*** Seconda Parte ***

Dilemmi della transizione ecosociale dall'America Latina/2

di Maristella Svampa


3. Litio: un passo avanti della transizione energetica delle multinazionali

Il litio è considerato il passepartout per la transizione energetica, verso una società post-fossile. È un minerale con diversi usi, modalità e destinazioni, uno dei componenti principali nella formazione di batterie per personal computer, telefoni cellulari, lettori MP3 e prodotti simili. Come prodotto finale, le batterie agli ioni di litio sono accumulatori di energia e vengono utilizzate per fabbricare auto elettriche. Il litio viene utilizzato anche per ottenere grassi lubrificanti, vetri, alluminio, polimeri e per l'industria farmaceutica, tra i tanti usi.

Il litio è un metallo alcalino che si ossida rapidamente con acqua o aria e ha proprietà differenziali per quanto riguarda la conduzione di calore ed elettricità. È presente in diversi tipi di giacimenti minerari, oltre che in saline naturali. Che si tratti di giacimenti di saline di litio o depositi minerali (come lo spodumene), viene generalmente estratta la materia prima che si trova nella prima fase della catena del valore, il carbonato di litio. Sebbene non sia un minerale raro o scarso, né distribuito in modo irregolare, il modo più redditizio oggi è estrarlo dalle saline andine. Ciò significa che la pressione globale e nazionale sulla regione di Atacameño, dove si trovano le saline, è in progressivo aumento.

A livello geopolitico, l'importanza del mercato del litio illustra la nuova configurazione del potere mondiale. La necessità di decarbonizzazione ha generato un'evidente concentrazione in relazione all'estrazione del litio e alla catena globale del valore. Da un lato, sono pochi i paesi che controllano questa catena, cioè quelli che possono realizzare il percorso dall'estrazione del minerale (carbonato di litio) alla produzione della batteria. Dall'altra parte c'è una battaglia per il controllo delle risorse, ma anche per il controllo del know-how nella catena del valore. Come risultato di tutto ciò, rileviamo che i principali produttori di automobili e batterie elettriche sono cinesi (con aziende come la BYD) insieme a case automobilistiche tradizionali che producono in Cina (contratti di joint venture) e, con un ruolo a parte, le nuove imprese che si occupano della produzione di auto elettriche, come la Tesla. A ciò si aggiunge il fatto che anche il controllo dell'estrazione è in poche mani: la nordamericana Albemarle, la cilena SQM, la nordamericana Livent Corp., l'australiana Orocobre, la cinese Ganfeng (Argento, Slipak e Puente, 2022a).

Queste considerazioni sul ruolo del litio nella transizione, che mostrano il riposizionamento di poteri e corporazioni a livello globale, stanno già avendo un impatto sul Sud America, dove si trova il cosiddetto Triangolo del Litio, situato tra le saline del nord Chile; le saline di Uyuni, in Bolivia, e le saline di Salinas Grandes (Jujuy Salta), Olaroz e Cauchari (Jujuy) e Hombre Muerto (Catamarca), in Argentina, un'area che concentra più della metà delle riserve accertate di litio del pianeta. Secondo lo United States Geological Survey, il 58% delle risorse mondiali di litio e il 53% delle riserve sono concentrate tra Argentina, Bolivia e Cile, nelle alte saline andine, dove vivono numerose comunità indigene.

Sebbene l'estrazione del litio sia diversa dalla mega-estrazione del metallo, poiché non implica la rimozione di tonnellate di terra o la distruzione di montagne con l'uso della dinamite, il suo problema principale consiste nel fatto che è fondamentalmente un'estrazione mineraria ad acqua. La sua estrazione dalle saline richiede il consumo di quantità insostenibili di acqua in una regione arida, il che sfida e mette a rischio il fragile ecosistema del deserto, la sua fauna e biodiversità, nonché i mezzi di sussistenza delle persone che vi abitano, in particolare le comunità indigene. Una ricerca condotta per il Cile da Ingrid Garcés — dell'Università di Antofagasta — indica che, per ogni tonnellata di litio prodotta, vengono utilizzati due milioni di litri di acqua dolce. Così, "vengono estratti quotidianamente più di 226 milioni di litri di acqua e salamoia della salina di Atacama" (Chile Sustentable, 2019). Questo è ciò che sta accadendo attualmente nella regione di Atacama in Cile e in Argentina. Ma anche, in misura minore, in Bolivia, dove per diversi motivi l'estrazione di litio su larga scala non si è ancora sviluppata 5.


