È da un mese che il Canada brucia, dall'Alberta al Quebec e alla British Columbia, come effetto collaterale delle temperature elevate e della siccità. Centinaia di incendi stanno ancora distruggendo migliaia di km2 di foreste, costringendo 100.000 persone a lasciare le loro case, sterminando migliaia di animali, producendo una coltre di fumo che attraversa 4.000 km arrivando a soffocare New York. Davanti all’evidenza del disastro il presidente canadese Justin Trudeau ha promesso di impegnarsi ad affrontare il cambiamento climatico. Peccato che il Canada, anche sotto la sua guida, abbia dato un apporto consistente al riscaldamento globale a colpi di fracking, estrazione dalle sabbie bituminose, costruzione di gasdotti e impianti per il GNL. Un vero autogol, visto che gran parte degli incendi canadesi può essere ricondotta alle emissioni di carbonio delle imprese dei combustibili fossili.
Uno studio peer-reviewed dell'Union of Concerned Scientists ha rilevato che 19,8 milioni di acri di terreni forestali bruciati – il 37% della superficie totale bruciata dagli incendi boschivi nell’ovest degli Stati Uniti e nel Canada sud-occidentale dal 1986 – possono essere attribuiti alle emissioni di gas serra prodotte dagli 88 maggiori produttori di combustibili fossili e di cemento del mondo. L’indagine mette in correlazione l’aumento delle aree forestali bruciate con quello del deficit di tensione di vapore (VPD), una misura della potenza di essiccazione dell'atmosfera che è significativamente influenzata dal cambiamento climatico causato dall’uso dei combustibili fossili (*).
Riportiamo di seguito l’incipit della ricerca.
* Traduzione di Ecor.Network
Il cambiamento climatico sta contribuendo ad aumentare le dimensioni, la gravità e il costo degli incendi in tutta l’America nordoccidentale, e le comunità, i politici e gli esperti legali si chiedono di chi sia la responsabilità. Una ricerca condotta dalla Union of Concerned Scientists ha scoperto che quasi 19,8 milioni di acri di area forestale bruciata dagli incendi in tutta l’America nordoccidentale dal 1986 -un'area equivalente allo Stato del Maine - è attribuibile alle emissioni di gas serra riconducibili ad 88 dei più grandi produttori di combustibili fossili e produttori di cemento del mondo [qui verranno chiamati "i grandi 88"].
Le emissioni di queste società hanno inoltre contribuito a quasi la metà dell'aumento osservato delle condizioni di pericolo di incendio in tutta la regione dal 1901. Questi risultati possono contribuire alla discussione sulla responsabilità delle grandi imprese per gli impatti climatici passati, presenti e futuri.
Le comunità, le culture e gli ecosistemi degli Stati Uniti occidentali e del Canada sud-occidentale si sono evoluti a fianco degli incendi per migliaia di anni. Negli ultimi decenni, tuttavia, il cambiamento climatico ha alterato il carattere degli incendi boschivi. Ci sono molti modi per misurare il tributo crescente che questi incendi estremi stanno assumendo in tutta la regione: morti umane, case ridotte in cenere, città cancellate, ettari bruciati, giorni di fumo e aria soffocante, e dollari spesi per prepararsi agli incendi, per spegnerli e per la ricostruzione conseguente. La questione su chi sia il responsabile del cambiamento climatico e dei suoi impatti viene attivamente esplorata sia in ambito scientifico che giuridico, seguendo la stessa linea delle discussioni sulla responsabilità delle imprese per altri prodotti dannosi. Mentre gli Stati e gli individui si assumono una certa responsabilità, le imprese sono state storicamente ritenute responsabili per almeno alcuni dei danni causati dai loro prodotti, come l'amianto e il tabacco. Analogamente, le imprese, in particolare quelle dei combustibili fossili, possono e devono essere ritenute responsabili dei danni causati dal clima. Già nel 1965, le principali imprese dei combustibili fossili e le loro associazioni industriali erano consapevoli che l'uso di combustibili fossili avrebbe influenzato negativamente il clima della Terra (Franta 2018). Tuttavia, piuttosto che cambiare i loro modelli di business o avvertire i politici e il pubblico, per decenni queste imprese hanno condotto campagne di disinformazione e inganno sulle cause e sulla scienza del cambiamento climatico, mentre usavano il loro peso finanziario per bloccare qualsiasi azione climatica significativa.
Questa analisi dell'Union of Concerned Scientists (UCS) attribuisce una parte degli aumenti delle condizioni del pericolo di incendio e dell'area delle foreste bruciate nell’ovest degli Stati Uniti e nel Canada sud-occidentale (qui indicati come America nordoccidentale) alle 88 maggiori società mondiali dei combustibili fossili, tra cui ExxonMobil, BP, Chevron e Shell - e ai produttori di cemento.
