Europa, Guerra e Nocività/2L'approvvigionamento di gas, tra politiche energetico-economiche, estrattivismo, danni ecologici e legami con la guerra

di Piccoli Fuochi Vagabondi

 


CONSIDERAZIONI
ECONOMICHE E GEOPOLITICHE

Affrontati i temi ambientali, la cosa però più importante da mettere in evidenza è come gli impianti di trattamento e rigassificazione del GNL rispondano a quelle che di fatto sono logiche di guerra, e sono considerati strategici proprio a partire dallo scenario geo-politico sorto col conflitto russo- ucraino. Questo conflitto non ha prodotto solo un profitto a Putin con l’assorbimento delle regioni minerarie dell’Ucraina orientale, che molto probabilmente non saranno restituite nemmeno laddove si arriverà a un accordo, ma anche agli Stati Uniti e non solamente per il famoso accordo sulle terre rare ucraine in cambio degli “aiuti” militari (aiuti non così disinteressati come volevano farci credere).

Non si è rilevato abbastanza come la guerra in Ucraina, oltre che una battaglia per l’influenza politica tra potenze imperialiste (da una parte la Russia, dall’altra UE e Nato), sia anche stata una lotta per il gas naturale e come le politiche energetiche dei paesi europei ne siano uscite ridisegnate.

Dopo la riduzione dei flussi di gas russo, per mezzo delle sanzioni e del sabotaggio ucraino del Nord Stream (26 settembre 2022) gli Stati Uniti sono riusciti ad imporsi come primo paese fornitore di GNL all’Europa, attraverso appositi accordi commerciali che hanno sfruttato il conflitto in corso. L’Unione Europea, prima della guerra ucraina, era dipendente per il 45% dal gas russo (mentre per l’Italia il gas russo rappresentava circa un terzo del totale di quello importato). Già il 25 marzo 2022, ad appena un mese dall’invasione russa dell’Ucraina, a conclusione di un incontro tra l’allora presidente americano, Joe Biden, e la presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Teyen, UE e USA siglavano un accordo per la fornitura di 15 miliardi di metri cubi di gas liquefatto americano nel 2022 e 50 miliardi di metri cubi all’anno almeno fino al 2030, con la creazione della Us-Ue energy security task force. Accordo a cui hanno fatto seguito decine di nuovi contratti.

Nel 2023 l’Unione Europea ha importato oltre 120 miliardi di metri cubi di GNL e gli Stati Uniti sono stati il principale fornitore coprendo quasi il 50 per cento della domanda della trentina di rigassificatori sparsi per l’Europa (in tutto il mondo ce ne sono circa un’ottantina). Francia, Spagna, Norvegia, Germania, Regno Unito, Grecia e Italia sono i paesi che stanno puntando maggiormente sullo sviluppo dei terminal per la rigassificazione e che hanno in programma di realizzarne di nuovi. Sebbene gli Stati Uniti esportino il loro GNL anche in altri luoghi, come per esempio il Canada e il Giappone, attualmente forniscono all’Europa quasi il 50% della loro produzione di GNL, proveniente soprattutto dal Texas, il più grande produttore di gas e di petrolio degli USA (la capitale Houston è soprannominata energy city). Al confine tra Texas e Lousiana si trovano la maggior parte dei terminal di liquefazione per l’export del GNL: Sabine Pass (della Cheniere Energy), Cameron LNG (della Sempra), Calcasieu Pass (della Venture Global) e Freeport LNG (dell’omonima società).

Per l’UE l’acquisto di GNL americano ha un costo quasi doppio rispetto all’acquisto di gas russo. I costi maggiori (del doppio o del triplo) dipendono dalla tecnica del fracking e dalla successiva liquefazione che per il produttore ha spese di estrazione, di lavorazione e di trasporto molto più alte (un’inchiesta sui maggiori costi del GNL americano rispetto al gas russo sono stati pubblicati addirittura dal Sole 24Ore, il giornale dei padroni).