L'allargamento indiscriminato del confine minerario, la disputa sull'acqua e l'assenza di una consultazione preventiva, libera e informata con le comunità hanno portato a uno scenario molto complesso, dove la nota comune è l'abuso da parte delle imprese e delle autorità nei confronti dei popoli indigeni.

Nonostante questo, le risposte sono diverse: ad esempio, nel nord dell'Argentina, il progresso estrattivo che si può vedere nelle saline di Olaroz e Cauchari contrasta con la situazione nelle Salinas Grandes, dove predomina il rifiuto dell'estrazione del litio, rafforzato dalla visibilità che la lotta ha avuto negli ultimi tempi. A Salinas Grandes, da 12 anni, 33 comunità si stanno mobilitando in nome della difesa della loro terra e del loro territorio. Nel 2015, hanno collaborato con diverse ONG e riconosciute fondazioni per la protezione dell'ambiente (Farn, Fundación Boell) e dei diritti umani (Endepa), per preparare il Primo Protocollo di Consultazione Indigena in Argentina (Kachi Yupi). Le comunità sono riuscite a far sì che alcune autorità provinciali si impegnassero a dare il riconoscimento ufficiale di questo protocollo. Tuttavia, nel 2019, e di fronte all'avanzata delle attività minerarie, l'autorizzazione dei progetti a livello provinciale e il mancato riconoscimento del Kachi Yupi, hanno riattivato le mobilitazioni e la presentazione di una nuova denuncia collettiva contro le autorità provinciali di Jujuy e Salta, e contro lo Stato Nazionale (Fernández e Morales Balcazar, 2021). Attualmente le richieste di autorizzazione sono 32, anche se le comunità non hanno ancora potuto accedere alla documentazione, nonostante le iniziative giudiziarie in corso. Dietro al motto "L'acqua e la vita valgono più del litio" c'è una concettualizzazione delle saline come "conca" (ovvero come un unico ecosistema integrale, che deve essere preservato in tutte le sue parti, sia a Jujuy che a Salta) e una prospettiva olistica e ancestrale, vincolata alle lotte eco-territoriali in America Latina: Buen Vivir, Diritti della Natura, Territorio, Autonomia, Plurinazionalità, Acqua e Beni Comuni, Sostenibilità della vita.

In altri territori, come la provincia di Catamarca, l'estrazione del litio avanza senza rispettare le leggi ambientali o i diritti delle popolazioni indigene. "L'estrazione e la commercializzazione di beni comuni, in particolare minerali, da parte di imprese esterne alla realtà territoriale e culturale dei contesti dove impiantano le loro enclaves, implicano il verificarsi di numerose violazioni dei diritti", afferma il rapporto Minería Transnacional de Litio en Lagunas Altoandinas de Catamarca, Caso: Liex S.A., dell'associazione catamarcana Bienaventurados los Pobres (Be.Pe), nell'ambito di un progetto finanziato dall'Unione Europea, che ha analizzato l'applicazione dei Principi Guida sui Diritti Umani e Imprese, approvati all'ONU nel 2011 (Agencia Tierra Viva, 2021). Il rapporto mette in guardia dai rischi di impoverimento e contaminazione delle falde acquifere, e le associazioni contadine denunciano l'avanzata estrattiva sulla produzione agro-zootecnica e l'assoggettamento della cultura locale.

In Cile lo Stato non ha promosso consultazioni ai sensi della Convenzione 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO). In assenza dello Stato, le imprese hanno cercato di andare avanti attraverso accordi diretti con le comunità. Ad esempio, nel Salar de Atacama, la società Albemarle ha firmato un accordo milionario con le comunità indigene colpite, che stabilisce l'impegno della società a condividere i benefici generati dall'impresa, che si concretizza nella consegna del 3,5% delle vendite, fondi che sono investiti per le stesse comunità (Albemarle, 2019). In cambio, le comunità rinunciano al diritto sul territorio e si convertono in corresponsabili degli impatti dell'attività. Questo passaggio "dalla logica assistenziale a quella del valore condiviso" ha prodotto profonde tensioni e ha compromesso i rapporti tra le comunità riunite nel Consiglio dei Popoli di Atacama (CPA), così come tra la popolazione indigena non appartenente a queste comunità e la popolazione non indigena del municipio. A questi accordi si aggiungono importanti contributi che le imprese di litio forniscono al municipio e accordi di collaborazione sottoscritti con le università regionali (Fernández e Morales Balcazar, 2021).
 