L'analisi rileva che il 37% dell'area forestale bruciata complessiva nell’America nordoccidentale dal 1986 può essere collegato alle emissioni di carbonio prodotti di queste imprese. Inoltre, il 48 % dell'aumento delle condizioni di pericolo di incendio nella regione dal 1901, in particolare il disseccamento della terra e della vegetazione, può essere fatta risalire alle emissioni di carbonio prodotte da queste imprese. Mentre le comunità negli Stati Uniti e in tutto il mondo si rivolgono sempre più ai tribunali per giudicare la responsabilità delle imprese dei combustibili fossili per dei danni che erano previsti e prevenibili, questa analisi evidenzia e sottolinea la responsabilità di queste imprese per gli impatti e i costi del cambiamento climatico.
Gli incendi forestali nell’America nordoccidentale
Nel corso degli ultimi decenni, quasi tutti gli aspetti degli incendi boschivi sono peggiorati nelle foreste dell’America nordoccidentale. Gli incendi boschivi stanno bruciando aree più grandi, più gravemente, ad altitudini più elevate, e durante una stagione degli incendi più lunga. Storicamente, incendi di bassa e mista gravità, innescati da fulmini o appiccati con cura e intenzionalmente da popoli indigeni, si sono verificati frequentemente e hanno modellato l'ecologia di queste foreste (Hill et al. 2023). Tuttavia, più di un secolo di repressione aggressiva e diffusa degli incendi ha portato ad un accumulo di vegetazione che normalmente avrebbe bruciato in quegli incendi controllati a periodicità regolare. Allo stesso tempo, lo sviluppo umano in aree a rischio di incendio ha aumentato il numero di incendi accidentali causati dall'uomo e ha posto più persone e proprietà in aree di pericolo (Syphard et al. 2017). Data questa confluenza di fattori, anche i costi federali di estinzione degli incendi sono saliti alle stelle, superando i 4 miliardi di dollari negli Stati Uniti nel 2021 e più che raddoppiando in Canada dal 1985 (NIFC 2022; NRC 2021).
Il cambiamento climatico sta causando condizioni più calde e secche che stanno anche alimentando questi incendi sempre più grandi e gravi. In particolare, il deficit di tensione di vapore (VPD), una misura della "sete" atmosferica, è emerso come una modalità chiave per monitorare come il cambiamento climatico stia amplificando gli incendi a causa del suo ruolo nella regolazione della dinamica dell'acqua negli ecosistemi e, insieme all'aumento delle temperature, contribuendo ad aumentare la siccità. Dalla metà degli anni '80, questi aumenti dell'aridità hanno contribuito a quasi un raddoppio dell'area bruciata dagli incendi boschivi nell’America nordoccidentale (Abatzoglou e Williams 2016), mentre la durata della stagione degli incendi è aumentata di quasi due mesi (Westerling 2016; Westerling et al. 2006).
Gli incendi hanno un profondo impatto sulla salute e sul benessere delle persone, delle comunità e degli ecosistemi. In un’annata media, decine di civili e vigili del fuoco perdono la loro vita o mezzi di sussistenza in incendi boschivi in tutta l’America Nordoccidentale, e milioni di altri soffrono impatti indiretti sulla salute per la qualità dell'aria dannosa e l'inquinamento da fumo (Haynes et al. 2020; Childs et al. 2022). Case, scuole e infrastrutture vanno perdute a causa degli incendi e per gli smottamenti che possono verificarsi dopo gli incendi, quando la pioggia cade su terreni bruciati che hanno perso l'effetto stabilizzante delle radici e diventano più repellenti per l'acqua. Gli incendi possono anche compromettere la qualità dell'acqua, rendendo ancora più difficile per le persone accedere all'acqua pulita nelle zone colpite dalla siccità e nelle comunità rurali e svantaggiate (Phillips e Dahl 2022). Come per molti altri impatti climatici, il razzismo di lunga data e l'emarginazione aggravano i rischi di incendio e i rischi per la salute per gli individui e le famiglie con bassi redditi.
Risultati
L’Union of Concerned Scientists (UCS) ha utilizzato una combinazione di dati e modelli per determinare quanto le emissioni di carbonio associate con gli 88 principali produttori di carbonio (di seguito, il "grande 88") abbiano storicamente contribuito ad aumentare il deficit di tensione di vapore (VPD) e l’area forestale bruciata in tutta la parte occidentale degli Stati Uniti e nel sud-ovest del Canada.
