*** Segnalazione ***

Confluenza. Per il bisogno di confluire tra terre emerse

di Infoaut.org

Confluenza. Per il bisogno di confluire tra terre emerse
Infoaut.org
Numero Zero, Estate 2024 - 42 pp.

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PERCHE' CONFLUENZA?

Forse è tardi per realizzare una confluenza umana che si opponga all’avanzare del mostruoso processo di espropriazione di territori, beni comuni e diritti, in corso da decenni. Ma meglio tardi che mai: al punto in cui siamo, non unire le forze contro l’aggressione neoliberista per riuscire a imporre le nostre decisioni, miranti a una reale transizione socioecologica, può significare semplicemente la fine dell’umanità e delle altre forme di vita. Perciò le persone che hanno scritto questo documento lanciano un appello per la confluenza delle energie di tutti coloro che hanno a cuore i loro territori. Il processo estrattivista di cui parliamo mercifica ogni cosa: acqua, suolo, fuoco (energia) e aria (vedi mercato delle emissioni di CO2). Divora risorse, emette rifiuti e spesso mercifica anche quelli. Espelle nocività che contaminano i territori e fanno ammalare e morire le persone. È intensivo, perché sfrutta al massimo le capacità produttive di un territorio; è estensivo, perché quando finisce di spremere valore da un’area la abbandona e ne assalta un’altra. Estromette anche i piccoli attori privati, favorendo cartelli e monopoli. Si appropria di beni pubblici e li privatizza, o li distrugge per produrre profitti privati. Riduce in miseria i poveri, in povertà le classi medie, accumulando e accaparrando ricchezza. In qualunque sua operazione, se i costi superano gli utili, fa in modo di socializzare i primi e privatizzare i secondi. Fa coincidere con il mercato il mondo intero, lo spazio e il tempo: estrae valore dal tempo libero e persino dal volontariato, trasformato in terzo settore. Non distingue tra legalità e malaffare e tende a corrompere le istituzioni, porsi al di sopra delle leggi nazionali, per esempio con i trattati di libero mercato. Agli Stati chiede di lasciargli mano libera e di reprimere il dissenso.

Nel cercare di combattere il capitalismo nel suo stadio attuale e soprattutto di prevedere le sue prossime mosse, che è uno degli obiettivi cui dovrebbe tendere il confluire dei movimenti, dobbiamo anche essere consapevoli che l’ingordigia del sistema non è sempre razionale. È una bulimia cieca, meccanica. Oggi è certamente orientata ad approvvigionarsi di quelle risorse (per esempio le terre rare) richieste dallo sviluppo delle tecnologie digitali (anche belliche) e a estrarle spasmodicamente sia in altri continenti, sia in Europa (per esempio con il progetto di 2 miniere di cobalto in Val di Viù e Val d’Ala). Invece, nonostante le dichiarazioni, i piani e i summit internazionali, quest’ultima non è affatto intenzionata a operare una reale transizione energetica/ecologica, perché questa implicherebbe in primo luogo una riduzione drastica dei consumi e delle attività: cioè, la fine della crescita, ossia la fine del sistema stesso. Quindi la transizione messa in scena dall’alto è una mistificazione in cui si prosegue lo sfruttamento delle fonti fossili, comprese quelle per cui l’estrazione e la raffinazione sono più inquinanti (per esempio il petrolio e il gas di scisto, estratti con il fracking), mentre in parallelo si introducono impianti eolici e fotovoltaici rigorosamente di dimensioni enormi, di cui enormi sono anche i guadagni. E non è tutto, si fanno rientrare assurdamente nelle fonti energetiche rinnovabili anche i rifiuti e le biomasse legnose.