Anche la costruzione dei rigassificatori per convertire il GNL in gas hanno costi di realizzazione e di gestione così ingenti da incidere notevolmente sul prezzo finale, tanto che l’impianto gemello di quello di Ravenna, la nave rigassificatrice Golar Tundra/Italis Lng che secondo programma avrebbe dovuto essere spostata da Piombino a Vado Ligure (Savona) a fine 2025, potrebbe restare in terra toscana o addirittura raggiungere Ravenna raddoppiando il numero di rigassificatori presenti. Ciò per gli alti costi di realizzazione delle strutture di adeguamento e allacciamento alla rete nazionale, che renderebbero economicamente insostenibile l’intero progetto, almeno stando a quanto dichiarato da Arera, l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, che delibera sui piani di sviluppo delle reti di trasporto del gas. Quanto scritto finora dimostra comunque l’enorme massa di quattrini che gli Stati Uniti, soppiantando le compagnie russe, hanno ricavato e stanno ancora ricavando dalla vendita del GNL sfruttando la guerra ucraina.

Per quanto riguarda l’Italia l’obiettivo dichiarato, ribadito a marzo 2025 dal ministro dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante il KEY Energy Transition Expo di Rimini, è quello di raggiungere almeno il 50% degli approvvigionamenti totali di gas italiano tramite il GNL. Con l’entrata a pieno regime dell’impianto di Ravenna la capacità complessiva di rigassificazione italiana salirà a 28 miliardi di metri cubi, equivalenti ai volumi che venivano importati nel 2021 dalla Russia col TAG.

Per l’impianto di Ravenna si parla di una capacità di trattamento di 5 miliardi di metri cubi l’anno di GNL, il che si traduce nel soddisfacimento dell’8% dell’intero approvvigionamento italiano di gas. Solo nel 2023 le importazioni di GNL da parte dell’Italia sono aumentate del 13%, mentre il consumo nazionale di gas naturale scendeva del 10%. L’arrivo del rigassificatore a Ravenna è quindi strettamente legato agli scenari bellici internazionali.
 

IL RUOLO DEGLI STATI UNITI

L’ostentato sovranismo europeo della Commissione UE in materia di politiche energetiche e militari, dopo il ritrovato flirt di Trump con Putin, non deve trarre in inganno. Di fatto l’Europa, dato il ruolo chiave italiano nelle politiche degli approvvigionamenti energetici dell’Unione, diventa ancora più dipendente dagli USA e proprio in un periodo storico in cui il presidente statunitense Donald Trump promette una guerra commerciale a suon di dazi contro i Paesi europei.

Trump può permettersi allora di far approvare i dazi sui beni dagli altri Paesi mentre impone le sue strategie per ridisegnare lo scacchiere in Medio-Oriente, mentre rivendica la consegna delle Terre Rare ucraine, mentre riorganizza lo schema delle alleanze internazionali e minaccia l’annessione di Canada, Golfo del Messico e Groenlandia, perché tutto ciò gli viene anche dalla sicurezza che gli Stati Uniti rivestono un ruolo geopolitico cruciale anche grazie alla posizione di leadership nell’export del GNL.

Il ricorso alla perforazione orizzontale e al fracking ha portato la produzione di gas statunitense a raddoppiare. Viene calcolato che, per la fine del decennio, quasi una nave metaniera su tre di quelle adibite al trasporto di GNL partirà dagli Stati Uniti 5.

Aziende americane come Cheniere Energy e Venture Global Incv hanno investito miliardi nella costruzione di impianti di liquefazione per vendere al mercato estero. Negli USA sono operativi otto impianti di liquefazione del GNL, mentre altri sono in costruzione 6. A Lake Charles, in Lousiana, i lavori per la realizzazione dell’impianto Driftwood LNG della Tellurian ha prosciugato una vasta zona umida mentre la scuola locale, frequentata dai figli della comunità afrodiscendente, è stata costretta a chiudere dopo che delle 600 famiglie originarie ne sono rimaste solo 60. Alcuni degli impianti americani sono stati finanziati anche da banche italiane. Intesa Sanpaolo ha sostenuto quelli di Sabine Pass e Freeport e ha concesso miliardi di dollari alle società che gestiscono i terminal GNL nella costa del Golfo del Messico (Golfo d’America per Trump).

L’export di GNL per gli USA rappresenta la soluzione ideale per aggirare il problema della sovrapproduzione e dunque della riduzione dei profitti di vendita. Alle popolazioni europee resta invece il drastico amento dei costi e l’indebitamento pubblico causato dalle disinvolte politiche di approvvigionamento energetico dei propri governi.


MA PERCHÈ RAVENNA?