3.1. Tre paesi, tre strategie

L'aumento della domanda di litio ha innescato una febbre da Eldorado, generando strategie diverse nei tre paesi coinvolti. Il Cile ha cercato di posizionarsi come il più grande esportatore mondiale di litio, senza abbandonare il modello primario, ovvero scommettendo solo sulla fase più bassa della catena del valore (carbonato di litio, senza valore aggiunto). Per questo, dispone di un quadro normativo altamente commercializzato (che include la privatizzazione dell'acqua) e di un sostegno illimitato da parte dello Stato nazionale attraverso il controllo di CORFO e CODELCO sui contratti di appalto per le società minerarie (le due più importanti sono SQM e Albemarle), nella loro crescente domanda di acqua, per produrre più tonnellate di litio per l'esportazione, almeno fino all'arrivo di Gabriel Boric alla presidenza 6.

La disputa per l'acqua - in un paese con stress idrico che deve desalinizzare l'acqua di mare per alimentare le sue miniere di rame - non è una questione minore. Il Cile primeggia la crisi idrica in America Latina: nel 2021, 184 comuni sono stati dichiarati con mancanza estrema d'acqua, circa il 47% della popolazione nazionale (Facultad de Ciencias Agronomicas, 2022). Nel 2022, il 53% dei comuni del paese è stato dichiarato in condizioni di siccità idrica, vivendo - nella maggioranza dei casi - a regime di razionamento della risorsa. Nella sua piattaforma di campagna, l'alleanza guidata da Boric ha promesso la creazione di una impresa nazionale del litio, "con le comunità come protagoniste e aggregando valore alla produzione" (Mondino, 2022).

La Bolivia, altro paese minerario per eccellenza, all'inizio del governo di Evo Morales ha dichiarato il litio una risorsa strategica, e ha optato per un progetto a più lungo termine, basato sul controllo statale e con l'obiettivo di industrializzare il minerale. Così, dal 2008, lo Stato ha esplorato l'associazione con diverse imprese transnazionali per andare oltre il carbonato di litio, nelle fasi successive, e produrre batterie al litio in futuro, assicurandosi il trasferimento tecnologico e l'uso di brevetti. Dall'altra parte, a differenza dei paesi vicini, la Bolivia, che ha la salina più grande del mondo, quella di Uyuni, ha dovuto affrontare problemi relazionati all'estrazione, che non sono stati risolti. Per questo motivo, questo paese praticamente non ha fatto progressi nella fase I, quella di estrazione del litio, nonostante possa contare sulla più grande riserva mondiale del minerale. Allo stesso modo, il governo ha cercato di accordarsi con le comunità locali e, soprattutto, con i potenti settori minerari di Potosí. Alla fine, le cose sono cambiate solo dopo il 2018 quando è stata creata Yacimientos Litíferos Bolivianos (YLB), una società statale "che comprende la prospezione, esplorazione, sfruttamento, beneficio o concentrazione, installazione, implementazione, messa in marcia, funzionamento e amministrazione di risorse evaporitiche, complesso di chimica inorganica, industrializzazione e commercializzazione" (El Independiente, 2018).
Il rovesciamento di Evo Morales nel novembre 2019 ha precluso la possibilità di realizzare questo ambizioso progetto che, d'altra parte, aveva già scatenato un grave conflitto con le organizzazioni minerarie di Potosí e i loro dirigenti del Comitato civico, che costrinsero il governo a una retromarcia con l'accordo firmato da YLB con una società tedesca, perché lasciava magre royalties alla zona. Insomma, in Bolivia la strategia di industrializzazione del litio si è scontrata con altri ostacoli e limiti (in termini di estrazione e realizzazione della catena del valore), per cui sono stati consolidati solo impianti pilota di a piccola scala. Di recente, il nuovo governo del MAS, presieduto da Luis Arce (dal 2021 all'attualità) ha deciso di invitare le società straniere a provare altri modi per estrarre il litio, riaffermando come obiettivo la politica di industrializzazione.

