*** Palestina ***

Lo Stato d'Israele porta avanti la distruzione della base materiale ancestrale del popolo palestinese demolendo la Banca dei Semi ad Hebron 

di UAWC

In questi mesi abbiamo cercato di documentare, grazie agli articoli di David Segarra, di Hamza Hamouchene e del Palestinian Centre for Human Rights, la distruzione sistematica dell’agricoltura a Gaza ad opera dell’esercito israeliano, deliberata sia per impedire ai gazawi di autoprodursi il cibo in condizioni di assedio, sia per minare alla base ogni ipotesi successiva di autonomia alimentare. Abbiamo visto come i carri armati e i bulldozer delle forze di occupazione israeliane abbiano raso al suolo sistematicamente uliveti, agrumeti e coltivazioni di ogni tipo, colpendo anche le infrastrutture essenziali come le serre, i pozzi, i sistemi di irrigazione, con l’obiettivo esplicito di rendere il danno irreparabile e permanente.
Una devastazione che non è un mero effetto collaterale dell’aggressione israeliana, ma una priorità militare e politica per forzare i palestinesi a una nuova Nakba o determinarne la morte, rendendo la loro terra inabitabile.
Col medesimo scopo, più lontano dai riflettori dei media occidentali, si sono intensificati in Cisgiordania gli attacchi dei coloni contro ì contadini palestinesi, soprattutto nel periodo della raccolta delle olive. Una vera e propria escalation, ancora in corso, che comprende irruzioni armate, pestaggi, furto dei raccolti, furto di bestiame, incendi e devastazioni di uliveti, distruzione di auto e mezzi agricoli, danneggiamento delle fattorie, blocco dell’accesso degli agricoltori palestinesi ai loro terreni ed espulsione dei solidali. Il tutto con l’aperta collaborazione dell’esercito.
Lo scorso luglio, le forze di occupazione israeliane hanno portato l’attacco alla Casa delle sementi di Hebron. Un atto particolarmente infame, che estende il genocidio/ecocidio/olocidio alla cancellazione del patrimonio genetico delle varietà autoctone palestinesi, dei millenni di storia e di lavoro necessari per selezionarle, del germoplasma per le semine del futuro.
Quelle che seguono sono alcune delle reazioni internazionali di fronte a questo ennesimo crimine.


Il 31 luglio 2025, le forze d'aggressione israeliane “hanno lanciato un violento assalto contro l'unità di moltiplicazione delle sementi della Banca dei Semi dell'Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo (conosciuta a livello mondiale come Union of Agricultural Work Committees - UAWC)”, situata nella città di Hebron, nel quadro di una grave escalation contro la sovranità agricola palestinese.

Questo è il comunicato integrale dell'Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo (UAWC):

«L'esercito israeliano, con l'uso di bulldozer e macchinari pesanti, ha distrutto i magazzini e le infrastrutture dell'unità dove erano conservate attrezzature essenziali, semi e strumenti per la riproduzione delle sementi autoctone. La distruzione è stata effettuata senza preavviso, sotto protezione militare, e costituisce un duro colpo agli sforzi palestinesi volti a preservare la biodiversità locale e garantire la sovranità alimentare. Questo attacco deliberato contro un'infrastruttura agricola civile è un attacco strategico contro le fondamenta stesse della resilienza palestinese. La banca dei semi ha svolto un ruolo fondamentale nella conservazione delle varietà tradizionali di sementi e nell'emancipazione dei piccoli agricoltori attraverso la riproduzione e lo scambio di semi locali. L'attacco si inserisce in un contesto di recrudescenza della violenza dei coloni, di accaparramento delle terre e di sforzi sistematici da parte dell'occupazione israeliana per smantellare i mezzi di sussistenza delle comunità palestinesi. La distruzione di una banca nazionale dei semi è un atto di estinzione, destinato a spezzare i legami generazionali tra gli agricoltori e le loro terre. Chiediamo a tutti i partner internazionali, ai difensori dei diritti umani e ai movimenti di solidarietà di denunciare con forza questo crimine. Chiediamo un intervento internazionale immediato affinché l'occupante israeliano sia ritenuto responsabile delle sue ripetute violazioni dei diritti agricoli, ambientali e umani».

