I valori del settore minerario in Ecuador in vetrina

di Alessia Marucci

La Prospectors & Developers Association of Canada (PDAC) si definisce come la “voce principale della comunità internazionale che si occupa di esplorazione e sviluppo minerario”. Il suo obiettivo è quello di supportare un settore minerario che sia competitivo, responsabile e sostenibile.

Dal 1977 la PDAC organizza un evento durante il quale si assegnano premi all’industria mineraria canadese e internazionale per i successi conseguiti e per l’eccellenza in generale.

Alle 8 del mattino del 6 di marzo, nella seconda giornata del meeting, il Ministro per l’Energia e il Settore Minerario dell’Ecuador Fernando Santos, accompagnato dal suo vice Juan José Espinosa, presentava al pubblico la sessione intitolata “Ecuador, la prossima destinazione mineraria”. Nelle quattro ore a disposizione le due autorità hanno sciorinato i successi del settore minerario nel paese e soprattutto hanno risaltato l’impegno del governo nel creare tutte le condizioni favorevoli a ricevere gli investimenti stranieri in quel settore.

Il ministro prevede per il 2023 una crescita delle esportazioni minerarie del 3,14% e che gli investimenti raggiungano i 18 miliardi di dollari per il 2030.

Santos sottolineava lo sforzo del governo nella lotta contro le attività minerarie illegali, definite lo scorso gennaio come “minaccia alla sicurezza del paese”.

Infine, secondo il ministro “il settore minerario è il futuro del paese, sebbene sarà necessario rispettare alcuni processi, come la promulgazione della legge sulla consultazione libera, previa e informata”.

In quelle stesse ore, in Ecuador, il presidente della comunità indigena kichwa di Tzawata, di fronte al palazzo di giustizia del capoluogo della regione amazzonica del Napo, procedeva ad un’azione di protezionei con cui tenterà di riappropriarsi del territorio conteso con Terraturismo, compagnia fiduciaria della mineraria cinese Terraherath Resources.

Sono circa 150 le famiglie che conformano il popolo Tzawata-Ila-Chucapi le cui comunità posseggono storicamente 627 ettari di territorio. Con la colonizzazione spagnola e successivamente con le riforme agrarie in epoca repubblicana , molti popoli indigeni amazzonici come quello di Tzawata sono stati invasi e spogliati del loro territorio. Nel 1910 Carlos Sevilla sottrasse con l’inganno alla comunità quel lotto di terreno e sfruttò il lavoro degli indigeni durante decenni. Nel 2004 la proprietà venne acquisita dall’impresa mineraria Merendom. Per molti anni la comunità ignorava il fatto che il proprio territorio fosse stato aggiudicato in modo illegittimo a terze parti ma con l’arrivo della compagnia le cose cambiarono. La Merendom iniziava attività di esplorazione e sfruttamento minerario, pregiudicando gravemente le capacità di sussistenza della comunità. Nel 2010 ebbero luogo le prime azioni di occupazione di terre da parte dei comuneros. Come risposta l’impresa pretese sgomberare gli occupanti, appoggiata dalle autorità competenti e la forza pubblica.

Basandosi sul fatto di essere il proprietario “ancestrale” di quel territorio, e sul diritto alla proprietà inalienabile e imprescrittibile dei territori indigeni (di rango costituzionale) dal 2001 Tzawata chiede allo Stato l’esproprio a Merendon.

Nel 2013 l’impresa viene acquisita da Terra Earth Resources, transnazionale cinese tristemente nota per la devastazione ambientale provocata dall’estrazione aurifera nella regione del Napoii. Attualmente Tzawata è circondata da lotti minerari le cui operazioni generano gravi impatti ambientali ai corsi d’acqua che passano per la stessa comunità.

L’ultimo attacco a Tzawata è l’ordinanza di sgombero a favore di Terraturismo, firmata dalle autorità competenti e prevista per l’8 di marzo.

Non è la prima volta che Tzawata si difende dall’incursione di militari, polizia e gruppi informali che accompagnano all’usurpatore di turno. E, come nelle occasioni precedenti, non si sono fatti attendere gli appelli di solidarietà, i rinforzi provenienti da altre comunità ed i comunicati di allerta da parte del Difensore Civico.

Quando a Toronto il ministro Santos dichiarava l’impegno del Governo ecuadoriano a favorire l’ingresso degli investimenti stranieri per il settore minerario, si riferiva a questo?

Allo sgombero forzoso di 150 famiglie della nazionalità kichwa residenti nel loro legittimo e storico territorio per permettere l’ingresso ad un’impresa mineraria?

Certamente sì. E si riferiva altresì alla violazione sistematica dei diritti collettivi dei popoli indigeni contenuti nella Costituzione ecuadoriana e nei trattati internazionali.