Infine, il caso dell'Argentina è diverso da quello dei due paesi confinanti. Da un lato, non esiste una politica strategica (il litio è un minerale come gli altri) e la sua estrazione rientra nello stesso quadro normativo neoliberista del mega-mining (non c'è stata volontà politica di modificarlo da parte di nessun governo, progressista o neoliberista che fosse). Dall'altra parte, la provincializzazione delle risorse naturali ostacola la possibilità di realizzare una politica nazionale produttiva. Infine, non c'è consultazione con le comunità, nonostante il fatto che l'espansione della frontiera litifera stia avanzando rapidamente, il che ha generato diversi conflitti — come già detto sopra —, in un paese dove l'estrazione mineraria è anche quella più avversata e dove le organizzazioni ambientali hanno i risultati più importanti. Grazie alle resistenze sociali, esistono sette leggi provinciali che vietano le miniere a cielo aperto con l'uso di sostanze tossiche e una Legge Nazionale per la protezione dei ghiacciai (Svampa e Viale, 2020).

Sotto il governo di Cristina Fernández de Kirchner (2007-2015), l'assenza di discussione sull'energia fossile (la sua fattibilità, le controversie sulla sua sostenibilità) e la successiva svolta di tipo 'el dorado' che ha prodotto la scoperta dei giacimenti non convenzionali di Vaca Muerta, ha avuto come conseguenza la chiusura di un serio dibattito sulla transizione energetica e le sue complessità. È stato il governo Cambiemos (2015-2019) a inserire il tema delle energie rinnovabili nell'agenda politica, ma lo ha fatto in un quadro di mercificazione estrema e di accentuazione della dipendenza economica e tecnologica. D'altra parte, sotto la direzione di Mauricio Macri, non ha avuto nemmeno uno sviluppo la politica statale rispetto al litio. Il coinvolgimento dello Stato nazionale durante tale gestione, consisteva nel fornire condizioni più vantaggiose alle società minerarie rispetto ai propri vicini (Cile). Nella misura in cui il litio è apparso anche come un'opportunità di nuovi business per l'élite economica e politica (ad esempio, attraverso la creazione di società di servizi minerari o di società junior, per ottenere crediti che vengono poi venduti a grandi imprese del settore), si sono approfondite scellerate alleanze tra il settore privato e quello pubblico. Si sono così accentuate le dinamiche provinciali caratteristiche dello Stato-minerario, attraverso un regime di concessioni che è andata aggravando la disputa per l'acqua nelle zone aride, nonché il disprezzo verso le resistenze e l'opposizione della popolazione locale.

A livello provinciale, il governo di Jujuy è stata l'unica provincia a dichiarare il litio minerale strategico e a creare una società statale, la Jujuy Energía y Minería Sociedad del Estado (JEMSE). La provincia presenta una strategia discorsiva per quanto concerne la transizione verde, basata sulla costruzione del Parco Solare del Cauchari, uno dei più grandi dell'America Latina, per l'estrazione del litio e progetti di valore aggregato, a cui si aggiungono altri annunci che riguardano l'idrogeno verde. JEMSE ha firmato un accordo con l'azienda italiana Gruppo Seri, per costruire un impianto di produzione di batterie con un investimento di 60 milioni di dollari. Tuttavia, all'inizio del 2022, la costruzione di questo impianto mostrava ancora notevoli ritardi rispetto al programma proposto, mentre si sono acuiti i conflitti con le comunità che vivono nelle Salinas Grandes.
A livello nazionale, durante il governo di Alberto Fernández, si è iniziato a lavorare per un Progetto di Legge sull'Elettromobilità, per avanzare nella catena del valore delle batterie. L'allora ministro dello Sviluppo Produttivo, Matías Kulfas, chiuse due diversi memorandum d'intesa con le firme della Repubblica Popolare Cinese. Questo punto sarà discusso nella prossima sezione.

