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Appunti sulla criminalizzazione giudiziaria del Movimento No TAV - prima parte *

di Alexik - EcorNetwork

Sin dall’inizio della lotta, e con particolare intensità negli ultimi dieci anni, l’opposizione popolare al TAV Torino/Lione si è dovuta confrontare con un livello altissimo di violenza istituzionale, di cui la  criminalizzazione penale è un aspetto rilevante.
La creazione di una corsia preferenziale per i procedimenti contro il movimento, con il coinvolgimento di  centinaia di imputati, l’esercizio dell’azione penale anche per reati “bagatellari”, l’abuso delle misure cautelari, l’utilizzo a piene mani del concorso e delle aggravanti, la particolare velocità dei processi,  la sproporzione delle condanne e delle sanzioni economiche, sono da anni parte dell’esperienza concreta dei militanti, ed evidenti a chiunque soffermi lo sguardo sul fenomeno repressivo in Valsusa.

Per questo tre  anni fa un gruppo di compagni e compagne ha ritenuto importante iniziare un’opera di archiviazione storica dei materiali processuali che rendesse possibile un’analisi più dettagliata della criminalizzazione giudiziaria nei confronti del movimento, la misurazione del fenomeno e la sua comparazione con altri campi di esercizio dell’azione penale.
Parallelamente si è provveduto alla creazione di un software per la gestione delle informazioni e dei documenti, con la costruzione (ancora in corso) di un data base ad uso degli studi legali di riferimento del movimento No TAV.

Il progetto ha tratto origine e ispirazione da un lavoro  già avviato da un militante storico della Valle. Si è sviluppato nutrendosi dei saperi di compagne e compagni provenienti dalla preziosa esperienza, maturata anche in SupportoLegale, nell’ambito del sostegno tecnico e politico agli imputati e ai legali di movimento dopo il G8 di Genova del 2001. Ha coinvolto informatici e giovani ricercatori e ricercatrici in campo giuridico,  con il sostegno della Associazione Bianca Guidetti Serra.
Si è trattato di un impegno importante,  con una grossa mole di lavoro, che ha permesso la catalogazione degli atti processuali  (nella loro parte accessibile: datazioni delle fasi, dibattimento e decisioni) per i processi aventi come imputati e imputate militanti del movimento No Tav, chiusi almeno in primo grado al 31 dicembre 2017.

Sui materiali archiviati si è appena conclusa una prima esperienza di ricerca a cura di Alessandro Senaldi,  incentrata in particolare su 151 procedimenti iscritti al Registro Generale Notizie di Reato (RGNR)  dal 2005 al 2016,  fra  i quali di 86 è stato possibile ricostruire in maniera completa la storia processuale.
La ricerca, pubblicata sulle pagine online della rivista Studi sulla questione criminale, comprende una parte quantitativa e relative valutazioni su cui è interessante soffermarsi.
Dati che confermano, in buona parte, la conoscenza maturata dal movimento attraverso l’esperienza diretta, ma che al contempo permettono una quantificazione più precisa di vari aspetti rilevanti dell’offensiva giudiziaria contro l’opposizione al TAV.


Lo sviluppo temporale della criminalizzazione giudiziaria

Il debutto della Procura e del Tribunale di Torino sul palcoscenico della vicenda TAV ha inizio nel 1998, con gli arresti di Silvano Pelissero, Edoardo Massari e Maria Soledad Rosas, e  l’iscrizione del primo procedimento penale riconducibile al progetto dell’Alta Velocità Torino Lione.
Presto la morte di Sole e Baleno irrompe come un segno anticipatorio della violenza che lo Stato sarà disposto a mettere in campo a tutela della Grande Opera, così come il processo che segue contro l’unico sopravvissuto anticipa caratteristiche della criminalizzazione giudiziaria del movimento del decennio successivo, come l’utilizzo di imputazioni per terrorismo destinate a sgretolarsi in Cassazione.

A questo episodio premonitore faranno seguito diversi anni di quiete dell’azione penale, che riprenderà lentamente fra il 2005 e il 2006, per subire poi un’impennata dal 2010.
Senaldi traccia la curva di questa evoluzione, che mostra come si passi dall’assenza di procedimenti iscritti al RGNR  nel 2009 ai 40 del 2011, 34 nel 2012, 37 nel 2013. Procedimenti che comportano il coinvolgimento di centinaia di imputati.


Tale impennata – commenta l’autore –  se per alcuni versi appare naturale conseguenza della radicalità espressa dal movimento a fronte dei primi passi concreti mossi dalla compagine promotrice, può anche essere letta come l’effetto della nascita del “Gruppo Tav”, ovvero il pool di magistrati istituito, contestualmente alle prime operazioni di implementazione dell’opera, dal procuratore capo Caselli (il 13/1/10)”.


Va detto che, se è vero che i primi passi concreti per l’apertura dei cantieri determinano l’intensificarsi delle azioni di contrasto e le relative denunce, ciò che alimenta il rapido sviluppo e i contenuti dell’azione penale è la militarizzazione della Valle.
È lo Stato che provoca lo scontro, che ne moltiplica le occasioni con il massiccio dispiegamento di truppe sul territorio, e che ne traduce l’esito in una miriade di notizie di reato, grazie anche ad una particolare ‘produttività’ a riguardo da parte della digos di Torino.

