Introduzione
Questo dossier analizza la storia della contaminazione e delle irregolarità in una delle più importanti discariche di petrolio in Argentina, quella della Compañía de Saneamiento y Recuperación de Materiales S.A. - Comarsa – (Società di Risanamento e Bonifica di Materiali S.A.).
Fin dal 2014, insieme ad altre organizzazioni, stiamo mettendo in guardia sulle conseguenze delle azioni dell'azienda, in questo lavoro analizziamo, per la prima volta, i verbali delle ispezioni realizzate dal Sottosegretariato all'Ambiente della provincia di Neuquén, l'agenzia governativa incaricata di controllare le attività.
In questa occasione dimostriamo che l'Amministrazione provinciale e nazionale, compresi alcuni municipi, erano a conoscenza delle gravi azioni che venivano e vengono tuttora commesse nei due impianti di trattamento dell'azienda, e che nessuna misura è stata presa per evitarle. Al contrario, hanno facilitato le attività della Comarsa e delle imprese che generano questi rifiuti pericolosi.
Nel dossier abbiamo sistematizzato la documentazione inviata dal Sottosegretariato all'Ambiente in risposta a due richieste di informativa pubblica da parte del deputato provinciale del PTS - Frente de Izquierda -, Andrés Blanco.
Sono 1184 pagine che contengono gli atti delle ispezioni realizzate, tra il 2013 e il 2021, negli impianti della Comarsa da tecnici e tecniche del Sottosegretariato, della Municipalità di Neuquén e del Segretariato per l'Ambiente della Nazione.
I file contengono la storia delle infrazioni riscontrate dall'agenzia esecutiva, i registri del programma di tracciabilità dei rifiuti, incorporati solo nel 2017, gli studi sulle emissioni di gas dei forni pirolitici e i manifesti della catena di custodia.
Per anni le compagnie di marketing aziendali e governative hanno cercato di contraddire le denunce degli abitanti e delle organizzazioni ma questo dossier, seguendo le informazioni ufficiali, conferma che la quantità di residui pericolosi generati dal fracking è tale da renderne impossibile qualsiasi trattamento.
L'arrivo del fracking
Dal 2011 il dibattito energetico argentino ha mantenuto una costante che sta nella aspettativa sullo sviluppo della formazione di idrocarburi non convenzionale Vaca Muerta, una delle riserve di gas e petrolio di scisto più importanti del mondo, secondo l'Amministrazione delle Informazioni sull'Energia degli Stati Uniti.
Nel 2013 l'approvazione nella Legislatura di Neuquén del patto segreto tra YPF e Chevron, mentre fuori la polizia provinciale reprimeva una mobilitazione di massa, è stato il segnale di partenza per lo sviluppo massiccio del fracking in Argentina.
La fratturazione idraulica è una tecnica di estrazione di idrocarburi da certe rocce del sottosuolo. Consiste nell'iniezione di acqua, sabbia e sostanze chimiche ad alta pressione nelle formazioni sotterranee. Negli ultimi 20 anni ha permesso di sfruttare giacimenti di sabbia compatta e scisto, inaccessibili con le precedenti tecnologie. Come dimensionamento, quantifichiamo gli input utilizzati nel 2019 da un pozzo nel giacimento di gas di Fortín de Piedra (gestito da Tecpetrol del gruppo Techint):

Tradotto in camion, significa: 3.865 autocisterne d'acqua e 496 autocarri con benna da sabbia. In totale, se mettiamo un camion dietro l'altro, fanno più di 40 chilometri di lunghezza. A causa del rapido calo dei livelli di estrazione di questo tipo di pozzi, lo sfruttamento necessita di perforazioni e fratture permanenti, motivo per cui diventa un processo perpetuo le cui impressionanti quantità di residui costituiscono uno dei principali problemi.
Lo sfruttamento di Vaca Muerta implica la moltiplicazione di perforazioni più complesse di quelle convenzionali, che a loro volta richiedono altri input come centinaia di migliaia di tonnellate di sabbia, milioni di litri d'acqua (ottenuti principalmente dai fiumi Neuquén e Negro) e migliaia di litri di prodotti chimici. Gli alti livelli di intervento (molti pozzi sono lunghi tra i 4 e i 6 chilometri) generano una quantità impressionante di rifiuti.
Buona parte dei liquidi che ogni pozzo produce1 viene scartata con qualche trattamento minore, nel migliore dei casi finisce in “pozzi di scarico”2, cioè pozzi che raggiungono formazioni permeabili del sottosuolo dove questi milioni di litri si depositano nella speranza che non generino inconvenienti maggiori. Per il resto i rifiuti solidi, semi-solidi e liquidi sono trattati in discariche petrolifere.