Infine, per tornare al caso del litio, va notato che non esiste una strategia comune tra i tre paesi che compongono il cosiddetto Triangolo del Litio, né vi è alcun segnale che si possa formare una sorta di OPEC del litio. Nel 2021 è stato firmato un accordo tra il Ministero della Scienza e della Tecnologia argentino e il Ministero degli Idrocarburi e dell'Energia boliviano per stabilire un'agenda comune e uno scambio scientifico-tecnologico riguardo al litio, sia nell'estrazione che nel suo valore aggiunto (Mondino, 2022). Ma il suo carattere strategico a livello globale potrebbe ben servire da leva per attivare una strategia a livello subregionale, soprattutto ora che il Messico ha aderito. Il Messico occupa il decimo posto dei 23 paesi con riserve minerali, con il  giacimento maggiore a Sonora, stato nel nord-ovest del paese. Nell'aprile 2022, Messico e Bolivia hanno concordato di creare un team tecnico e un comitato scientifico incaricato di esplorare progetti di cooperazione internazionale per lo sfruttamento, la produzione e la lavorazione del litio. Annunci più recenti sembravano indicare la possibilità di creare un'associazione tra i governi di Argentina, Bolivia, Cile e Messico per cercare sinergie che consentano lo sviluppo del business del litio, materia prima per la produzione di batterie elettriche. Tuttavia, per il momento, nulla fa pensare che ciò vada oltre la tradizionale "strategia dell'annuncio" dei vari governi, su temi legati alla transizione energetica e all'integrazione latinoamericana.
 

3.2. Integrazione latinoamericana, Cina e transizione energetica

Nonostante esista una retorica latinoamericana integrazionista, in realtà non esiste una tradizione di collaborazione su larga scala tra i diversi paesi. Non esiste un immaginario sul New Deal o sul Piano Marshall, cioè sui programmi di ricostruzione dopo una grande crisi, sia su larga scala che a livello regionale. Piuttosto, nonostante gli eccessi discorsivi e l'esistenza di un'istituzionalità regionale (Mercosur, Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici - CELAC e Unión de Nacion Suramericanas - UNASUR), i paesi latinoamericani tendono a competere tra loro, come fornitori di materie prime, riaffermando il loro inserimento subordinato nello schema economico internazionale.

Uno dei programmi regionali più ambiziosi è stata l'Iniziativa per l'Integrazione dell'Infrastruttura Regionale Sudamericana (IIRSA), successivamente chiamata COSIPLAN, che comprendeva progetti nel campo dei trasporti (vie d'acqua, porti, corridoi bioceanici, tra gli altri), energia (grandi dighe idroelettriche) e comunicazioni. Questo programma concordato da diversi governi latinoamericani nel 2000 e che, dal 2007, è caduto nell'orbita dell'UNASUR, è strettamente associato a progetti estrattivi e il suo obiettivo principale è quello di facilitare l'estrazione e l'esportazione di tali prodotti verso i loro porti di destinazione 7. Il principale promotore di UNASUR/COSIPLAN è stato l'ex presidente del Brasile, Lula da Silva, che ha cercato di rafforzare i legami con altri paesi sudamericani, attraverso l'intensificazione del commercio regionale e gli investimenti della Banca Nazionale per lo Sviluppo Economico (BND) in opere d'infrastruttura. Tuttavia, numerosi progetti IIRSA-COSIPLAN sarebbero stati contrastati e messi in discussione dalla popolazione coinvolta, poiché, nonostante il discorso integrazionista sulla necessità di "tessere nuove relazioni tra Stati, popoli e comunità", la cosiddetta integrazione delle infrastrutture dell'IIRSA aveva chiari obiettivi di mercato. A vent'anni dall'inizio dell'IIRSA, un bilancio dei suoi impatti territoriali, pubblicato dal Laboratório de Estudos de Movimentos Sociais e Territorialidades dell'Universidade Federal Fluminense, affermava che l'IIRSA influisce direttamente sul modo di vivere di 664 comunità indigene, 247 comunità contadine, 146 comunità afro-discendenti e 139 comunità di popolazioni tradizionali, oltre a un ampio spettro di ecosistemi con una grande biodiversità. Numerosi sono i casi di conflitto aperto contro le opere dell'IIRSA, come la mobilitazione indigena in difesa del parco naturale TIPNIS in Bolivia, lo sciopero dei lavoratori edili alla diga di Jirau nell'Amazzonia brasiliana, o il rifiuto che ha generato il superamento dei costi addebitati da Odebrecht in Ecuador.
Infine, al di là della retorica dell'integrazione in chiave 'neodesarrollista', poco o nulla è cambiato negli obiettivi della prospettiva IIRSA, che ha continuato a riprodurre la logica dell'esportazione di minerali, idrocarburi e commodities agroalimentari, determinando una dipendenza sempre più problematica dalle economie regionali, non solo verso i paesi del Nord, ma soprattutto verso la Cina (Peregalli, Panez e Aguiar, 2020).