Il “Gruppo TAV” della Procura è l’ingranaggio successivo, che ha cura di adoperarsi affinché ogni denuncia contro i militanti – anche quelle relative a infrazioni minimali – si trasformi prontamente in richiesta di rinvio a giudizio, generalmente accolta dal Giudice per le Indagini Preliminari.
C’è da tener conto inoltre del fatto che gran parte dei reati contestati ai militanti No TAV – proprio quelli generati dalle frizioni con le FF.OO. (violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale – articoli 336 e 337cp) – prevedono l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero attraverso la citazione diretta a giudizio, senza passare al vaglio del GIP.

Scrive Senaldi che su 80 procedimenti da cui è stato possibile ricavare il dato, sono ben il 62,5%  quelli in cui la fase delle indagini preliminari si conclude con la citazione diretta in giudizio da parte del PM. Vi è quindi anche un meccanismo in presa diretta che collega l’efficientismo della Procura di Torino all’impennata delle iscrizioni nel Registro Generale Notizie di Reato.

Una Procura, peraltro, talmente efficiente da aver costituito il 13/01/2010 il ‘Gruppo TAV’ – con una nutrita assegnazione di personale (2 procuratori e 5 sostituti procuratore, su un organico complessivo della Procura di una cinquantina di PM) – ben prima che vi fossero reati rilevanti contro la Grande Opera su cui investigare.
I contorni di quest’ultima anomalia sono stati così delineati, tempo fa, dal Comitato Spinta dal Bass:

"Alla data della sua istituzione la sezione Tav dispone di una sola notizia di reato, relativa, tra l’altro, ad un’invasione  terreni… vale a dire un reato che più modesto e inoffensivo non si può…
E, invece, di fronte a tale fatto di evidente straordinaria tenuità … che fanno i vertici della Procura?
Decidono di dirottare imponenti risorse umane ed economiche su questo fronte repressivo, distogliendo alcuni PM dai loro normali compiti d’ufficio per destinarli ad una sezione che non aveva però, in allora, materiale su cui investigare.
La relativa sezione specializzata non nasce come risposta organizzativa alla necessità di affrontare una moltitudine di procedimenti per fatti simili (come ad esempio è avvenuto per le altre sezioni …) ma anticipa la verifica dell’esistenza di tali reati”.

La Procura è molto meno solerte, invero, quando è il momento di procedere per le denunce sporte dai manifestanti No TAV per le violenze degli agenti delle FF.OO., il cui esito si conclude sistematicamente con l’archiviazione.

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Procedimenti “ad alta velocità”

La ricerca di Senaldi fornisce una quantificazione di quanto già chiaramente riscontrato dal movimento e dai suoi legali in termini di velocità dei procedimenti nelle loro varie fasi. Partiamo dalle indagini preliminari.

Sugli 83 procedimenti in cui è possibile ricavare questo dato risulta una durata media delle indagini preliminari di 279 giorni, a confronto con il tempo medio sul territorio nazionale  (quando si tratta di reati con autore noto) di 404 giorni.
Sicuramente tale velocità trova spiegazione nella costruzione di un gruppo di PM specificamente dedicato,  o nell’ampio ricorso alla citazione diretta in giudizio da parte del PM, che salta il passaggio dal GIP.
Ma una interpretazione convincente emerge anche dall’analisi dei documenti del maxiprocesso ai No TAV1 ad opera della ricercatrice Xenia Chiaramonte:

Cronologicamente… vengono prima le annotazioni di polizia, poi il vaglio del PM … e poi il vaglio di un secondo magistrato, stavolta con funzioni giudicanti che è il giudice per le indagini preliminari.
Chi legge questi atti però si trova davanti dei testi che si citano l’un l’altro e che si avvalorano di passaggio in passaggio senza profondamente criticarsi al fine di quel profondo e sostanziale vaglio che il codice prevede. Il PM ripercorre in modo pressoché pedissequo le annotazioni della polizia giudiziaria, poi le trasferisce su un diverso documento che approda nelle mani del GIP, il quale al posto di valutarlo nel dettaglio lo conferma, e così, come analizzeremo, nel peggiore dei casi si arriva a una decisione dal tenore nuovamente troppo simile
2.

E ancora, nelle parole di una militante intervistata: “La procura è partita dalle informazioni Digos e ha finito la requisitoria con le stesse informazioni Digos, anzi si vede proprio negli atti, si vede che ci sono dei copia-incolla con gli stessi errori di ortografia presenti nelle annotazioni di servizio della polizia3.
Vale a dire: le indagini le costruisce la Digos prima dell’inizio del procedimento, e poi attraversano tal quali le varie fasi del procedimento stesso senza che i PM e che i GIP si attardino in eventuali approfondimenti, confronti con altre fonti testimoniali, confutazioni, emendamenti vari, inutili correzioni ortografiche. Un modus operandi che con tutta probabilità accorcia i tempi notevolmente.