In un comunicato del 6 di marzo la Conaie (Confederazione delle Nazioni Indigene dell’Ecuador) e il Frente Nazionale Antiminero denunciavano le dichiarazioni del Ministro Santos alla PDAC, ricordavano che nel paese le concessioni minerarie esistenti sono illegali e che non accetteranno nuove concessioni nei territori che rappresentano.

Nel comunicato si denuncia il fatto che il settore minerario ha generato gravi conflitti socio-ambientali in almeno 25 punti del paese: casi come Buenos Aires, Fierro Urco, Popolo Shuar Arutam, Las Naves, Nabón, Intag in cui la popolazione resiste all’ingresso delle imprese e all’espansione di progetti minerari già esistenti.

Il 6 di gennaio il governo canadese lanciava una serie di consultazioni su un possibile trattato di libero commercio (TLC) con l’Ecuador e sollecitava il parere degli attori della società civile. In un documento Mining Watch Canada sottolineava che il nucleo della cooperazione internazionale deve essere il rispetto dei diritti umani, compresi i diritti dei popoli indigeni, i diritti del lavoro e la protezione dell’ambienteiii.

In un comunicato del 16 di febbraioiv, sedici organizzazioni sociali ecuadoriane denunciavano il fatto che un TLC con il Canada garantirà una maggiore impunità alle imprese minerarie canadesi già operative o che pretendono installarsi nei territori indigeni o contadini, zone caratterizzate da un’elevata biodiversità e importanti per l'immagazzinamento dell’acqua.

Secondo la Camera del Settore Minerario sono almeno undici le imprese con capitale canadese operanti in nove regioni ecuadoriane, in scenari di altissima conflittualità socio-ambientale. Con un TLC le garanzie a favore delle compagnie transnazionali aumenteranno e le violazioni dei diritti di ogni genere si faranno sempre più sistematiche.

All’alba del 23 di febbraio la forza pubblica ha invaso e militarizzato le comunità di Gualel (regione Loja) con il fine di permettere l’installazione di macchine pesanti nella concessione mineraria della Guayacán Gold, sussidiaria del consorzio canadese Salazar Resources & Adventus Mining.

Il progetto mega-mineriario per l’estrazione di oro, argento e rame comprende più di 70.000 ettari nella cordigliera di Fierro Urco, in un fragile ecosistema andino di “páramo” in cui si genera l’acqua utilizzata dalle comunità e città delle vallate circostanti. Il popolo kichwa Saraguro, e principalmente le donne che lo conformano, guidano la storica resistenza al progetto minerario per cui mai sono stati consultati e a cui mai hanno dato il consenso.

Non è la prima volta che Gualel soffre il tentativo di invasione da parte dell’impresa.

Gli aspri scontri con le forze armate sono durati fino al 24 di febbraio quando finalmente il popolo Saraguro e campesino è riuscito ad espellere gli invasori e le macchine pesanti dell’impresa mineraria.

È questo il settore minerario responsabile a cui si riferiva il ministro Santos nella sua presentazione al PDAC?

In un comunicato Leónidas Iza, presidente della Conaie, ha accusato il presidente della repubblica Guillermo Lasso come responsabile diretto degli atti di violenza nei territori; ha altresì sottolineato che Lasso ha rotto gli accordi generati nei tavoli di dialogo avvenuti dopo lo sciopero nazionale del giugno scorso che prevedevano la sospensione delle attività minerarie laddove non si rispetti il diritto alla consultazione libera, previa e informata.

Sono solo due dei tanti conflitti generati dalla presenza delle imprese transnazionali nel territorio dei popoli ecuadoriani. Imprese canadesi, cilene e cinesi per lo più. Tutte riunite a Toronto. Il governo punta molto alla differenziazione tra le attività legali ed illegali. Ma non c’è contraddizione né conflitto tra le due.

Va di moda parlare di estrazione mineraria responsabile. Non esiste nessun tipo di valore nell’operato di tali imprese nel territorio ecuadoriano. Anzi, uno esiste.

Ed è questo: nel giorno della stesura di questo articolo un oncia di oro (31 grammi circa) era quotata 1.835 dollari americani. La tonnellata di rame 8.827.
 


Note: 

i Procedimento giuridico il cui obiettivo è la tutela diretta ed effettiva di diritti riconosciuti nella Costituzione e nei trattati internazionali sui diritti umani.
ii Per maggiori informazioni su Terraearth Resources e l’impatto dell’attività mineraria nel Napo: https://ecor.network/articoli/le-vene-aperte-dell-ecuador-intrecci-di-resistenze-all-estrattivismo/
iii Consultabile qui: https://miningwatch.ca/sites/default/files/21-02-2023-miningwatch_canada-_submission_to_the_government_of_canadas_consultation_on_a_possible_canada-ecuador_free_trade_agreement.pdf.
iv Consultabile qui: https://www.accionecologica.org/wp-content/uploads/NO-TLC-CANADA-PRONUNCIAMIENTO.pdf.
 


 

10 aprile 2023 (pubblicato qui il 13 aprile 2023)