A questo punto dobbiamo fare un passo indietro e dallo scenario internazionale tornare un attimo alla dimensione locale. Perché si è scelta proprio Ravenna per l’impianto di rigassificazione?Ravenna è stata individuata come zona idonea sia per la sua posizione di porto sul Mar Adriatico, in un territorio come quello dell’Emilia-Romagna ricco di collegamenti marittimi, viari, ferroviari e infrastrutturali, sia perché da tempo sono presenti in loco alcuni progetti che fanno della città un centro nevralgico della produzione di energia a livello nazionale e non solo.

La città, col suo porto che rientra in uno dei 5 corridoi di trasporto trans-europei TEN-T 7, è un importante snodo della logistica per i mercati non solo italiani. La città è attraversata da un’importante arteria come la SS16 Adriatica ed è collegata al sistema autostradale tramite la tangenziale che la connette alla A14 Bologna-Taranto. Quest’ultima è una delle direttive principali italiane: il Ministero dei Trasporti, insieme a Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna e Società Autostrade, ha approvato l’ampliamento del sistema autostradale e tangenziale bolognese, il cosiddetto Passante di Bologna, che passerà così dalle attuali 12 a un totale di 18 corsie.

Da Ravenna dovrebbe passare anche l’autostrada E55 “Nuova Romea Commerciale” Orte-Mestre di cui si parla da tempo, per sostituire l’attuale statale Romea, e che si andrebbe a collegare alla superstrada Tiberina-E45 e all’asse viario dai Lidi ferraresi fino a Ferrara e poi nel modenese (il progetto dell’autostrada Cispadana) collegandosi alla A22 (Autostrada del Brennero).

Queste arterie viarie, assieme a quelle ferroviarie e alle aree produttive considerate strategiche, saranno ricomprese in quella che viene indicata come “Zona logistica semplificata dell’Emilia-Romagna” (ZLS), un progetto economico-istituzionale finanziato coi fondi del Pnrr, approvato dall’Assemblea regionale il 2 febbraio 2022 e da un decreto dell’11 ottobre 2024 del governo Meloni, che vede il Porto di Ravenna come baricentro dell’intera rete. L’obiettivo è quello di mettere in comunicazione il sistema di trasporto merci della regione attraverso lo sviluppo delle infrastrutture esistenti e quelle di prossima realizzazione, agevolando così gli interessi e gli appetiti imprenditoriali.

Con un’estensione di circa 4500 ettari, la ZLS connetterà il porto ravennate con gli 11 nodi intermodali (da Ravenna a Piacenza) e le 25 aree produttive delle 9 province della regione, che potranno godere di un sistema fiscale agevolato, incentivi economici e semplificazioni amministrative. Inoltre il porto della città, attraverso la tratta di navigazione sottocosta che da Portogaribaldi (FE) arriva a Ravenna, è considerato il terminal fluviomarittimo sud del sistema delle idrovie padano-venete.

L’importanza del porto è tale che nel 2026 entrerà in operatività il nuovo terminal crociere a Porto Corsini da 10mila metri quadrati, progetto sviluppato da Ravenna Civitas Cruise Port Srl (RCCP) e Royal Caribbean Group (società statunitense numero 2 al mondo nel settore crocieristico), assieme alla genovese Rina Consulting e agli architetti milanesi di Atelier(s) Alfonso Femia.

Il nuovo terminal crociere potrà ospitare contemporaneamente due meganavi per turisti dal portafoglio gonfio, e si stima che in termini di passeggeri la movimentazione passerà da 330mila del 2023 ai 400mila nel 2026 (gli studi di settore indicano che un passeggero sbarcante spenda in media 385 dollari).

La società concessionaria RCCP ha stipulato con l’autorità portuale un accordo della durata di 33 anni per la costruzione e gestione del terminal crociere. RCCP è controllata da una società – la Cruise Terminals Internationals (CTI), che sviluppa e gestisce infrastrutture portuali in tutto il mondo – a sua volta partecipata da Royal Caribbean, assieme al fondo di investimenti inglese Icon Infrastructure, che in anni recenti ha acquisito l’impianto sciistico di Sestriere e le piste di Bardonecchia. I finanziamenti per i lavori (35 milioni di euro), che saranno eseguiti materialmente da una cooperativa ravennate, la Ar.Co.