In sostanza, anche se non operare una reale transizione energetica conduce al disastro, al sistema non interessa, perché è assolutamente incapace sia di invertire la rotta sia di decelerare e di immaginare soluzioni che non si basino sullo sfruttamento e sul sacrificio ambientale e umano. Stiamo quindi passando dal “capitalismo dei disastri”, così definito da Naomi Klein nel 2007, al capitalismo del Disastro. Questo è evidente anche dalla mastodontica contraddizione tra la transizione ecologica e l’esplicito rischio di scatenare una terza guerra mondiale, magari nucleare. L’Unione Europea, nata come comunità economica idealmente paritaria e solidale, involutasi con i trattati e la creazione dell’Eurozona in associazione di mercati basata sulla concorrenza e sulla subordinazione di alcuni Paesi a favore di altri, ha finito per degradarsi a servile propaggine degli USA. Così oggi l’UE si riarma e butta la pace alle ortiche, mentre schizofrenicamente approva la Nature Restoration Law che prevede il ripristino degli ecosistemi.

Il “capitalismo dei disastri” ha seminato e coltivato per oltre settant’anni situazioni di shock sociopolitico in cui attuare programmi di spoliazione di risorse e di diritti, attraverso colpi di stato e guerre, dall’Iran all’Ucraina. Nel Terzo Millennio ha anche spremuto profitto dalle calamità naturali: alluvioni, uragani, tsunami, terremoti, come visto per esempio, relativamente in piccolo, nel caso del sisma dell’Aquila. Estesa la propria azione sull’intero pianeta attraverso la globalizzazione, il neoliberismo nella sua attuale fase ha iniziato a spostare o cancellare la linea tra le due aree geografiche della società contemporanea: “la zona dell’essere, dove i diritti vengono rispettati e dove la violenza è un’eccezione, e la zona del non-essere, dove la violenza è la regola” 1 . Una linea che correva per lo più tra il nord e il sud del mondo, tra i luoghi in cui il neoliberismo ha anche la faccia di neocolonialismo e i luoghi in cui del neocolonialismo si godono i frutti.

Con il genocidio in corso in Palestina ad opera di Israele, il capitalismo svela la sua essenza profonda di forza bruta, antitetica all’umanità e alla vita stessa. Ciò che accade in Palestina oggi è la manifestazione più cruenta di un sistema di dominio e sfruttamento che, su scale indubbiamente diverse e su diverse intensità, vive chi si trova ad essere in basso nella gerarchia sociale. Il tentativo di liberarsi da queste catene, come insegna l’esempio della resistenza palestinese, è però un dovere e un compito essenziale oggi.
Prove tecniche di ampliamento della zona del non-essere sono state fatte negli ultimi anni in aree circoscritte, per esempio in Francia nel Poitou, dove una parte della popolazione si oppone alla costruzione di grandi invasi, e in Italia in Valsusa, dove molti cittadini lottano contro il TAV. Negli ultimi tempi il confine del non-essere sta circoscrivendo anche le periferie delle nostre città, come a Bologna, dove l’opposizione del Comitato Besta alla demolizione di una scuola e di un parco pubblici sta venendo repressa con violenza crescente. In questo caso, come in molti altri, gioca un ruolo importante, di nuovo, l’UE con la sua politica di distribuzione di fondi: quelli del PNRR (in parte a debito), REACT, PON METRO, PIU e via siglando.

Tipicamente, il PNRR risponde a un’emergenza perpetuandola: vale a dire che, nato a seguito della crisi pandemica, spinge la politica a produrre progetti come se si trattasse di ordinanze: senza condivisione con i cittadini, in barba a quella democrazia partecipata che l’Unione Europea stessa dice di voler promuovere. In Italia appuriamo che ciò avviene senza nemmeno condividere i vari passaggi con i consigli comunali, e quindi anche in spregio della democrazia rappresentativa. Inoltre saltano tutti i controlli ambientali, paesaggistici ecc. Si è creata, in sostanza, anche nei Paesi europei, quella situazione di deregulation emergenziale che caratterizza appunto la shock economy. Milioni di fondi europei vengono così distribuiti dagli enti pubblici a soggetti privati per progetti distruttivi mentre, con la scusa che “non ci sono i soldi”, si comprime sempre di più la spesa pubblica, già bloccata da misure di derivazione europea, come il pareggio di bilancio e il conseguente patto di stabilità, che obbligano lo Stato e gli Enti locali a fare tagli ai servizi essenziali. Tagli che appaiono ancora più stridenti a fronte dei fondi destinati ad alimentare la guerra in Ucraina. I soldi, in sostanza, possono essere prodotti illimitatamente, ma solo per gli obiettivi scelti dai grandi decisori.

