nelle regioni Amazzoniche. Sono stati infine considerati casi di “zone di sacrificio” come Vaca Muerta nella Patagonia argentina, anch’essa oggetto di una missione di campo ed una sentenza su fracking e diritti della Natura3, e la “Cancer Alley” in Louisiana. Così viene definita quella fascia di 137 kilometri lungo il Mississippi, che ospita oltre 200 impianti petrolchimici e raffinerie, caso emblematico di “environmental racism”, laddove la stragrande maggioranza della popolazione afroamericana soffre gli effetti devastanti di produzione di tossine ed altre sostanze contaminanti. La dichiarazione finale del Tribunale è stata chiara ed indica l’irrevocabile urgenza di una svolta radicale di non-proliferazione fossile 4.

Le più recenti sessioni relative al post-estrattivismo si sono invece concentrate su casi che vedono coinvolte imprese minerarie canadesi, vista la loro rilevanza a livello globale. Si calcola infatti che almeno il 47% delle imprese minerarie di tutto i mondo siano quotate nelle borse del paese. La ragione di tale scelta risale anche ad una richiesta specifica avanzata al Tribunale da parte delle comunità indigene dell'Amazzonia brasiliana che soffrono gli impatti delle attività dell’impresa Belo Sun, connesse alla megainfrastrutura idroelettrica di Belo Monte. Le comunità incontrate in occasione di una missione del Tribunale in Amazzonia nel 2022 avevano infatti chiesto esplicitamente di organizzare un Tribunale nel cuore della finanza e dell’industria canadese al margine del summit annuale che riunisce tutte le imprese del settore a livello globale, organizzata dal PDAC (Prospectors’ and Developer’s Association of Canada). Simile richiesta arrivò da organizzazioni ecologiste quali Earth Thrive e comunità locali serbe della regione di Homolje, che avevano chiesto al Tribunale di esprimersi sugli impatti sui diritti della natura derivanti dalle attività di prospezione in corso e quelli futuri dell’impresa Dundee Precious Metals (DPM).

Nel corso della prima sessione locale su DPM in Serbia 5 nel novembre dello scorso anno, i giudici del Tribunale ascoltarono testimonianze e deposizioni di esperti, attivisti e attiviste e rappresentanti degli ecosistemi minacciati della regione montana di Homolje. Il Tribunale emise una dichiarazione nella quale si evidenziano le responsabilità del governo serbo e della DPM nella violazione diretta o indiretta dei diritti degli ecosistemi e dei fiumi della regione di Homolje, in particolare riguardo le operazioni previste nelle concessioni minerarie a Timok/Potaj Cuka Tisnica e Coka Rakita, situate in zone ad alta biodiversità, popolate da ben 143 specie particolarmente vulnerabili, di cui 57 protette dalla Convenzione di Berna. La regione montana di Homolje si trova tra due parchi nazionali prospiciente il Danubio ed i bacini idrografici dei tributari Zlotska Reka, Mlava, Veliki Timok e Crni Timok. L’effetto cumulativo delle attività di prospezione attualmente in corso e di quelle previste di esplorazione sulla qualità delle acque, lo sversamento di sostanze tossiche sulle foreste, e la distruzione di habitat quali quello della Lince Europea hanno portato i giudici a prospettare la possibilità di un ecocidio, accompagnato dalla restrizione degli spazi di agibilità democratica e di protesta verso le comunità impattate, comune denominatore di ogni forma di mobilitazione popolare nel paese. Ed a riprova dello stretto legame tra estrattivismo e repressione, leitmotiv di tutte le sessioni su fossili e estrattivismo svolte dal Tribunale. Inoltre, il governo serbo è stato ritenuto colpevole per omissione (non avendo intrapreso alcuna iniziativa per prevenire e scongiurare gli effetti nefasti delle attività di DPM) e per aver progressivamente allentato vincoli legislativi ed amministrativi al fine di agevolare le attività dell’impresa, nel quadro di una strategia volta a trasformare la Serbia orientale in una regione essenzialmente mineraria, che soppianterebbe così l’economia rurale ed agricola che la caratterizza. Le responsabilità della DPM risiedono nel fatto che, pur essendo a conoscenza degli effetti negativi delle proprie attività, ha continuato ad espandere le campagne di esplorazione con la conseguente violazione dei diritti della Natura, beneficiando della “deregulation” messa in atto dal governo serbo, nonostante i declamati standard di responsabilità ambientale e sociale. I giudici hanno anche ascoltato una testimonianza sulle attività di DPM a Kimsacocha in Ecuador poi ripresa nella sessione organizzata all’Università Andina di Quito nel febbraio di quest’anno. 6