Allo stesso modo, ciò che è accaduto con l'ingresso della Cina nella regione è molto esemplificativo della distanza tra i discorsi sovranisti in salsa latinoamericana e i fatti. Intorno al 2007, quando questa grande potenza emergente entrò in America Latina a livello commerciale, per volere di Hugo Chávez, in molti hanno accolto con favore l'incipiente rapporto tra Paesi latinoamericani e Cina, e hanno sostenuto che ciò avrebbe consentito di ampliare i margini di autonomia della regione rispetto all'egemonia statunitense. Tuttavia, in termini commerciali, il rapporto con la Cina era ben lungi dal costituire un'opportunità per consolidare un blocco regionale autonomo. Quello che è successo è stato piuttosto il contrario, poiché i diversi paesi latinoamericani hanno preferito negoziare unilateralmente accordi e trattati di libero scambio (TLC) con la Cina, distruggendo le possibilità di lanciare l'integrazione latinoamericana, acuendo la concorrenza tra paesi come esportatori di commodities e riducendo le possibilità di un vincolo più egualitario con il gigante asiatico, dalla prospettiva di un blocco regionale comune. Allo stesso modo, la localizzazione delle imprese cinesi e i vari prestiti contro commodities, tendevano a stimolare le attività estrattive a scapito di altre a più alto valore aggregato, rafforzando l'effetto di riprimarizzazione delle economie latinoamericane.

Insomma, il rapporto commerciale tra Cina e America Latina — e questo vale anche per l'agenda della transizione energetica — è andato consolidando le asimmetrie e approfondendo il neoestrattivismo in chiave neodipendentista. I flussi di investimenti esteri diretti (IDE) dalla Cina sono principalmente stabiliti nelle attività estrattive (estrazione mineraria, petrolio, mega-dighe) e nell'energia nucleare. Anche gli investimenti nel settore terziario sono orientati a sostenere le attività estrattive, e se queste richiedessero opere infrastrutturali, verrebbero affidate ad aziende cinesi con quadri dirigenziali di quella nazionalità. Questi flussi di IDE non sono finalizzati allo sviluppo di capacità locali o attività intensive di conoscenza o di incatenamenti produttivi (Svampa e Slipak, 2018).

Prendiamo ad esempio l'accordo siglato tra il governo di Alberto Fernández e la società Jiankang Automobile Co, il cui obiettivo è che la società si stabilisca in Argentina per produrre batterie agli ioni di litio e autobus elettrici. Come sottolineano Argento, Slipak e Puente (2022a):

"È importante sottolineare che l'installazione di un impianto di assemblaggio di batterie, sebbene generi un numero significativo di posti di lavoro nella regione, non ha nulla a che fare con l'aumento della catena del valore delle batterie. Si tratta di uno spostamento nella partecipazione all'estremo della stessa che implica minor contenuto a valore aggiunto (l'estrazione), verso quello successivo in minor contenuto di competenze (assemblaggio), oltretutto concedendo a un'impresa transnazionale un mercato vincolato (gli autobus elettrici per il mercato interno), con condizioni privilegiate e consentendo a questa azienda di importare tutti i componenti ad alta intensità di competenza dalla Cina e da altri paesi. Con questo si spreca il patrimonio di conoscenze relative ai materiali attivi delle batterie che è disponibile in Argentina."