Residui di idrocarburi
L'intensità dello sfruttamento inerente al fracking genera alti volumi di residui che rientrano in quelli che la legge Argentina definisce “residui pericolosi”. Lo sfruttamento di idrocarburi non convenzionali, a partire dall'accordo Chevron-YPF del 2013, ha portato con sé la crescita esponenziale del volume di residui la cui gestione era impossibile per l'infrastruttura del settore.
Secondo la legislazione nazionale3, le imprese che operano in aree ricche di idrocarburi sono responsabili dei residui pericolosi che generano. Le tonnellate di rifiuti generate nei processi di perforazione e frattura vengono trasferiti con camion di compagnie di trasporto agli “impianti di trattamento” che, una volta decontaminati, l'inviano allo
smaltimento finale. Si presume che durante il processo ci sia una catena di custodia dei rifiuti tra le aziende coinvolte nei diversi compiti che, per mezzo di “manifesti”, rendono pubblico chi ha generato i rifiuti, quando, dove, quanto, di che tipo e altre informazioni. Ci sarebbe così un controllo incrociato tra i diversi attori coinvolti4.
In questo modo migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi circolano verso le discariche petrolifere attraversando città, zone produttive e corsi d'acqua vitali per l'ecosistema e lo sviluppo umano, con tutti i rischi che questo comporta.
La definizione di "residui petroliferi" si riferisce principalmente al cutting (fanghi di perforazione), al flowblack (acqua di ritorno del fracking) e ai cosiddetti fondi di serbatoio. Questi, oltre a contenere le sostanze chimiche utilizzate nell'intero processo di perforazione e fracking, di solito portano sostanze immagazzinate nel sottosuolo, come metalli pesanti - mercurio, cromo, piombo, cadmio, arsenico, ecc - o materiali radioattivi naturali - uranio, torio, radio e radon.
Una ricerca ha certificato che negli Stati Uniti “i fluidi del fracking possono contenere additivi chimici (acidi, battericidi, demolitori, inibitori di corrosione, reticolanti, emulsionanti, flocculanti, agenti schiumogeni, proppanti, antincrostanti, tensioattivi) e ritagli (roccia, terra e trucioli di metallo scavati dalla punta del trapano) che possono includere materiale radioattivo presente in natura che è stato aggiunto tecnologicamente” (Rich e Crosby, 2013: 118).
In aggiunta, una pubblicazione giornalistica ha dimostrato come le radiazione hanno danneggiato la salute degli autotrasportatori di quel paese (Nobel, 2020). Nel frattempo l'Autorità di Regolamentazione Nucleare di Argentina ha condotto studi sugli impianti di idrocarburi convenzionali, confermando la presenza di radiazioni e suggerendo la riduzione del tempo di esposizione di chi ivi lavora. (Canoba, 2012).
Discariche petrolifere
Gli impianti di trattamento di questi residui vengono popolarmente chiamati “discariche petrolifere”. Le imprese che si dedicano a questo compito sono in rapido aumento. Nel 2003, l'Industria Argentina de Reciclado S.A. - Indarsa (Industria Argentina di Riciclaggio S.A.), ha iniziato a trattare questo tipo di rifiuti nel Parco Industriale di Neuquén. Cinque anni dopo Comarsa si è stabilita nel Parco Industriale di Neuquén Ovest (PINO). Nell'ottobre del 2014 è esploso
un deposito clandestino5 di Indarsa con il conseguente sversamento di 100 metri cubi di liquido denso e nero. L'azienda è stata successivamente multata per 1,75 milioni di dollari.
Di fronte alla lotta delle organizzazioni e delle realtà di quartiere, l'Esecutivo provinciale alla fine del 2015 ha firmato il Decreto n. 2263 secondo il quale queste installazioni devono essere situate ad una distanza minima di otto chilometri dalle zone urbanizzate e a cinque chilometri da insediamenti popolari. La normativa stabiliva anche il termine di due anni entro il quali le compagnie dovevano adeguarsi, periodo scaduto a novembre del 2017. A quel punto Comarsa, Indarsa e un'altra azienda, la Treater, avevano già iniziato a costruire nuovi impianti nel parco industriale di Añelo. Anche questo parco industriale si trova a meno di cinque chilometri dalla città. Comarsa da parte sua non si è installata in questa zone ma Indarsa e Treater continuano a trattare i residui nelle vicinanze di Añelo, in violazione alle norme che regolano tali attività. In seguito al decreto 2263, Comarsa iniziò le trattative per installare un altro impianto sulla Strada Provinciale 7, a più di 10 chilometri da Añelo. Nel 2016 si è tenuta un'udienza pubblica sullo Studio d'Impatto Ambientale (EIA nell'acronimo spagnolo) per questo impianto, secondo il quale le distanze richieste sarebbero rispettate.6
Da allora, nell'impianto di PINO l'azienda sta realizzando un processo di biorisanamento dei residui che comporta lo spostamento permanente dei cumuli di oltre tre metri di rifiuti tossici con pale meccaniche. Ad oggi, tre anni e mezzo dopo il termine fissato dal Decreto 2263 per la chiusura, hanno smantellato i depositi e trasferito i forni nell'impianto di Añelo. Tuttavia, secondo l'impresa, il sito ospita ancora 220.000 metri cubi di residui pericolosi.7
Nel febbraio del 2020, nelle vicinanze dell'impianto di PINO, è sorto un nuovo quartiere. Più di 15 mesi dopo, la presenza di quanti vivono a pochi metri dalle mura di Comarsa, rende ancora più urgente la chiusura definita dell'impianto e la sua bonifica. Allo stesso tempo l'azienda ha fatto sapere che richiederà una estensione del periodo di chiusura già approvato e che scadrà a dicembre del 2022.