In Italia alla deregulation emergenziale potrebbe sommarsi una deregulation territoriale, a seguito dell’introduzione dell’autonomia differenziata che consentirà alla Regioni più libertà nella gestione dei territori, anche sotto il profilo ambientale. Ma già ora sindaci, gli assessori, i governanti a ogni livello, decidono come se l’elezione conferisse loro totale carta bianca (e carta bianca diventano infatti i loro programmi elettorali): ai cittadini non è consentito chiedere e ottenere modifiche ai progetti e tantomeno dire “no”. L’opzione zero non è mai consentita. Niente è più stigmatizzato e demonizzato del “no”. La maggiore età dei cittadini è riconosciuta soltanto nel momento in cui depongono una scheda nelle urne; per il resto del tempo sono considerati bambini capricciosi o soggetti incapaci di intendere e di volere. Vengono di fatto interdetti ed esclusi dalla partecipazione politica. Chiaramente, non può esserci reale democrazia quando al popolo non è consentito orientare nessuna decisione, grande o piccola, e parteciparvi. Di fronte a questa situazione, crediamo sia giunto il momento di rivendicare con la massima forza la legittimità del nostro no. 
Noi siamo quelli del no. 
Del no al genocidio in Palestina, che si consuma con la complicità del nostro governo e dell’Unione Europea. 
Del no all’invio di armi all’Ucraina, anticostituzionale. Del no alla partecipazione dell’Italia a tutte le guerre presenti e future.
Del no alla guerra tra poveri e tra oppressi, alla discriminazione etnica, sessuale, generazionale.
Del no alla finta transizione ecologica decisa al di sopra delle nostre teste. 
Del no alla devastazione dei nostri territori con mille progetti di opere e infrastrutture inutili e nocive. 

Il sistema vuole che i nostri territori siano Zone da Sacrificare, per noi sono Zone da Difendere.
Vogliamo provare a bloccare il flusso di risorse che deteriora i territori e le persone.
Vogliamo provare a creare un flusso di persone, che si uniscano e da gocce diventino fiume e facciano salire la marea che sommergerà il sistema attuale.
Vogliamo provarci, perché non abbiamo altra scelta.


IL CORTOCIRCUITO ESTRATTIVISTA:

                                            COME L’ESTRAZIONE DI VALORE SI ARTICOLA SUL TERRITORIO PIEMONTESE

                                


STRUMENTI PER RESISTERE 

AUTONOMIA DEL NO E AUTONOMIA DEL SAPERE

Oggi è fondamentale salvaguardare la nostra autonomia del NO e la nostra autonomia del sapere. Molto spesso le istituzioni, dalle amministrazioni locali al governo, muovono ai comitati l’accusa di “essere quelli del NO”. Per noi dire NO è l’atto costitutivo di un processo democratico reale e ricompositivo. Intorno a tutti i nostri NO si coagulano relazioni, rapporti con il territorio e l’umano e il non umano, capacità critica, possibilità di riscatto dalle imposizioni dall’alto, identità che rifiutano di essere trattate come burattini e che vogliono tagliare i fili del loro burattinaio. Dentro tutti i nostri NO sono insite proposte che parlano di tutela, di cura, di attenzione al patrimonio naturale e umano che permette la riproduzione della vita sul nostro pianeta. Le nostre proposte individuano i propri fini comuni non nel profitto ma nella possibilità stessa di sopravvivere, ambendo alla conquista di esistenze, spazi e tempi più sostenibili, più vivibili, più a nostra misura.

