*** Puglia ***

Ampliamento piste della Porsche a Nardò: pubblica utilità o interesse privato?

di Custodi del Bosco d’Arneo

Siamo in Puglia, in Salento, nel territorio di Nardò, zona caratterizzata fino all'inizio del secolo scorso, da un bosco mediterraneo oggi quasi completamente scomparso. Uno dei pochi lembi di questo antico ecosistema sopravvive all'interno dell'area occupata dai circuiti per il collaudo di auto di lusso, il Nardò Technical Center, di proprietà della Porsche Engineering. L’area è compresa nella riserva naturale regionale orientata “Palude del Conte e Dune Costiere” gestita dal Comune di Porto Cesareo. La parte meridionale è il S.I.C “Palude del Conte, Dune di Punta Prosciutto”, sito di interesse comunitario, cioè un luogo che contribuisce a mantenere viva la rete di biodiversità europea per le sue caratteristiche ambientali e paesaggistiche, secondo la Direttiva Habitat del 1992. Tra le molte specie e habitat protetti (tra cui una lecceta di circa 200 ettari) vi sono in particolare degli habitat prioritari, i “percorsi substeppici di graminacee e piante annue", che dovrebbero essere conservati col massimo rigore. L'area rappresenta quindi un sito di notevole importanza naturalistica e interessata da vincoli ambientali molto stretti che sembravano sufficienti a preservarlo da scellerati interventi antropici. Invece non è bastato.

Piani o progetti non direttamente necessari alla gestione del sito di interesse comunitario ma che possono avere incidenze significative su di esso - secondo la Direttiva Habitat - devono essere oggetto di una opportuna Valutazione d'incidenza (VINCA), tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito. L’assenso delle autorità competenti (Regione Puglia in questo caso) può avvenire solo laddove vi sia “certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica". Il Comitato VIA e VINCA della Regione Puglia afferma che "gli impatti su tali componenti sono negativi e significativi.” Anche l’ufficio Parco del Comune di Porto Cesareo, gestore della riserva naturale, ha definito “significativamente negativa e rilevante” l’incidenza dell’intervento richiesto da Porsche. Come nel presente caso di valutazione negativa, la Direttiva prevede che l’assenso può sopraggiungere solo in presenza di rilevante interesse pubblico e previo progettazione di misure compensative.

Il 10 agosto scorso la Regione ha approvato un Accordo di Programma in cui è stato reinserito l’ampliamento dell'impianto automobilistico, avallato dai Comuni di Porto Cesareo e Nardò, in nome di una sua “pubblica utilità”. Il programma prevede:

• “l’ adeguamento e miglioramento delle piste esistenti, la realizzazione di nuove piste di prova e di nuovi fabbricati all’interno dell’area di proprietà NTC”; nonché presunte opere di “interesse pubblico”:
• realizzazione di un centro di elisoccorso attrezzato con eliporto e annesse strutture sanitarie;
• realizzazione di opere di rinaturalizzazione e forestazione naturalistica;
• realizzazione di un Centro Visite polifunzionale;
• realizzazione di corridoi ecologici connessi a itinerari ciclopedonali;
• implementazione di un centro di sicurezza antincendi.

In sintesi l’intervento centrale è evidentemente l’ampliamento considerevole dell’area del Nardò Technical Center. Tutte le altre sono misure giustapposte forzosamente in un secondo momento per ottenere il nulla osta ad opere che cancellano i boschi e incidono pesantemente sull’integrità di habitat naturali preziosi e necessari nel nostro Salento martoriato.

L'eliporto lontano dagli ospedali, lo specchietto per allodole del vagheggiato e faraonico rimboschimento, la pista ciclabile isolata, il presidio antincendio (forse l’unica opera compensativa che Porsche può davvero essere interessata a realizzare) sono azioni di cura di questo territorio che gli enti pubblici preposti, anche in sinergia con i privati, dovrebbero realizzare con maggior buon senso e soprattutto a prescindere da qualsiasi tipo di speculazione, se il mandato elettorale ha un senso. Non possono diventare merce di scambio e cavalli di Troia per fornire a Porsche la giustificazione della sua strategia imprenditoriale. Si tratta di un modello di sviluppo ormai vetusto che ha provocato il desolante degrado attuale e che va abbandonato definitivamente quanto prima.

Peraltro, le valutazioni e compensazioni trascurano diversi aspetti fondamentali. Il consumo di suolo generato dalle opere comporta nuova impermeabilizzazione irreversibile aumentando i rischi idrogeologici. Gli interventi proposti non garantiscono l’integrità dell’habitat per la fauna protetta che sarebbe condannata e la cui perdita non sarebbe in alcun modo compensata. Inoltre le nuove aree che verrebbero acquisite da Porsche non saranno più disponibili per la coltivazione agroecologica e agroforestale di cui ci sarebbe enorme bisogno per garantire autosufficienza alimentare e che dovrebbero piuttosto essere promosse. Quanto alla rinaturalizzazione vegetazionale, è noto che il bosco è una comunità ecosistemica complessa, autonoma e autosufficiente, con una capacità di assorbimento di CO2 e di regolazione climatica, idrica e biogeochimica da cui tutti dipendiamo, oltremodo superiore rispetto a quella di piante giovani che hanno peraltro bisogno di molte cure e di tanta acqua e la cui sopravvivenza non è garantita.