(1. Continua)
Traduzione di Marina Zenobio
La basura del fracking en Vaca Muerta. Comarsa: contaminación, impunidad y connivencia estatal en el basurero petrolero más grande de la Patagonia
Cecilia Bianco, Fernando Cabrera Christiansen, Esteban Martine, Martín Álvarez Mullally.
La Izquierda Diario, Taller Ecologista, Observatorio Petrolero Sur
Neuquén, Argentina. Junio 2021 - 36 pp.
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NOTE:
1 - I liquidi generati dallo sfruttamento contengono materiali naturalmente presenti nel giacimento e una percentuale variabile di quelli utilizzati nel processo di fratturazione idraulica. Ogni pozzo genera migliaia di metri cubi di rifiuti liquidi che vengono gettati per sempre in profondità tramite “pozzi di scarico”. Come confermato altrove, le acque reflue possono contenere metalli pesanti, sali e composti volatili che rappresentano un rischio sia per gli esseri umani che per l'ambiente naturale (Werner et al., 2015).
2 – I “pozzi di scarico” posso avere a che fare con attività sismiche. Dal 2013 si sono registrate 222 scosse nella zone. Prima dello sfruttamento di Vaca Muerta questi movimenti sismici erano praticamente inesistenti.
3 – Sono considerati “residui pericolosi” tutti quelli che possono recare danno, diretto o indiretto, a esseri viventi o contaminare il suolo, l'acqua, l'atmosfera o l'ambiente in generale. Tra quelli specificati dalla Legge 24.051 che regola il loro trattamento ci sono quelli dell'industria dell'energia, residuo oleosi o di idrocarburi. La norma sancisce che chi li genera è responsabile, come proprietario degli stessi, di ogni danno che producano. La responsabilità non scompare per trasformazione, specificazione, sviluppo, evoluzione o trattamento. A livello provinciale il Decreto n. 2263/15 regola i “residui speciali” dell'industria degli idrocarburi.
4 – La tracciabilità dei rifiuti è un grande problema. La legge stabilisce l'attuazione di manifesti elettronici che Comarsa ha installato solo nel 2017. D'altro canto, nella catena di custodia, coloro che consegnato i rifiuti devono controllarne la corretta manipolazione. L'impresa che li produce li consegna ai chi li trasporta, questi all'impianto di trattamento che li consegna a chi realizza lo smaltimento finale. La logica del controllo incrociato, che in sé ha seri inconvenienti, non ha senso se i diversi anelli della catena di custodia sono manipolati da una sola azienda. Comarsa, per esempio, si incarica anche del trasporto.
5 – Rio Negro (28/19/2014) “Provincia: 'è gravissimo' lo sversamento di residui di petrolio nel Parco Industriale”. Disponibile su: https://www.rionegro.com.ar/provincia-es-gravisimo-el-derrame-de-residuo-de-petroleo-en-parque-industrial-MORN_4771459/
6 – In questo stesso periodo è stato approvato lo Studio di Impatto Ambientale (EIA, nell'acronimo spagnolo) dei Servizi Ambientali di Neuquén (situata a pochi metri dall'insediamento di Comarsa), la prima impresa nella provincia che oltre al trattamento è stata autorizzata a realizzare lo smaltimento finale. Intanto nel 2017 a Rio Negro è stato approvato il progetto che permette a Treater da installarsi a Campo Grande e, l'anno successivo, il progetto di 300 ettari dell'impresa Patagonia Soluciones Ambientales a Catriel.
7 - “Comarsa ha riadattato la sua strategia per accelerare il biorisanamento”, quotidiano Rio Negro, 16/05/2021. Disponibile su: https://www.rionegro.com.ar/comarsa-ajusto-su-estrategia-para-acelerar-la-biorremediacion-1815134/