Dobbiamo quindi rivendicare la legittimità di dire NO all’estrazione indiscriminata delle risorse naturali, alla cementificazione, alla sovrapproduzione e alle esigenze di consumo indotte, all’inquinamento e al deterioramento delle nostre terre e delle acque. Perché dire NO a quello che abbiamo definito un “cortocircuito estrattivista” significa avere compreso che il sistema così come esiste oggi è programmato per ristrutturarsi continuamente, per garantire l’estrazione di valore che gli permette di riprodursi. E per fare ciò è (pre)disposto a sacrificare territori, vite umane e non umane. Il costo della riproduzione del sistema capitalista, su piccola e larga scala, è sempre più enorme perché, per alimentare il ciclo di accumulazione del valore, il sistema è costretto a impoverire e a erodere i territori dai quali estrae le risorse primarie che, immediatamente, trasforma in merci. A essere erose sono le possibilità stesse di riproduzione della vita, fino a scatenare anche guerre vere e proprie per l’accesso e la conquista di spazi e di beni.

Molto spesso chi si attiva contro un progetto o un’opera inutile viene accusato anche di ignorare la scienza, di provare avversione contro il progresso, di avere una mentalità retrograda. Come abbiamo visto, a essere anacronistici e antiscientifici sono molto spesso la nostra controparte e il suo agire. Noi siamo coscienti di stare costruendo, invece, un sapere aggiornato, scientifico e autonomo, un sapere che vuole liberarsi dalle maglie del profitto. Nelle lotte territoriali che abbiamo raccontato uno dei fili rossi è, infatti, la grande e profonda conoscenza della storia e del presente del proprio territorio, è la volontà di informarsi, comprendere, analizzare costi, benefici, conseguenze, impatti dei progetti e delle opere. Queste spinte danno forma a saperi tecnici e scientifici risultanti dalla cooperazione, dalla messa in rete di competenze diverse e dal coinvolgimento di tecnici non asserviti alle logiche del potere, che mettono a disposizione le loro conoscenze. È un patrimonio prezioso che dobbiamo mettere in circolo e soprattutto è ciò che dimostra che nelle comunità locali, nei comitati, nelle realtà che spontaneamente nascono per proteggere le proprie dimensioni di vita ci sia un’idea precisa di come si vorrebbero gestire risorse e territori, ossia nell’interesse della collettività, del bene comune e non del profitto di pochi. 


LA RETE È FORZA: IL PROGETTO CONFLUENZA

Il progetto CONFLUENZA nasce proprio a partire da queste constatazioni e dalla necessità di moltiplicare e dare solidità reciproca alle esperienze territoriali. Il progetto intende costruire una rete effettiva tra tutte quelle realtà che si attivano per difendere i propri territori contro progetti inutili, dannosi e imposti dall’alto senza condivisione. Per noi rete effettiva significa una rete di rapporti di scambio e conoscenza reali, di confronto e di supporto reciproco, in presenza. Per mettere in pratica questo obiettivo bisogna considerare due aspetti fondativi: da un lato, la necessità di sistematizzare il patrimonio di conoscenze costruite dal basso grazie alla ricchezza delle opposizioni ai progetti e opere devastanti per il territorio; dall’altro lato, l’esigenza di poter contare e di costituire una massa, dei numeri, in grado di ottenere i propri obiettivi nel rapporto di forza con la controparte.