La sessione ecuadoriana rispondeva ad una serie di circostanze che la resero tappa necessaria ed imprescindibile, propedeutica alla sessione internazionale di Toronto. Le ragioni sono di fatto connesse alla situazione specifica dell’Ecuador, alla moltitudine di progetti minerari di imprese canadesi, caratterizzati dalla violenta repressione dei difensori e difensore della Madre Terra, e alla preponderanza del sostegno all’espansione della frontiera estrattvista che ha caratterizzato tradizionalmente i governi che nel corso degli anni si sono succeduti alla guida del paese. In particolate l’attuale presidente Daniel Noboa poche settimane prima aveva firmato un accordo di libero scambio con il Canada, decisamente sbilanciato a favore delle imprese canadesi, e nel 2024 era accorso a Toronto per “svendere” le risorse minerarie del paese. Si calcola che le concessioni minerarie (oro e rame sono preponderanti) rappresentino almeno il 9% del territorio nazionale, principalmente lungo la regione andina. Come denunciato nel corso dell’udienza, il 92 ì% delle concessioni minerarie insiste su aree di grande importanza per le risorse idriche il 30% in zone protette e tra il 30 ed il 50% in terrirori indigeni. Tutte le concessioni minerarie poi sono state garantite senza alcun tipo di consultazione pubblica e senza il consenso delle comunità indigene, requisito obbligatorio ai sensi della Costituzione e degli standard e precedenti legali sui diritti dei popoli indigeni. Nei casi nei quali è stata avviata una sorta di consultazione, come nel caso di Palo Quemado, la stessa è stata puramente di facciata, imposta con la ​​​​​​​violenza dalla presenza massiccia di ben 1000 soldati per una popolazione di 700 persone. Già questo dato è stato sufficiente affinché i giudici dichiarassero che tutte le concessioni minerarie di fatto sono illegali in quanto contro i dettami della Costituzione. Il Tribunale ha anche ascoltato innumerevoli denunce di criminalizzazione e violazioni dei diritti dei difensori della Madre Terra e dei diritti dei popoli indigeni. Si calcola che oltre 200 persone siano state oggetto di persecuzione giudiziale in varie regioni del paese, 134 a Palo Quemado e Las Pampas, 47 per resistere alle attività minerarie negli altopiani di Nabón, 9 difensori e difensore dell’acqua condannate al carcere a Warintza, Fierro Urco ed Espíndola. In quest’ultimo territorio opera la Salazar Resources impresa connessa alla famiglia dell’attuale presidente Noboa, che ha ottenuto permessi per operare nel páramo di El Airo-Tundurama, area protetta di approvigionamento idrico, con conseguente contaminazione delle fonti di acqua potabile usate dalla comunità locale. Uno dei testimoni comparso dinnanzi al Tribunale, Fausto Arechua, di Las Naves, è stato condannato di recente a 4 anni di carcere per opporsi al progetto minerario Curipamba-El Domo. Il suo territorio è stato dato per l’80 percento in concessione ad imprese minerarie, mettendo così a rischio l’accesso alle fonti di acqua potabile, mentre la detonazione di cariche esplosive, in particolare durante la stagione delle piogge, causa smottamenti e frane. Gli effetti devastanti dello sversamento e il deposito di acque tossiche di scarto sono stati sottolineati anche da testimonianze dalla città di Tundayme, che rischia di scomparire sotto una massa di acque tossiche in caso di cedimento della diga di contenimento, considerata ormai inevitabile. Anche a Fierro Urco, nel cantone di Loja, gli impatti dell’estrazione si ripercuoteranno su ben sei fiumi, minacciati da concessioni minerarie che si estendono su una superficie di 27mila ettari, con sette progetti a carico di 5 imprese, Anche in questo caso la resistenza delle comunità ha incontrato la dura repressione delle forze armate e di polizia inviate sul posto per proteggere gli interessi delle imprese. Un altro caso tra i molti portati all’attenzione del Tribunale riguarda la Cordillera del Condor, e specificamente il progetto Warintza con il suo impatto sulla popolazione Shuar e su uno degli ecosistemi con più alta biodiversità al mondo dove si calcola vivano almeno 52 specie minacciate. La miniera a cielo aperto Condor Mirador coprirebbe infatti una superficie pari a 18 campi di calco per una profondità pari ad 11. Anche in questo caso il popolo Shuar non è stato consultato secondo quanto fissato dagli standard dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro, con la sua Convenzione 169 sui popoli indigeni e tribali.