Un altro caso da segnalare è quello dell'Ecuador, che è diventato il primo venditore al mondo di legno di balsa. Negli ultimi anni, infatti, si è assistito a un sovrasfruttamento del legno di balsa, utilizzato per fabbricare le pale delle turbine eoliche, necessarie per la produzione di energia eolica. L'85% di questa febbre da legno di balsa che si verifica nel paese andino è destinata alla Cina, che negli ultimi anni ha accelerato l'agenda della transizione energetica. Pertanto, un'ondata di investitori cinesi nel 2019 e nel 2020 ha fatto precipitare il caos nell'abbattimento del legno di balsa, minacciando l'Amazzonia ecuadoriana, una delle aree più ricche di biodiversità del mondo. Le conseguenze di due anni di estrazione incontrollata sono già in vista: deforestazione, disboscamento illegale, inquinamento idrico, prostituzione, uso di droghe e alcol e conflitti tra comunità (Acción Ecológica, 2021). Insomma, la tipica escalation di estrattivismo predatorio che si può vedere in altri territori, ma questa volta all'insegna della transizione verde.
 

3.3. Tra colonialismo energetico e i limiti delle energie rinnovabili

L'estrazione del litio, nelle sue forme di estrazione, sfruttamento e appropriazione privata, riproduce la logica della mega-estrazione mineraria, e in generale dell'insieme delle attività estrattive. Da un lato, sia in Argentina che nella regione cilena di Atacama, a causa del consumo idrico, l'estrazione del litio minaccia di rompere il fragile equilibrio idrico, tende a prosciugare falde acquifere e riserve idriche in aree già caratterizzate da aridità e stress idrico. Siamo quindi di fronte a un modello di “accumulazione per defossilizzazione” — come argomentato da Argento, Slipak e Puente (2022a) — associato alle imprese transnazionali, che riproduce il dominio sulla natura e sulle popolazioni. Con questo si violano i diritti e si trasferiscono i costi sulla natura, sui territori e sulle popolazioni, che sono le vere vittime della sua insostenibilità. L'impatto dell'estrazione del litio nella regione cilena di Atacama è tale da esser diventato uno dei temi del Tribunale Internazionale per i Diritti della Natura, riunitosi in Cile nel dicembre 2019 8.

Di fronte allo scenario di espropriazione e saccheggio che si sta delineando in relazione al litio e al legno di balsa, vale la pena chiedersi a che tipo di transizione energetica stiamo pensando. È vero che non ci sono transizioni pure e che il percorso è tutt'altro che lineare. Tuttavia, in America Latina neanche dovremmo per questo saltare sul carro di una transizione di tipo predatorio. Scenari come le saline di Atacama o l'Amazzonia ecuadoriana, mostrano che si tratta di una "falsa soluzione", una nuova forma di colonialismo energetico che ripete vecchie formule e che, lungi dall'alimentare una transizione sovrana, servirebbe a garantire una transizione energetica imprenditoriale, che andrebbe a vantaggio dei paesi del centro a scapito dei territori e delle popolazioni del sud.

D'altra parte, non è nemmeno vero che ogni società post-fossile conduca a una transizione sostenibile. Diversi studi hanno sottolineato il fatto che la transizione energetica, come proposta da una prospettiva imprenditoriale (anche se in proposte globali come il Patto Verde Europeo), è insostenibile dal punto di vista metabolico e implica un aggravamento dello sfruttamento delle risorse naturali. Così, ad esempio, il rapporto Minerals for Climate Action: the Mineral Intensity of the Clean Energy Transition, indica che l'estrazione di minerali "come grafite, litio e cobalto, potrebbe subire un aumento di quasi il 500% da qui al 2050, per far fronte alla crescente domanda di tecnologie energetiche pulite. Si stima che saranno necessari più di 3 miliardi di tonnellate di minerali e metalli per l'implementazione dell'energia eolica, solare e geotermica, nonché per lo stoccaggio di energia, per ottenere una riduzione della temperatura al di sotto dei 2°C in futuro” (Banca Mondiale, 2020). I rapporti più recenti sono ancora più agghiaccianti per quanto riguarda l'aumento dell'uso di "minerali di transizione". Come sostiene Guillaume Pitron (2021): “Centinaia di migliaia di turbine eoliche, alcune più alte della Torre Eiffel, saranno costruite nei prossimi anni e richiederanno enormi quantità di cobalto, zinco, molibdeno, alluminio, zinco, cromo... tra gli altri metalli".