Ci siamo dotati di due strumenti. Il primo è una sezione sul sito Infoaut (https://infoaut.org/confluenza) in cui raccogliere i contenuti di ciascun comitato, li rendiamo visibili e li mettiamo in rete, proponendo inoltre contenuti di approfondimento. Questo significa con-ricercare 2, cercare insieme a chi anima le lotte per la tutela dei territori le leve e le possibilità per opporsi a chi vuole devastarli: vogliamo esprimere e diffondere le buone ragioni per dire NO, le conseguenze, gli impatti ambientali, sociali ed economici. Il secondo è l’idea di organizzare iniziative nei territori, sia laddove esiste già un’attivazione, sia dove ancora è marginale, per supportare le varie realtà nel creare momenti di sensibilizzazione, di informazione e dibattito ma anche di mobilitazione, mettendo insieme le nostre forze.

Perché quello che abbiamo capito, e provato a rappresentare come un cortocircuito estrattivista, è che ciascuna opera è funzionale ad un’altra. Davanti alla capacità del sistema capitalista di strutturarsi e di organizzarsi dobbiamo essere all’altezza della complessità di questo sistema e organizzarci a nostra volta, darci la possibilità di essere di più, di contare di più, di farci forza a vicenda. Proprio perché i progetti dislocati sui nostri territori sono nel complesso parte di un unico sistema, anche le nostre energie devono confluire verso un unico obiettivo: la difesa e la tutela del vivente. Non esistono alternative se vogliamo un futuro. Quindi la nostra proposta è di avviare un processo costituente al quale invitiamo a collaborare e partecipare attivamente:

• il primo modo per contribuire è inviare materiale, scambiarci informazioni, produrre ricerca e dare visibilità alle singole iniziative: siamo disponibili a venire sui territori dove ci sono progetti di devastazione, incontrarci, fare interviste, video e foto da pubblicare sulla rubrica di Confluenza, in modo da diffondere il più possibile le iniziative di ciascuno, le ragioni del NO a un’opera, gli studi che sono stati fatti;

• il secondo modo per contribuire è costruire insieme iniziative, momenti di dibattito, di incontro e di informazione sul territorio insieme ai comitati e alle realtà già attivate in loco. Vogliamo dare supporto logistico e costruire contesti di confronto il più largo e partecipato possibile;

• infine, vi invitiamo a collaborare al tour di presentazione del Manifesto di Confluenza, organizzando una data presso il vostro Comune: il tour prenderà avvio in autunno e si prefigura di ragionare insieme sulla costruzione di un momento collettivo di mobilitazione. 

Sito: https://infoaut.org/confluenza
Mail: confluenza.info@gmail.com


Note: 

1) Raoul Zibechi, La scottante attualità di Fanon, in “Comune-info”, 9 settembre 2015

2) La conricerca è un termine che viene spiegato nel volume Per fare conricerca di Romano Alquati. La conricerca è il rifiuto delle certezze, si tratta di un metodo e un atteggiamento che porta a non accettare le cose di per sé perché c’è sempre la necessità e la possibilità di fare un passaggio successivo. La conricerca significa essere presenti dove occorre fare fronte comune, ricercare insieme e costruire saperi che vogliamo sottrarre all’avversario, con il fine di organizzarci insieme a partire dai saperi che emergono dalle lotte e dalle attivazioni spontanee. 


GLOSSARIO

- Buffer zone: una zona cuscinetto, posizionata accanto a corpi idrici, vegetazione naturale, aree specifiche molto frequentate da popolazione per proteggerle da potenziali impatti ambientali, come quelli provocati dai fitofarmaci.

- Capitalismo dei disastri: traduzione italiana di disaster capitalism, espressione coniata da Naomi Klein (The Shock Doctrine, 2007) con cui si indica la pratica neoliberista di sfruttare le calamità naturali e di generare catastrofi artificiali (es. guerre), come vettori di profitto privato, vitali per mantenere lo status quo, traendo lucro dalle conseguenze negative sull’ambiente, sui territori e sulle popolazioni.

- Confluenza: in geografia, la confluenza è l’incontro di due o più corsi d’acqua, l’incontro di due o più ghiacciai o vallate. Per noi è un’unione di intenti.

