In Colombia la pace rimane inafferrabile per i difensori della terra

di Davide Gonzalez

 Il 21 aprile, uomini armati sono arrivati a casa di Narciso Beleño, nella città di Santa Rosa del Sur, nel nord della Colombia, e lo hanno colpito a morte. Questo difensore 62enne aveva dedicato la sua vita a proteggere la terra dai grandi progetti estrattivi minerari che minacciano la Serranía de San Lucas, uno dei luoghi con la maggiore biodiversità del paese.
Beleño è una delle ultime vittime di un conflitto sempre più complesso che si sta estendendo a diverse altre regioni della Colombia: un conflitto che coinvolge economie illegali, progetti minerari multinazionali e comunità organizzate in un contesto in cui figurano anche gruppi di guerriglia come l'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN) e i dissidenti delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC). Ma, soprattutto, un attore sempre più protagonista è un gruppo paramilitare in continua espansione: il Clan del Golfo, noto anche come Forze di Autodifesa Unite Gaitaniste.
Vari rapporti
della Commissione per la verità, istituita dal governo di Juan Manuel Santos (2010-2018) dopo gli accordi di pace del 2016 con le FARC per indagare sulle origini e le cause del conflitto armato di lunga data del paese, mostrano come i difensori della terra come Beleño abbiano resistito all'espansione delle attività estrattive spesso guidate e promosse dalle politiche del governo centrale. Ma nonostante i recenti tentativi del governo di Gustavo Petro di lanciare riforme per proteggere i difensori della terra, le loro comunità e le ONG affermano che la pace rimane lontana e che le loro vite continuano a essere a rischio.


Resistenza nella Serranía de San Lucas

Un esempio importante di resistenza comunitaria è rappresentato dalla Federación Agrominera del Sur de Bolívar (Fedeagromisbol), un'organizzazione di contadini e piccoli minatori che promuove pratiche sostenibili nel sud di Bolívar e che lotta per la pace, l'attività mineraria responsabile e l'agricoltura sostenibile.

L'organizzazione opera nella Serranía de San Lucas, un'importante riserva aurifera in Colombia che è in fase di esplorazione da parte della multinazionale AngloGold Ashanti. La società mineraria con sede in Sudafrica ha richiesto il permesso di esplorare e sfruttare l'estrazione dell'oro nella zona nel 2004 e il suo accesso alla zona era stato accompagnato da un'unità dell'esercito colombiano. Nel 2006, l'unità è stata accusata di aver ucciso e catturato in vari modi due leader della Fedeagromisbol che avevano guidato le proteste contro la presenza della società nella regione.

Serranía de San Lucas è “una delle grandi riserve auree dell’America Latina, e la gente non ha permesso che venisse sfruttata; piuttosto, è stata designata come area protetta”, spiega Gladys Rojas, leader della ONG Corporación Sembrar, che lavora con le comunità su temi come giustizia sociale e pace. “Al momento, questo è un esercizio importante nel contesto della protezione dell'ambiente”.

Questa ricchezza ha visto una presenza crescente di gruppi armati come l'ELN e di paramilitari attratti da queste risorse. Secondo la ricerca del Centro Nacional de Memoria Histórica, un ente pubblico che preserva la memoria del conflitto colombiano, questi gruppi combattono per il controllo del territorio da decenni.
La resistenza di Fedeagromisbol di fronte ai progetti estrattivi è stata osteggiata per anni da questi gruppi armati.
Il suo lavoro riguarda questioni relazionate a
ll'incidenza politica e la presentazione di vari casi presso tribunali internazionali su questioni relative al sud del Bolívar, tra cui “la terra e il territorio, la vita dignitosa, la memoria e i diritti umani, l'attività mineraria e l'ambiente”, come evidenzia il Centro Nacional de Memoria Histórica.
Dal 2009, un anno dopo l'assassinio di un altro ex dirigente di Fedeagromisbol, Edgar Martínez Ruiz, al gruppo sono state assegnate misure di sicurezza dalla Commissione Interamericana per i Diritti Umani. La commissione ha sollecitato allo Stato colombiano l'adozione di misure per proteggere la vita dei leader di Fedeagromisbol.