La risposta all'appello si è diffusa in tutto il mondo, con proteste ed espressioni di sostegno provenienti da ogni angolo del pianeta, a dimostrazione che la società civile, sia rurale che urbana, non solo è solidale, ma si identifica anche con l'attacco alla riproduzione dei semi e, naturalmente, con la sovranità alimentare, ma soprattutto con il rifiuto del genocidio sempre più brutale e palese che viene perpetrato.

La Vía Campesina lo ha definito "un attacco diretto alla sovranità alimentare e agli strumenti di sopravvivenza contadina".

«Il 31 luglio, da Bagnolet, La Vía Campesina, movimento globale di contadine, contadini e piccoli produttori alimentari, nonché di lavoratrici e lavoratori senza terra, ha alzato la voce con rabbia e solidarietà incrollabile nei confronti di un membro della sua organizzazione, l'Union of Agricultural Work Committees (UAWC), e con tutti i contadini e contadine palestinesi che resistono all'occupazione, al furto di terre e all'apartheid nel loro territorio ancestrale. Questa mattina, le forze militari israeliane hanno effettuato un raid nell'unità di moltiplicazione delle sementi della Banca dei Semi Palestinese a Hebron, gestita dall'UAWC. Sono stati utilizzati escavatori e attrezzature militari per demolire gli impianti di stoccaggio, dove erano conservati semi locali, attrezzi agricoli e attrezzature destinate alla riproduzione contadina di sementi. Questa struttura è stata fondamentale nello sforzo collettivo dei contadini palestinesi per preservare le varietà tradizionali di semi e garantire la loro capacità di coltivare alimenti secondo le proprie conoscenze e pratiche. Rappresenta anni di lavoro organizzato per mantenere la biodiversità e costruire sistemi alimentari indipendenti, resilienti e basati sulle conoscenze contadine. Non è un caso isolato. Si tratta del secondo attacco diretto contro l'UAWC negli ultimi anni, come parte di una più ampia strategia coloniale che mira a sradicare le comunità palestinesi, a sfollare le contadine e i contadini originari della Palestina e a reprimere qualsiasi forma di autodeterminazione. È l'espressione di un regime più ampio di colonialismo e apartheid, basato sul dominio, la spoliazione e la distruzione ecologica. Questo attacco colpisce il cuore stesso della nostra lotta globale per la sovranità alimentare, l'agroecologia e la giustizia sociale. Questo crimine costituisce una palese violazione dello storico parere consultivo emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) il 19 luglio 2024, secondo cui l'occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e di Gaza è illegale e deve cessare immediatamente. La CIG ha sottolineato le gravi conseguenze legali delle violazioni sistematiche da parte di Israele del diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione. Questo nuovo attacco costituisce un'altra flagrante violazione del diritto internazionale, che si aggiunge alla storia di Israele in materia di diritti umani, giustizia ambientale e diritto internazionale umanitario. La Via Campesina condanna con fermezza questo attacco. Lo riconosciamo come un'aggressione politica contro il diritto di un popolo di vivere con dignità, prendersi cura della propria terra e decidere del proprio futuro. Esprimiamo la nostra solidarietà all'UAWC e a tutti i contadini e contadine palestinesi che continuano la loro lotta sotto il peso dell'occupazione e dell'ingiustizia.
                                                           

                           


Chiediamo alle persone, ai movimenti, alle organizzazioni e alle istituzioni internazionali alleate in tutto il mondo di condannare questo crimine dell'occupante israeliano contro l'UAWC, la banca dei semi palestinese e la più ampia lotta per la sovranità alimentare in Palestina. Mobilitiamoci urgentemente in solidarietà con i contadini, i difensori della terra e le agricoltrici palestinesi che continuano a resistere alla violenza coloniale e a difendere il diritto di vivere e lavorare sulla loro terra. Chiediamo un intervento internazionale immediato affinché il regime israeliano risponda delle sue ripetute violazioni del diritto internazionale, compresa l'attuazione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia. I semi contadini sono semi di resistenza. Anche la Coordinadora Latinoamericana de Organizaciones del Campo, CLOC-Vía Campesina, riferimento di La Vía Campesina in America Latina e nei Caraibi, esprime la sua solidarietà all'Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo (UAWC), di fronte all'attacco delle forze di occupazione israeliane ai campi di produzione e alle strutture della banca dei semi situata a Hebron, in Cisgiordania, Palestina. [...] Il lavoro di conservazione dei semi svolto dall'UAWC è stato un esempio per il nostro movimento di cura e moltiplicazione dei semi autoctoni e creoli, come base per la sovranità alimentare dei popoli. Ribadiamo che questi attacchi da parte delle forze di occupazione israeliane rappresentano una grave violazione dei diritti umani e dei contadini. Denunciamo questi atti che utilizzano il cibo come arma di guerra, come parte della strategia di genocidio contro il popolo palestinese. Solidarietà con l'UAWC e con il popolo palestinese! Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera!».