- Fracking: tecnica di estrazione di gas o petrolio tramite frantumazione delle rocce mediante iniezione di liquido ad alta pressione. Una pratica ad altissimo impatto ambientale.

- Deregulation: processo attraverso cui i governi diminuiscono o eliminano i controlli sul mercato e cancellano le restrizioni nell’economia, al fine di lasciare mano libera al mercato stesso, considerato come un organismo autoregolatore Estrattivismo: secondo la letteratura accademica, l’estrattivismo è un processo attraverso cui il capitale sottrae valore dai territori, devastandoli e depauperandoli e prelevando le risorse presenti. Per noi non è semplicemente un ciclo ma un cortocircuito, in quanto impoverisce e desertifica - in maniera spasmodica e continuativa - i territori, generando un effetto mortifero che minaccia la sua stessa possibilità di riproduzione.

- Land grabbing: accaparramento delle terre, che si verifica quando una larga porzione di terra è svenduta a soggetti privati o espropriata senza il consenso delle comunità. Lo stesso meccanismo può avvenire nel caso dell’acqua, per cui si parla anche di Water Grabbing.

- Shock economy: espressione coniata da Naomi Klein (The Shock Doctrine, 2007) con cui si indica la pratica dell’economia neoliberista - derivata dalla Scuola di Chicago facente capo a Milton Friedman - di attuare privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica in situazioni di shock, ossia emergenziali, derivanti da calamità naturali o disastri creati dal sistema stesso.

- Territorio: contesto composto da relazioni umane e non umane, sociali, economiche, politiche e culturali. Al suo interno ogni soggetto si definisce, ma al tempo stesso ogni soggetto influenza in maniera mutuale il territorio in cui è immerso.

- Zona da difendere: dal francese Zone à Defendre (ZAD), è un territorio minacciato dalla costruzione di un’opera o dall’installazione di un progetto che ne minerebbe le qualità e l’assetto. Le Zone da difendere sono quelle da preservare in quanto tali e che vengono protette da comitati e cittadini che non sono disponibili ad abbandonarle a un destino che le comprometterebbe per sempre.

- Zona di sacrificio: area già oggetto di inquinamento o danneggiamento permanente, che anziché essere ripristinata, viene selezionata come più adatta di altre per ulteriori progetti di distruzione, e quindi destinata a essere oggetto di sfruttamento in permanenza in quanto già compromessa.


INDICE

1. Perché Confluenza?

IL CORTOCIRCUITO ESTRATTIVISTA: COME L’ESTRAZIONE DI VALORE Si ARTICOLA SUL TERRITORIO PIEMONTESE

• prima fase: l’estrazione
- L’acqua: bene primario conteso tra vita e mercato
- Il suolo: una preda immobile. Perfetta per il cacciatore neoliberista del Terzo
- Millennio, obeso a causa della sua bulimica voracità

• seconda fase: la costruzione
- Le infrastrutture, settore chiave nell’utilizzo del cemento e di materie prime rielaborate
- La logistica, legata a doppio filo con l’industria dei trasporti, rappresenta un settore nevralgico nello spostamento delle merci
- La riqualificazione urbana, processo che investe le nostre città e che trasforma l’assetto dell’ecosistema
- La produzione di colture e allevamenti intensivi, idrovori e deterioranti le qualità del suolo, hanno lo scopo di produrre cibo a basso costo in grandi quantità
- La costruzione di impianti energetici

• terza fase: l’espulsione degli scarti
- Le nocività/rifiuti pericolosi, ovvero una componente che fuoriesce a ogni fase del ciclo estrattivista e che non può essere messa a valore di per sé
- I rifiuti, ovvero la componente residuale della fase precedente

2. la ristrutturazione dei territori per il capitale

3. strumenti per resistere
• autonomia del sapere e autonomia del no
• la rete è forza: il progetto confluenza


 

08 agosto 2024 (pubblicato qui il 11 agosto 2024)