Lavori, sono concessi da un istituto di credito austriaco, KommunalKredit Austria, per mezzo della Banca Finanziaria Internazionale di Treviso. L’Autorità Portuale spenderà altri 10 milioni per il cosiddetto “Parco delle Dune”, per i collegamenti ciclabili e pedonali a servizio del terminal crociere.

Sempre a Porto Corsini ha sede la centrale Enel che è inglobata in quello che è uno dei petrolchimici più grandi d’Italia. Davanti alle coste ravennati l’ecosistema marino è già compromesso dalle concessioni pluri-annuali per le trivellazioni di voraci multinazionali estrattive come Eni, per cercare giacimenti e idrocarburi.

Dopo l’approvazione del cosiddetto “Decreto Ambiente” nel dicembre 2024, che per rilanciare le trivellazioni marine consente di perforare i fondali anche a meno di 12 miglia dalla costa portando il limite a 9 miglia, molte autorizzazioni per trivellare prima pendenti saranno sbloccate, ignorando completamente il fenomeno della subsidenza che vede lo sprofondamento delle coste adriatiche. Lo stesso “Decreto Ambiente” ha sbloccato anche i progetti considerati di “preminente interesse strategico nazionale” (progetti dal valore di oltre 25 milioni di euro), tra i quali il governo Meloni ha fatto rientrare gli impianti di stoccaggio, cattura e trasporto di anidride carbonica, velocizzando e semplificando le procedure per le autorizzazioni e le valutazioni di impatto ambientale.

E proprio a Ravenna Eni, caposcuola dell’estrattivismo tricolore, in città fin dagli anni ‘50 – l’insediamento a Ravenna fu fortemente voluto dal fondatore Enrico Mattei per la vicinanza alla materia prima, cioè il metano dei giacimenti marini – ha in progetto la costruzione del sito più grande al mondo per lo stoccaggio sotterraneo di CO2: il progetto Callisto-Ravenna CCS, condiviso assieme a Snam.

È il primo progetto di questo tipo in Italia e prevede, per la Fase 1, di captare almeno il 90% della CO2 prodotta dalla centrale Eni di trattamento del gas di Casalborsetti – stimata in circa 25.000 tonnellate l’anno – e trasportarla fino alla piattaforma offshore Porto Corsini Mare Ovest, per poi depositarla in un giacimento di gas esaurito a 3.000 metri di profondità. La Fase 1 è incominciata a fine 2024. Nei prossimi anni, con l’avvio della fase 2, Ravenna CCS prevede di stoccare fino a 4 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, ma con la possibilità di raggiungere addirittura i 16 milioni di tonnellate grazie ai giacimenti di gas esauriti. Nascondere nel sottosuolo la Co2 significa nascondere il problema e continuare a produrre inquinamento ancora più di prima.

Nel porto di Ravenna, lungo il canale Candiano, esiste già un deposito GNL per il trattamento del gas liquefatto, entrato in funzione nell’ottobre 2021, di proprietà dell’azienda Depositi Italiani Gnl (partecipata al 51% dal Gruppo PIR, al 30% da Edison e al 19% da Enagàs tramite la controllata Scale Gas). L’impianto ha una capacità di 20.000 metri cubi e una movimentazione annua di oltre 1 milione di metri cubi per il rifornimento di navi e camion. Il deposito, che è costato 100 milioni di euro, riceve il GNL tramite navi dai terminali di Enagàs nel Meditterraneo, fra cui uno che sorge nel porto di Barcellona.

L’azienda vorrebbe realizzare un ulteriore impianto di vaporizzazione per immettere il gas nella rete nazionale, per via della bassa richiesta di GNL dato che la maggioranza delle navi esistenti non sono predisposte per essere alimentate col GNL.

Anche nella non troppo lontana Pesaro dovrebbe sorgere un impianto per la liquefazione e distribuzione di GNL da 50 milioni di euro e con una capacità di 146.000 tonnellate l’anno, nell’area della Fox Petroli, nel quartiere Tombaccia, a due passi da case e scuole. Anche questo progetto, che ha ricevuto la VIA positiva del ministero dell’Ambiente a gennaio 2025 sebbene l’insediamento sia previsto in una zona alluvionale del fiume Foglia classificata a massimo rischio idraulico, è previsto dai fondi del Pnrr.