Anche in agosto, diverse organizzazioni e comunità messicane impegnate nella difesa di un libero rapporto tra semi e popoli, hanno espresso la loro posizione e sono riuscite a raccogliere importanti adesioni con il sostegno dello Spazio Statale per la Difesa del Mais Nativo di Oaxaca, della Rete per la Difesa del Mais, dell'Istituto Agroecologico IALA-Messico e dell'UNORCA.

Il comunicato recita:

«Lo Stato sionista di Israele continua a violare i diritti umani riconosciuti a livello internazionale poiché non rispetta la vita dei civili né il loro diritto all'alimentazione, in una guerra di occupazione colonialista sostenuta direttamente dal governo degli Stati Uniti e indirettamente dai governi europei, con poche eccezioni, e da molti altri paesi, tra cui il Messico, che con la loro inazione contribuiscono a trasformare il diritto internazionale in spazzatura e a far sì che il potere del più forte possa essere imposto d'ora in poi in qualsiasi parte del pianeta. Il 31 luglio 2025, l'Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo della Palestina ha riferito che le forze di occupazione israeliane hanno lanciato un attacco militare contro la sua banca dei semi a Hebron, in Cisgiordania, Palestina. [...]
Per i popoli liberi e sovrani, i semi hanno sempre rappresentato una garanzia di continuità storica, di ricostituzione integrale dei loro popoli e delle loro nazioni, con la dignità che deriva dal saper vivere del territorio e della Madre Terra. Ricordiamo che in Messico, con il tentativo di coltivazione commerciale di mais transgenico, con l'istituzione di megaprogetti di estrazione mineraria a cielo aperto e di altro tipo, con l'imposizione dell'agricoltura e dell'agroindustria di esportazione, è stato instaurato uno schema di violenza strutturale e sistematica coperto dallo Stato, che distrugge, espropria e sgombera le popolazioni indigene e contadine, impedendo loro di continuare a coltivare con il sistema delle milpas nell'esercizio del loro diritto ai territori, che sono la base dell'autonomia e dell'autodeterminazione. In modo diretto, perfido e violento, questo è ciò che sta accadendo in Palestina da almeno cinquant'anni, solo che i palestinesi non coltivano mais come in Messico ma olivi, che piantano da prima della nascita di Gesù Cristo; è possibile che ci siano olivi così antichi da essere stati piantati quando Gesù nacque e che continuano ancora oggi a dare frutti.
Per il popolo palestinese l'olivo è una pianta sacra che rappresenta la sua forza materiale e spirituale, oltre ad essere una delle sue principali fonti di alimentazione e di reddito economico. Tuttavia, fin dall'inizio dell'occupazione sionista, i coloni israeliani stanno sradicando e bruciando gli ulivi, rubandone i frutti e impedendo la raccolta, uccidendo uomini e donne palestinesi, spesso con la protezione dell'esercito sionista e la garanzia dell'impunità dello Stato di Israele. Sappiamo tutti che l'offensiva israeliana contro il popolo palestinese ha assassinato migliaia di donne e uomini, bambini, adulti e anziani che si trovavano a Gaza, nelle loro case, nelle scuole, negli ospedali e persino nei luoghi dove ricevevano aiuti alimentari; così come per giornalisti che coprivano il conflitto e medici che soccorrevano i feriti; allo stesso tempo l'offensiva ha creato un cordone di sicurezza per impedire ai gazawi di lasciare il loro territorio e all'opinione pubblica internazionale di inviare qualsiasi tipo di aiuto, compreso quello sanitario e alimentare.
Tenendo conto di quanto sopra, ci pronunciamo con forza per la fine della guerra e dell'occupazione israeliana in Palestina! Cessate il fuoco immediatamente! Esigiamo il diritto della Palestina all'autodeterminazione! Rispetto incondizionato della sovranità alimentare del popolo palestinese!»