La transizione non può ridursi al solo cambiamento della matrice energetica, garantendo la continuità di un modello di consumo non sostenibile. Non è sufficiente sostituire le auto a combustibili fossili con auto elettriche. È necessario ridurre i consumi, andare verso modelli di mobilità pubblica e condivisa, perché diventino sostenibili. Non c'è pianeta in grado di resistere al litio o ai minerali critici se non cambiamo i modelli di mobilità e, quindi, i modelli di consumo. Il fatto stesso che le batterie al litio — così come i progetti eolici e solari — richiedano anche minerali (come il rame e lo zinco, tra gli altri) ci mette in guardia sulla necessità di attuare una riforma radicale del sistema dei trasporti e, in generale, del modello di consumo.

Sintetizzando, potremmo dire che, da un lato, siamo di fronte a una transizione energetica a corto raggio che, lungi dal proporre una modifica del modello egemonico di sviluppo, accelera la frattura metabolica innescando un notevole aumento dello sfruttamento delle risorse naturali, con l'obiettivo di preservare lo stile di vita e il consumo attuale. Dall'altra parte, si tratta di un'espansione energetica che, invece di ridurre il divario tra paesi poveri e paesi ricchi, aumenta il debito ecologico, ampliando le zone di sacrificio e, di conseguenza, il debito ecologico e coloniale. In questa linea, l'estrazione del litio, l'abbattimento del legno di balsa e, di recente, le aspettative sull'idrogeno verde, vengono ad esacerbare le agende del capitalismo verde, di pari passo con un nuovo colonialismo energetico.

Insomma, il ruolo svolto dal litio nel cambiare il sistema non qualcosa di determinato né di inequivoco, non sfugge insomma a questo tipo di timori e interrogativi che generano la necessità di adottare una prospettiva più integrale e multidimensionale riguardo ai costi ambientali, delle dimensioni territoriali e sociali, dei diritti delle popolazioni coinvolte nei territori, dei diritti della natura, oltre che del ruolo degli Stati, della conoscenza e della ricerca scientifica.

(2. Continua)
 

* Maristella Svampa è sociologa, scrittrice e ricercatrice presso il Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (CONICET) Argentina. Professoressa all'Università Nazionale di La Plata. Laurea in Filosofia presso l'Università Nazionale di Córdoba e PhD in Sociologia presso la School of Advanced Studies in Social Sciences (EHESS) di Parigi. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il platino Kónex Prize in Sociology (2016) e il National Prize for Sociological Essay per il suo libro "Debates latinoamericanos. Indianismo, sviluppo, dipendenza e populismo" (2018). Nel settembre 2020 ha pubblicato "El colapso ecológico ya llegó. Una brújula para salir del (mal)desarrollo", insieme a Enrique Viale, per la casa editrice Siglo XXI (www.maristellasvampa.net).

** Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network


Dilemas de la transición ecosocial desde América Latina
Maristella Svampa
Fundación Carolina, Documentos de Trabajo Nº especial FC/Oxfam Intermón - 34 pp.

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Note: 

5) Problemi legati a ritardi, cambi di tecnica (redditività e minore contaminazione dovuta al minor uso di "calcinazione" nella nuova tecnica adottata), dure trattative con compagnie transnazionali che cercavano di preservare margini di controllo maggiori di quelli accettati dallo Stato boliviano, pressioni interprovinciali (Potosí/La Paz). Vedi: https://geopolcomunes.org/wp-content/uploads/2020/05/Triangulo_del_litio._Un_area_de_disputa.pdf.
6) Per un'analisi più approfondita si veda il lavoro di Argento, Slipak y Puente, 2022b.
7) Alcuni lavori considerano i progressi registrati in materia di risorse naturali strategiche nel caso del Consejo de Defensa Suramericano durante il mandato di Alí Rodríguez come segretario generale dell'UNASUR. Sebbene non siano stati compiuti molti progressi neanche a causa della paralisi raggiunta dall'UNASUR, si possono salvare alcune esperienze di cooperazione in materia, come lo studio prospettico "Suramérica 2025". Per l'argomento, vedi Verdes-Montenegro (2018).
8) E' consultabile integralmente al seguente link: https://www.rightsofnaturetribunal.com/tribunal-chile-2019.

 


Riferimenti bibliografici:

 

 

31 gennaio 2023 (pubblicato qui il 08 febbraio 2023)