Impianti di questo tipo generano ossidi di azoto, particolato e sostanze volatili durante le operazioni di raffreddamento del gas. A Pesaro inoltre più di sessanta residenti sono stati colpiti dagli espropri legati al metanodotto Snam, previsto per collegare la rete gas all’impianto della Fox Petroli.

Dato che non ci si fa mancare niente, le coste ravennati (così come quelle riminesi) sono gravate dai progetti per la realizzazione dei più grandi parchi eolici off-shore d’Italia. Quello di Ravenna, composto da turbine alte 170 metri con rotori dal diametro di 260 metri, dovrebbe sorgere a circa 22 km dalla costa di Lido di Dante ed è in fase autorizzativa. Fa parte del progetto AGNES, nato da una collaborazione di Agnes Holding Srl, QINT’X e Saipem e destinatario di fondi del Pnrr, che in tutto prevede l’installazione di 75 turbine offshore e impianti fotovoltaici galleggianti.

Collegato a questo progetto c’è anche la realizzazione di un elettrolizzatore per produrre idrogeno che verrà installato nell’area portuale, in prossimità delle condotte che dovranno collegare il nuovo rigassificatore alla rete Snam. Per velocizzare la pratica del progetto AGNES l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna aveva fatto approvare un’apposita risoluzione, voluta dal PD, che adottava la stessa procedura straordinaria che ha consentito l’autorizzazione del rigassificatore in soli 120 giorni.

A Ravenna l’interdipendenza storica tra politica e affari, e tra politica e imprese, è stato sempre indissolubile. E non è un caso se il Comune di Ravenna con l’ex sindaco, Michele De Pascale del PD, ora diventato neopresidente della Regione Emilia-Romagna, è da sempre favorevole al rigassificatore e all’obiettivo di Ravenna «hub del gas». I politici legati al PD hanno addirittura pensato di presentare il progetto della rigassificazione come sostenibile e legato alla decarbonizzazione e alla transizione energetica.

Occorrerà ricordare che il PD è il primo partito della Regione da decenni, quindi anche il primo responsabile del consumo di suolo, che posiziona la regione al quarto posto a livello nazionale, fattore che ha amplificato gli effetti delle passate alluvioni. La città di Ravenna detiene il primato di consumo di suolo a livello regionale.

Che tutta questa carne al fuoco su Ravenna alimenti voraci aspettative economico-imprenditoriali non è un segreto. Non a caso nella città romagnola si tiene ogni due anni l’incontro internazionale OMC Med Energy Conference and Exhibition, organizzato al Pala De André e dedicato alle aziende nel settore energetico che operano nel Mediterraneo. Col pretesto di parlare di decarbonizzazione, sostenibilità, transizione e innovazione tecnologica periodicamente questo meeting porta nella città romagnola i massimi esponenti dell’estrattivismo oil&gas e della devastazione della terra, tra cui Shell, Eni, Saipem, Baker Hughes, Rosetti Marino, Total Energies e – scontata presenza – Snam.

Tutti questi figurano come sponsor dell’iniziativa ma Snam risulta essere, assieme ad Eni, lo sponsor principale. L’edizione 2025, che si è tenuta dal 8 al 10 aprile, ha visto 370 espositori da 26 paesi diversi e la presenza di imprenditori di alto livello, milionari, top manager, petrolieri, finanzieri, ingegneri, ministri e politici di Stati che si affacciano sul Mediterraneo. Era naturalmente presente Cassa Depositi e Prestiti.

Vale la pena ricordare che per la costruzione delle opere collegate al rigassificatore sono stati assegnati contratti per un valore di 300 milioni di euro. Solamente la manutenzione e l’esercizio del rigassificatore si tradurranno ogni anno in ulteriori 30 milioni di euro di ordini e commesse.

Le ditte che si sono aggiudicate l’appalto per l’installazione del rigassificatore sono la Rosetti Marino Spa, in associazione con Saipem (mandataria) e la Micoperi, entrambe società ravennati.

La Rosetti Marino si è occupata del lato ingegneristico, l'approvvigionamento dei materiali, i lavori di costruzione e la consegna della piattaforma di ormeggio per la BW Singapore e per le navi gasiere in arrivo a Ravenna. Micoperi invece – nota per il recupero della Costa Concordia – si è occupata in particolare dell’installazione delle strutture metalliche che congiungono la nave alla piattaforma costruita dalla Rosetti Marino. Saipem assieme a Micoperi anche della realizzazione dei gasdotti a mare e a terra.