Il verdetto dei giudici non lascia spazio ad interpretazioni: ogni attività mineraria nel paese ed in particolare negli altopiani, ecosistemi chiave per l’approvvigionamento idrico è da considerarsi illegale, in violazione dei diritti della Natura, dei diritti umani e del diritto alla consultazione previa, libera ed informata, come riconosciuti dalla Costituzione. Di conseguenza il Tribunale chiede il ritiro immediato delle imprese dai territori in questione, la revisione delle concessioni minerarie concesse senza pubblica consultazione e valutazioni di impatto ambientale, e la messa al bando di ogni attività di estrazione su scala industriale di metalli negli altopiani andini. Per quanto riguarda l’accordo di libero scambio tra Ecuador e Canada si fa appello alla Corte Costituzionale affinché non ne approvi la ratifica. I giudici hanno infine dato mandato a Zenaida Yasacama, Vice-presidente della CONAIE (Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador) di portare i casi trattati a Quito e le raccomandazioni dei giudici all’attenzione del Tribunale internazionale che si sarebbe svolto di lì a poco a Toronto.

Nella sessione internazionale su “attività minerarie e post-estrattivismo” organizzata nella città canadese, oltre ai casi presentati alla sessione di Quito, il Tribunale ha considerato la questione più generale della “transizione giusta”7, dei rischi derivanti da nuove forme di estrattivismo connesse alla domanda di minerali di transizione, ed alcuni nuovi casi tra cui l’estrazione di litio a Jujuy (Argentina) e la resistenza delle comunità indigene di Salinas Grandes e Laguna Guayatayoc, lo sfruttamento di terre rare a Penco (Cile), e l’estrazione di uranio nelle terre native nel Saskatchewan del nord (Canada) i cui ecosistemi rappresentano uno dei principali pozzi di carbonio del Nord America . 8Nel caso dell’impresa Aclara Resources a Penco il progetto è stato imposto senza alcuna consultazione, e senza alcun rispetto per gli standard ambientali con conseguente deforestazione di aree protette, minacciando specie endemiche quali il Queule. Da anni le comunità locali lottano per la protezione dei loro ecosistemi, proponendo la creazione di un parco per porre freno all’ulteriore espansione delle attività minerarie. Eppoi il caso della contaminazione da cianuro causata dalla mini Barera Veladero della Barrick Gold in Cile, quando nel 2015 vennero sversati nei cinque fiumi del bacino di Jachál oltre un milione di litri di acqua contaminata con cianuro Le comunità locali vennero informate del disastro solo attraverso un messaggio per sms. Ed infine il caso delle attività dell’impresa Belo Sun nel Volta Grande do Xingu, nell’Amazzonia brasiliana che è stato alla base della convocazione del Tribunale. Secondo quanto denunciato dalle testimoni invitate dal Tribunale, l’impresa è arrivata senza permessi e senza alcuna consultazione previa, imponendosi con la violenza e grazie all’appoggio di guardie private. Qualora procedesse secondo quanto previsto il progetto potrebbe provocare il più grande disastro ambientale della storia del Brasile, a causa degli effetti delle detonazioni di cariche esplosive in prossimità del bacino collettore della diga di Belo Monte. Inoltre, si prevede un volume di estrazione di acqua pari a 43mila metri cubi l’ora, aggravando ulteriormente la crisi idrica nella quale versa l’intera regione. L’impresa persiste nelle sue intenzioni a prescindere da varie ordinanze che sospendevano i permessi ambientali annullando gli accordi per le concessioni su terre private, minacciando chiunque si opponga ai suoi progetti. Ad oggi almeno 50 persone sono state denunciate ed un difensore della terra è stato ucciso, ad ulteriore conferma di ciò che organizzazioni come Global Witness 9e FrontLine Defenders 10dicono da tempo, ossia che il settore minerario ed estrattivo, ed in particolare in America Latina è quello maggiormente a rischio per chi difende i diritti umani e dell’ambiente. Un dato questo confermato dal Business and Human Rights Resource Center di Ginevra che ha registrato almeno 600 casi di violazioni dei diritti umani connesse ad attività minerarie su larga scala nel mondo11. Le comunità indigene sono quelle che più ne soffrono le conseguenze visto che oltre il 50% dei giacimenti di minerali di transizione insistono sulle loro terre o in loro prossimità. Fattori questi che vanno presi in debita considerazione quando si promuove o si declama la “giusta transizione”, una chimera nel contesto attuale di capitalismo estrattivista fondato su una visione antropocentrica del rapporto tra umano e non-umano, laddove la Natura viene esclusivamente considerata come una “miniera” infinita di risorse da sfruttare. Anche a costo della violazione dei diritti umani e dei popoli oltre che quelli della Natura stessa.