Ma, tornando ai dati elaborati da Senaldi, se nei procedimento contro i No TAV la velocità delle indagini preliminari è notevole, quella dei processi è addirittura stupefacente.
Uno dei parametri considerati dall’autore per valutarne la misura è il tempo che mediamente passa tra un’udienza e l’altra, ovvero la media in giorni che trascorrono per ogni rinvio.
È stato possibile calcolare questo dato su 63 processi contro il movimento, con un tempo medio di rinvio di 57 giorni.
Come emerge dal  “Rapporto sul Processo Penale 2008” dell’Unione delle camere penali italiane, presso il tribunale di Torino il rinvio ad altra udienza presenta tempi medi di 102 giorni per i processi monocratici e 82 giorni per quelli collegiali, mentre, la media nazionale è di 139 giorni per i primi e 117 per i secondi.
Al di là delle medie, vi sono casi (come al maxiprocesso), dove la frequenza delle udienze è risultata talmente alta  da suscitare le vibranti proteste degli avvocati difensori del movimento, che valutavano il calendario definito dal Tribunale di Torino come lesivo del diritto alla difesa, visto che gli impediva di prepararsi adeguatamente.

Per quanto poi riguarda la durata del primo grado di giudizio dei processi ai No TAV, calcolata come tempo trascorso dalla prima all’ultima udienza, “dalla comparazione con le statistiche fornite da fonti ministeriali in tema di velocità dei processi, emerge come quelli contro il movimento siano ad “alta velocità”, ovvero, 2,5 volte più veloci della media nazionale“.

Davanti a tanta celerità verrebbe quasi da encomiare il Tribunale di Torino per i suoi livelli di efficienza, se non fosse che alla fine del 2017 lo stesso Tribunale ha registrato, come risultato della propria attività, la caduta in prescrizione del 34% dei processi, a confronto del 9,48% della media nazionale.

Detta in altri termini, mentre il 34% dei processi (riguardanti svariate tipologie di reati, dalle violenze sessuali sull’infanzia all’appropriazione indebita) si risolveva in una sentenza di non luogo a procedere per il superamento dei termini di durata, quelli contro i No TAV correvano “ad alta velocità”.
Due fenomeni del tutto coerenti: quante risorse dell’apparato giudiziario sono state dedicate, negli anni, alla tutela della grande opera, tante risorse sono state sottratte ad altre aree dell’attività giudiziaria stessa, evidentemente sacrificabili rispetto a ciò che è stato ritenuto prioritario.

Il fatto è che nella tutela della grande opera la funzione del procedimento penale non è semplicemente quella di stabilire violazioni o meno di precetti o decretare sanzioni per gli eventuali rei, ma di produrre effetti immediati sul terreno del conflitto.
Comminare sanzioni più velocemente possibile, anche anticipandole attraverso l’uso copioso delle misure cautelari, serve – o vorrebbe servire – a bloccare i militanti più attivi, dissuadere dalla lotta, sottrarre energia al movimento di opposizione, impegnandolo nelle attività di contrasto della criminalizzazione giudiziaria (difesa legale, crowdfunding, presenza ai processi, sostegno agli arrestati, ecc.).
In questo senso anche la velocità dei processi è funzionale a un uso del diritto come “diritto penale di lotta”.

Nelle parole del giurista Massimo Donini: “Adesso è il diritto stesso, nella sua ‘progettualità’ prima ancora che nella sua ‘funzione’, ad essere concepito come il mezzo per uno scopo diverso dalla semplice tutela di beni o dalla ‘giusta’  regolazione  di  rapporti…  L’autore  dei  fatti,  il  trasgressore,  è  l’avversario  che  esprime  o  rappresenta  in  modo contingente  il  fenomeno  contro  il  quale  gli  organi  pubblici  useranno  le  armi  del  diritto.  Il ‘diritto’ è dunque per gli organi pubblici, mentre i trasgressori sono destinatari di un’azione di  contrasto.  Lo  scopo  è  vincere  (non  solo  combattere)  quel  fenomeno,  e  tanto  il  diritto penale sostanziale quanto il processo ne sono direttamente coinvolti4.

Torneremo dunque, nella prossima puntata all’analisi dei processi, come espressione del “diritto penale di lotta”.

(1. Continua)

* Questo articolo è stato pubblicato anche su Carmilla online


Note:

1 Ci si riferisce al processo istruito contro il movimento per i fatti relativi allo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena del 27 giugno 2011 ed alla successiva manifestazione del 3 luglio, che ha visto il coinvolgimento di 53 imputati. 

2 Xenia Chiaramonte, Governare il conflitto. La criminalizzazione del movimento No TAV, Meltemi, 2019, p. 109. 

3 Ibidem, p. 198.

4 M. Donini, Diritto penale di lotta vs diritto penale del nemico, in: AAVV, Contrasto al terrorismo interno e internazionale, Giappicchelli Editore, 2006, p. 23. 

10 aprile 2021 (pubblicato qui il 14 aprile 2021)