Dall'omicidio di Narciso Beleño, gli osservatori descrivono un ambiente sempre più rischioso per gli abitanti della regione. Rojas afferma che “attualmente esiste un accerchiamento paramilitare a livello economico e sociale, con esercitazioni di controllo sociale molto forti. Pare che siano state istituite diverse basi paramilitari nell'area mineraria, cosa che stride rispetto agli scenari precedenti, quando questi campi erano situati lontano dai centri abitati”, nota. "Oggi, queste basi sono all'interno dei villaggi, il che aumenta il controllo [dei paramilitari] sulla popolazione e sulle organizzazioni".


Una pace con la natura che sfugge alla Colombia

Astrid Torres è coordinatrice del programma Somos Defensores, la principale ONG in Colombia che monitora le minacce affrontate dai leader sociali.
Sta preparando un rapporto sulle statistiche relative ai pericoli affrontati nella prima metà dell'anno e nota che non c'è stato "nessun miglioramento" rispetto all'anno
precedente: la Colombia continua a essere il paese in cui vengono uccisi ogni anno il maggior numero di difensori della terra. Secondo Global Witness, che monitora la violenza contro i difensori della terra a livello globale e a cui Somos Defensores contribuisce al monitoraggio, la Colombia ha registrato il numero più alto di difensori uccisi nel 2023, con 79 casi.

“Ma al di là degli omicidi e della volontà dell'attuale governo, la situazione dei difensori dei diritti umani in Colombia deve essere intesa come un problema strutturale di persecuzione storica del movimento [dei difensori dei diritti umani]”, afferma Torres. “Ciò è dovuto non solo ad attori armati legali o a strutture dello Stato che hanno spesso perseguitato e stigmatizzato i difensori, ma anche ad attori armati illegali che, nel contesto del conflitto politico, sociale e armato, hanno trasformato i difensori in nemici”.

Nel dicembre 2023, la Corte costituzionale, il massimo tribunale del paese, ha riconosciuto la gravità della situazione dei difensori dei diritti umani. Con la sentenza SU-546, ha dichiarato “stato delle cose incostituzionale”, formula che obbliga lo Stato a dare risposte effettive alle minacce, al fine di garantire la sicurezza dei difensori, utilizzando le risorse necessarie.
Torres sostiene che la situazione attuale dei difensori è critica a causa dei ritardi nell'attuazione
degli accordi di pace del 2016 tra lo stato colombiano e le guerriglie delle FARC, in particolare a causa dei fallimenti nello smantellamento del paramilitarismo e dell'impunità con cui opera: "nei 20 anni di storia [di Somos Defensores], ci sono state solo 179 condanne per l'uccisione di difensori", nota.
A ciò si deve aggiungere la mancanza di coordinamento delle azioni da parte dello Stato, che non è stato in grado di proteggere leader come Beleño, dice Torres: "non c'è una politica chiara in questo momento per reagire alla situazione... nessuna azione concreta oggi da parte dello Stato [su] come fermare la situazione di rischio per i difensori".


Torres evidenzia inoltre i difetti nella strategia dell'amministrazione Petro che, sebbene si dica sia stata creata con buone intenzioni, ha ottenuto pochi risultati nei territori. Questa politica, nota come Pace Totale, ha aperto negoziati con i principali gruppi armati illegali che operano in Colombia però, secondo Somos Defensores, nessuno dei negoziati ha concordato azioni concrete per proteggere i difensori.

Torres aggiunge che, nonostante i gruppi guerriglieri siano in dialogo con il governo, la ONG ha registrato casi di aggressione da loro istigati contro i difensori della terra. “Ad esempio, lo Stato Maggiore Centrale [dissidente delle FARC] è stato uno dei principali attori, insieme all’AGC [Clan del Golfo], che ha commesso il maggior numero di attacchi contro i difensori lo scorso semestre”.