Nelle loro conclusioni i giudici del Tribunale hanno sottolineato come i casi auditi siano solo un esempio emblematico di un paradigma che accompagna le attività delle imprese minerarie in particolare canadesi, nel mondo, colpevoli pertanto di violazione dei diritti collettivi, dei popoli indigeni e della Natura. Varie sono le raccomandazioni emesse 12 , tra cui quella di chiedere al Relatore Speciale ONU sui diritti dei popoli indigeni di indagare sull’impatto delle attività minerarie sui diritti dei popoli indigeni, sollecitando tra l’altro l’adozione di un Trattato ONU vincolante su imprese e diritti umani da anni in discussione alle Nazioni Unite. Come misure cautelari in attesa della sentenza definitiva, il Tribunale chiede che le imprese rispettino il diritto al consenso previo, libero ed informato, che vengano sospesi progetti quali Belo Sun, impegnando i governi a mettere al bando progetti minerari in aree ecologicamente sensibili, e di porre fine alla criminalizzazione dei difensori dell’ambiente. Si chiede infine il ritiro immediato delle compagnie minerarie canadesi dall'Ecuador, di rigettare l'accordo di libero scambio tra l'Ecuador e il Canada e di assicurare il pieno ripristino dei danni causati dalle operazioni minerarie in tutto il mondo. Il Tribunale chiede inoltre al governo serbo di sospendere l'esplorazione dell'oro a Homolje e di porre in atto programmi di recupero ambientale degli ecosistemi danneggiati dalle attività della DPM.

Ultima tappa a Belem, nel novembre di quest’anno quando il Tribunale celebrerà la sua sessione conclusiva nella quale si produrrà una sentenza definitiva, che comprenderà nuovi casi relativi a combustibili fossili ed estrattivismo, con una sessione interamente dedicata al tema dei difensori e difensore della Madre Terra. Questa iniziativa verrà svolta in raccordo ed a sostegno della piattaforma di proposte e rivendicazioni dei movimenti sociali, indigeni, ecologisti e contadini di ogni parte del mondo che si riuniranno nella “Cupula dos Povos13 vero e proprio summit alternativo a quello ufficiale dei governi.
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A luta continua.

 


Francesco Martone, già senatore con i Verdi e poi con la Sinistra europea per 7 anni come membro delle commissioni Diritti Umani e Affari Esteri, è fondatore e portavoce di In Difesa Di per i diritti umani e chi li difende (una rete di ONG italiane a sostegno dei difensori dei diritti umani) e associato al Transnational Institute di Amsterdam. È giudice del Tribunale Internazionale per i Diritti della Natura e presiede l'Assemblea dei giudici del Tribunale. 

 


Note:

1 https://www.rightsofnaturetribunal.org/tribunals/end-of-fossil-fuels-tribunal-2024/

2 https://www.rightsofnaturetribunal.org/tribunals/yesah-tribunal-2024/

3 https://www.rightsofnaturetribunal.org/vaca-muerta/

4 https://www.rightsofnaturetribunal.org/end-to-the-fossil-fuel-era/ - https://fossilfueltreaty.org 

5 https://www.rightsofnaturetribunal.org/tribunals/serbia-tribunal-2024/

6 https://www.rightsofnaturetribunal.org/impactos-de-la-mineria-canadiense-en-ecuador-tribunal-local-2025/

7 Per approfondimenti: https://pactoecosocialdelsur.com/manifiesto-de-los-pueblos-del-sur-por-una-transicion-energetica-justa-y-popular-2/ - https://www.tni.org/en/topic/just-transition - https://rightenergypartnership.org/mining-of-critical-minerals-for-clean-technologies-at-the-cost-of-indigenous-peoples-rights-and-the-environment/

8 Per maggiori informazioni sui casi presentati e sulla sessione di Toronto: https://www.rightsofnaturetribunal.org/impacts-of-mining-and-the-post-extractivism-era-tribunal-2025/

9 https://globalwitness.org/en/topics/land-and-environmental-defenders-report-archive/

10 https://www.frontlinedefenders.org/en/resource-publication/global-analysis-202324

11 https://www.business-humanrights.org/en/from-us/transition-minerals-tracker/

12 Per il testo integrale delle raccomandazioni: https://www.rightsofnaturetribunal.org/wp-content/uploads/2025/03/FINAL-RECOMMENDATIONS.pdf

13 https://www.rightsofnaturetribunal.org/wp-content/uploads/2025/03/FINAL-RECOMMENDATIONS.pdf


 

20 marzo 2025 (pubblicato qui il 23 marzo 2025)