La modellazione UCS mostra che le emissioni legate ai grandi 88 sono responsabili dell'aumento della temperatura media globale di 0,5° C dall'inizio del XX secolo, che è quasi la metà del riscaldamento totale osservato da quel momento. L'aumento totale della temperatura media globale ha contribuito a un aumento dell'11 % del deficit di tensione di vapore in tutta l’America nordoccidentale nello stesso periodo di tempo. A sua volta, l'aumento del deficit di tensione di vapore ha permesso un forte aumento della zona forestale che ha bruciato in tutta la regione dalla metà degli anni ‘80. I dati basati sull’osservazione mostrano che il 57% dell'aumento osservato del deficit di tensione di vapore dal 1901 è attribuibile alle emissioni riconducibili ai grandi 88.
In tutta l’America nordoccidentale, l'area bruciata dagli incendi boschivi aumenta esponenzialmente con l'aumento del deficit di tensione di vapore, il che significa che cambiamenti relativamente piccoli nel deficit di tensione di vapore provocano grandi cambiamenti nell'area boschiva bruciata. L'aumento osservato nel deficit di tensione di vapore ha permesso un forte aumento nella zona forestale che ha bruciato in tutta la regione dalla metà degli anni 1980. Dal 1986i 53,0 milioni di acri di superficie forestale hanno bruciato complessivamente in tutta l’America nordoccidentale [parallelamente] all’aumento del deficit di tensione di vapore.
Senza le emissioni legate ai grandi 88, l'aumento del deficit di tensione di vapore sarebbe stato molto più piccolo, e sarebbero bruciati [solo] 33,3 milioni di acri. Ciò significa che il 37 % dell'area forestale bruciata complessivamente dal 1986 al 2021 è attribuibile alle emissioni dei grandi 88, e rappresenta quasi 19,8 milioni di acri, un'area approssimativamente delle dimensioni del Maine.
Implicazioni
Le minacce dirette derivanti dai incendi boschivi sono impressionanti: persone e animali in fuga dalle fiamme, vigili del fuoco che si precipitano a combattere le fiamme e case, edifici e alberi ridotti in paesaggi anneriti. Nella sola California, tra il 2017 e il 2021, gli incendi hanno ucciso 186 persone, distrutto più di 51.000 strutture e causato danni superiori a 21 miliardi di dollari (CalFire 2022; Wang et al. 2021). Gli incendi possono spostare intere comunità, come quella di Paradise, California, durante il Camp Fire nel 2018, e quella di Malden, Washington, durante il Cold Springs Fire nel 2020. Data la mancanza di abitazioni a prezzi accessibili in tutta la regione, molti affrontano difficoltà nel decidere dove andare dopo aver perso tutto. Gli incendi producono anche inquinamento atmosferico: particolato che può danneggiare la salute umana, in particolare tra le popolazioni vulnerabili come lavoratori all'aperto, bambini e donne incinte (Heft-Neal et al. 2022; Chen et al. 2021; Haikerwal et al. 2016). L'inquinamento da fumo può infiltrarsi nelle case, rendendo difficile evitare i rischi anche rimanendo al chiuso. L'acquisto di maschere e purificatori d'aria di alta qualità è un onere economico, il che significa che le famiglie a basso reddito sperimentano questi rischi in modo sproporzionato (Burke et al. 2022).
Note:
(*) Il deficit di pressione del vapore (VPD) è una misura della capacità dell'aria di estrarre l'acqua dalle piante e dal suolo. Poiché la vegetazione secca si infiamma più facilmente della vegetazione umida, VPD è anche una misura delle condizioni di pericolo di incendio. Il VPD è calcolato come la differenza tra la quantità di umidità nell'aria e la quantità di umidità che l'aria terrebbe se satura. È simile all'umidità relativa, che utilizza una percentuale per descrivere la quantità di umidità presente nell'aria. Ma a differenza dell'umidità relativa, il VPD considera il fattore di temperatura, che è importante perché l'aria più calda ha il potenziale per contenere più umidità dell'aria più fredda.
i) Stime coerenti e affidabili sulle aree bruciate nell'America nordoccidentale sono disponibili solo a partire dal 1986.
** Immagini:
Like a forest fire - by wallygrom. Licenza CC BY-SA 2.0.
20130531-FS-UNK-0002, by USDAgov. Licenza CC BY 2.0.
The Fossil Fuels behind Forest Fires
Quantifying the Contribution of Major Carbon Producers to Increasing Wildfire Risk in Western North America
Union of Concerned Scientists
Maggio 2023, pp. 12
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