Micoperi è una società che opera in diverse parti del mondo, tra cui il Messico e il centro America, ma anche Africa occidentale e Mediterraneo, che si occupa di installazione, manutenzione e decomissioning di piattaforme, e della costruzione di tubazioni sottomarine per il trasporto di gas e petrolio per clienti del calibro di Eni, Saipem, Snam ed altri. Tra le ultime commesse ve n’è una in Congo per Eni, che riguarda l’installazione di un gasdotto sottomarino lungo 60 km, e altre per complessivi 400 milioni di euro.

La Rosetti Marino, che compare anche tra gli sponsor della OMC Med Energy Conference and Exhibition, è un gruppo che lavora da tempo nel campo della progettazione e costruzione di impianti offshore e onshore per l’oil&gas e l’eolico, non solo in Italia ma a livello internazionale, con partecipazioni in aziende in diversi paesi dell’Africa e del Medio Oriente; ma anche in Europa la sua presenza non è trascurabile, per esempio si è aggiudicata la realizzazione di parte dei lavori per le strutture di fondazione del parco eolico offshore Nordseecluster di RWE, da installare a nord dell’isola tedesca di Juist nel Mare del Nord.

Dai lavori per il rigassificatore di Ravenna e il parco eolico tedesco la Rosetti Marino ha ricavato oltre 150 milioni di euro. Presidente della Rosetti Marino è Stefano Silvestroni, uomo di Confindustria, che è anche presidente dell’Associazione Ravennate Contrattisti Off-shore di Ravenna (ROCA) con associate una quarantina di aziende del settore.

Nel passato il gruppo realizzava i suoi profitti soprattutto dalla cantieristica navale (rimorchiatori e yacht di lusso) ma poi, annusando che le commesse legate al mercato dell’energia e del gas erano in aumento, ha venduto i cantieri navali per concentrarsi su quel settore. Oggi i suoi profitti provengono quasi del tutto dalle commesse legate al settore energia. Tanto per dire, nel 2021 ha stretto un accordo con Nuovo Pignone, controllata dal gruppo statunitense Baker Hughes, uno dei più grandi al mondo nel campo dei servizi petroliferi, presente in oltre 90 Paesi, per la realizzazione di impianti di CCS, ovvero di cattura e stoccaggio di anidride carbonica. É un’azienda, la Rossetti Marino, che non disdegna nemmeno di fare affari con i supposti “nemici” dell’Europa dato che ha beneficiato di commesse della russa Lukoil anche dopo l’invasione russa dell’Ucraina e nel marzo 2023 ha portato a termine la cessione di un cantiere navale nel porto San Vitale alla Ferretti Group di Forlì, controllata dall’impresa statale cinese Weichai.
Cessione che gli è valsa 80 milioni di euro.

Anche dal bilancio 2024 di Snam, che pure detiene significative quote di altri terminal di rigassificazione italiani, nonché la piena proprietà di quelli di Panigaglia e Piombino, risulta che gran parte degli investimenti del gruppo, pari a 2,8 miliardi, si sono concentrati su Ravenna e zona limitrofa alla Romagna. Progetti tutti legati al rigassificatore, alla Linea Adriatica e all’impianto di stoccaggio della CO2. Senz’altro quest’aspetto rivela l’importanza strategica a livello nazionale di Ravenna.

Che questa sia una città strategica nei piani energetici italiani ed europei è confermato dalle parole di Stefano Venier, amministratore delegato di Snam: “Ravenna è un approdo ideale, non solo perché ospita sul suo territorio un distretto industriale di eccellenza specializzato nel settore energetico, ma anche per la sua posizione strategica capace di attrarre i flussi di gas in arrivo dall’area del Mediterraneo orientale e non solo”.


Note:

5) GNL, l’arma segreta degli USA per dominare il mondo dell’energia.
6) Il lato oscuro del boom del gas che gli Usa esportano in Europa.
7) Il corridoio Mar Baltico - Mar Adriatico che collega Austria e Slovenia ai porti di Trieste, Venezia e Ravenna.
 


 

14 maggio 2025 (pubblicato qui il 18 maggio 2025)