Escazú e la COP16

Il 28 settembre scorso, il presidente Petro ha annunciato che la Polizia nazionale aveva catturato alcuni membri del Clan del Golfo che erano presumibilmente responsabili dell'omicidio di Narciso Beleño.
I tre membri del clan sono stati arrestati nell'ambito dell'Operazione Themis, un'iniziativa del
Ministero della Difesa volta a identificare i responsabili degli omicidi di leader sociali e firmatari dell'accordo di pace. L'emittente indipendente Voragine ha prodotto un rapporto con la testimonianza di membri del Clan del Golfo che sostengono che dietro l'omicidio di Beleño ci sono ex membri delle forze di sicurezza colombiane. Sebbene si tratti di uno sviluppo positivo, in un paese segnato dalla mancanza di protezione, i leader ambientalisti continuano a sentirsi minacciati.

Il governo Petro ha cercato di posizionare la lotta al cambiamento climatico come una delle sue priorità, promuovendo spazi e azioni per raggiungere questo obiettivo. Questi sono stati accolti con un misto di scetticismo e speranza.
Uno di questi spazi era COP16, il summit delle Nazioni Unite sulla biodiversità ospitato lo scorso ottobre nella città colombiana di Cali. Tatiana Roa, viceministro dell'Ordinamento Ambientale del Ministero dell'Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile, ha affermato prima della conferenza che l'obiettivo di quest'anno era quello di inviare un messaggio chiave: "è l'ora della 'pace con la natura', intesa come un invito ad agire con urgenza, data la portata della crisi di civiltà che stiamo affrontando, e la necessità di prendere misure immediate. La pace con la natura ci costringe a ripensare a cosa intendiamo per sviluppo e progresso".
Nelsón Orrego, leader della Serranía de San Lucas, racconta che alla COP16 si è svolto un incontro tra i leader di diverse organizzazioni sociali della Serranía de San Lucas e il governo nazionale. È stato concordata un'agenda di impegni che includeva un punto sulla protezione dei leader sociali e delle comunità che abitano il territorio.

Un altro strumento promosso dal governo è l'attuazione dell'Accordo di Escazú, ratificato in agosto dalla Corte Costituzionale. Questo trattato regionale potrebbe essere fondamentale per migliorare la sicurezza dei leader, fornendo strumenti per l'accesso alle informazioni, la partecipazione pubblica e la giustizia ambientale. Orrego nota che, insieme al documento COP16, l'Accordo di Escazú segna "un importante passo avanti, poiché verranno utilizzati gli strumenti legislativi esistenti e ne verranno creati altri per proteggere questi leader"

Torres aggiunge: “L’Accordo di Escazú ci obbliga ad agire più rapidamente su certe questioni, soprattutto in relazione ai difensori dell’ambiente. Ci offre l’opportunità di costruire strumenti che garantiscano realmente la partecipazione dei cittadini, la trasparenza delle informazioni e il rispetto dei diritti dei difensori”.

Ambientalisti come Gabriel Tobón, professore della Universidad Javeriana, guardano con ottimismo agli strumenti dell'Accordo di Escazú. Ritiene che, sebbene non ci si debba aspettare automaticamente dei risultati, l'accordo "stabilisce condizioni migliori per proteggere coloro che si oppongono a progetti che minacciano il territorio".

Torres afferma che la principale garanzia per i difensori sarà quella di promuovere l'ambiziosa serie di riforme sociali dell'attuale governo, che spazia dalla tutela del lavoro all'ampliamento della partecipazione democratica e al miglioramento della giustizia, ma nota che queste avanzano lentamente in Parlamento, a causa della maggioranza dell'opposizione. "La questione della terra è centrale nel conflitto, così come la possibilità di costruire economie di sostentamento che possano competere con le economie illecite, fornendo alle persone delle alternative reali", conclude.


→ Originale in    spagnolo su   

→ Sul tema vedi anche qui 

* David González è un giornalista colombiano che si occupa di temi che riguardano i diritti umani. Vive a Bogotá.
** Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network


Immagini:

1) Cristian Garavito / Presidencia de Colombia, PDM
2) Andrea Puentes / Presidencia de Colombia, PDM


  

 

09 gennaio 2025 (pubblicato qui il 12 gennaio 2025)