Infine, in un testo immediatamente ripreso da La Via Campesina, la ricercatrice Ila Ravichandran ha scritto: «Quello che è successo a Hebron rientra nella definizione legale di ecocidio: la distruzione deliberata degli ecosistemi per minare la sopravvivenza umana». L'UAWC ha condannato questo attacco come «un atto di repressione volto a spezzare i legami generazionali tra i contadini e le loro terre».

«Quando l'ecocidio opera nel contesto di un genocidio, come avviene in Palestina, funziona come un'arma temporale che estende la logica dell'eliminazione ben oltre il momento presente, estendendosi verso un futuro indefinito in cui il recupero diventa sistematicamente impossibile».

«Il magazzino dei semi dell'UAWC palestinese ospitava più di 70 varietà di semi locali, molti dei quali non esistono più altrove, che gli agricoltori palestinesi avevano coltivato e perfezionato nel corso dei secoli. Questi semi - di varietà rare, autoctone e resistenti di pomodori, cetrioli, melanzane, zucchine e altri ortaggi, raccolti nelle fattorie locali della Cisgiordania e di Gaza - non erano semi qualsiasi. Erano biblioteche viventi del sapere agricolo palestinese, portatrici di caratteristiche genetiche di resistenza alla siccità, adattamento al suolo e densità nutrizionale di cui le varietà commerciali sono prive. La loro distruzione non è stata accidentale. È stata strategica.

«Le definizioni giuridiche contemporanee descrivono l’ ecocidio come insieme di ‘atti illegali o incontrollati commessi con la consapevolezza che esiste una probabilità sostanziale di danni gravi, diffusi o a lungo termine all'ambiente». Tuttavia, questo linguaggio clinico non coglie le dimensioni temporali della distruzione ambientale quando viene utilizzata come arma di controllo coloniale».
«A differenza della violenza fisica diretta, che opera nel presente immediato, l'ecocidio opera attraverso scale temporali. La distruzione delle banche dei semi elimina non solo l'attuale capacità agricola, ma anche le future possibilità di sovranità alimentare». «Questa dimensione temporale trasforma l'ecocidio da reato ambientale a strategia genocida. La Convenzione sul Genocidio del 1948 definisce il genocidio come atti “commessi con l'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Fondamentalmente, l'articolo II(c) include “il deliberato assoggettamento del gruppo a condizioni di vita tali da comportarne la distruzione fisica, totale o parziale”. L'ecocidio opera proprio attraverso questo meccanismo, creando condizioni in cui il gruppo colpito non può sostenersi a lungo termine».

Per Ila Ravichandran «Le pratiche agricole tradizionali palestinesi integravano oliveti con grano, orzo, legumi e colture arboree in policolture che massimizzavano la biodiversità e la resilienza. Questo sistema agricolo ha sostenuto le comunità palestinesi per millenni, preservando al contempo la salute del suolo e la conservazione dell'acqua. «La distruzione delle banche dei semi interrompe questa catena generazionale di trasmissione del sapere. Ogni varietà ancestrale porta nella sua struttura genetica la saggezza accumulata dagli agricoltori palestinesi che hanno selezionato, conservato e migliorato i semi per secoli. Quando queste varietà vengono distrutte, la conoscenza culturale ad esse inerente – quando piantare, come lavorare, quali varietà prosperano in microclimi specifici – rimane orfana, scollegata dal suo materiale di base».

Solo nell'agosto 2025, le forze di occupazione israeliane hanno sradicato 3000 ulivi ad al-Mughayyir, vicino alla città cisgiordana di Ramallah, distruggendo così una comunità la cui sopravvivenza e identità sono inseparabili dalle loro piantagioni. Da ottobre 2023, le forze israeliane e i coloni hanno distrutto più di 52.300 ulivi solo in Cisgiordania, e il record risale a più di sei decenni fa, con stime che superano i 3 milioni di ulivi e alberi da frutto sradicati.
 

→ Tratto da Biodiversidad, sustento y culturas, N°126 - ottobre 2025.  Qui l’originale in  spagnolo.

* Disegni di Rini Templeton
** Traduzione di Marina Zenobio per Ecor.Network


 

11 novembre 2025 (pubblicato qui il 12 novembre 2025)