Possiamo davvero pensare che le giovani piante che Porsche si impegnerebbe a mettere a dimora possano compensare la distruzione di un bosco secolare, soprattutto considerando la criticità dell'area, caratterizzata da terreni aridi e siccitosi e da un'acqua di falda salmastra? In second’ordine, possiamo davvero pensare che Porsche monitori costantemente per i prossimi decenni la crescita di un'enorme estensione (circa 550 ha) di riforestazione ? Progetti così vasti gestiti in modo ecologicamente competente da soggetti privati sono pressoché inesistenti, figuriamoci dove si tratti di opere del tutto accessorie agli interessi della multinazionale. Quello a cui si assiste solitamente in casi simili è che le opere d’interesse del privato vengono rapidamente realizzate, mentre le compensazioni tardano fino a scomparire quasi del tutto.

Nella drammatica crisi ecologica in cui siamo immersi ogni albero secolare dovrebbe essere considerato un alleato dal valore incommensurabile: impensabile permetterne l’abbattimento! La Regione Puglia si adopera per espropriare circa 550 ettari di terreni, di cui Porsche diventerà legale proprietaria: il tutto senza alcun coinvolgimento dell’opinione pubblica, senza promozione della dovuta interlocuzione con i gruppi più attivi e sensibili di cittadini, con una modalità coattiva del tutto impropria, irrispettosa, miope e non etica. La procedura adottata rischia di costituire un pericoloso precedente.

Singoli cittadini e associazioni attive sul territorio considerano un atto di estrema gravità l’ampliamento di una azienda privata facendolo passare per opera di “interesse pubblico”. Fra questi cittadini, molti da tempo presidiano l’area organizzando nelle immediate vicinanze del NTC eventi di sensibilizzazione ai temi della riforestazione per la lotta al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità. Alla luce dei progetti in campo, si sono costituiti in Comitato, riunendo così una parte considerevole, attiva, consapevole dell'opinione pubblica che si oppone.

Senza l’azione della società civile a difesa di questo territorio ancora una volta violentato, questo scempio sarà possibile. Faremo tutto quanto in nostro potere per impedirlo, per proteggere questa terra già strappata al latifondo negli anni '50, grazie alle dure lotte di braccianti agricoli, da cui impariamo la leggitimità e la responsabilità di custodirla. Chiediamo alla popolazione tutta di unirsi a noi, come singoli o come associazioni di cittadini che hanno a cuore il loro futuro.

Invitiamo chiunque voglia avere maggiori informazioni, mettere a disposizione le proprie competenze ed energie, aderire al Comitato, a scrivere all’indirizzo custodidelboscodarneo@gmail.com


Progetto di ampliamento della pista Porsche di Nardò 

Siamo seriamente preoccupati.  Preoccupati per come il tutto è stato gestito, per la mancanza di confronto con il territorio,  per le conseguenze che l’attuazione di questo progetto causerebbe. Non capiamo come sia stato possibile sviluppare e approvare questo piano. …Vi siete presi la responsabilità di abbattere l’ultimo bosco… senza nessun beneficio per la comunità. 

Quale strategia guida questo progetto? Cui prodest? …Tutti noi dovremmo perdere un ecosistema unico e per quale ragione oltre che per favorire gli interessi della multinazionale?

• Si è detto che il confronto con il territorio c’è stato, tanto che un paio di associazioni hanno inviato le loro osservazioni; ebbene queste due associazioni hanno saputo per caso del progetto in corso ed hanno fatto sentire la loro voce solo perché si sono parlate tra loro e le loro osservazioni, pur citate nel verbale della Conferenza dei Servizi tenutasi il 12/10/2022, sono state puntualmente ignorate. Perché si è permesso che venisse disattesa la Convenzione di Aarhus, recepita dal Governo  Italiano il cui articolo 6 regola la partecipazione del pubblico al decision-making  ambientale?

• Con allarmante tranquillità si progetta di estirpare un bosco ultracentenario (decine o forse centinaia di ettari) che oggi è l’ultimo lembo di quel polmone verde che era la  foresta di terra d’Arneo. Una terra che richiama a molti la memoria delle lotte contadine  degli anni ‘50 ma che da allora è stata esclusa da ogni visione programmatica, in parte  per la sua collocazione periferica tra 2 comuni, in parte per la pressione turistica della costa e con la stessa allarmante facilità si parla di rimboschimento in questo luogo notoriamente siccitoso dove l’emungimento dai pozzi è vietato per la salinità dell’acqua e la stessa NTC scrive: “Il NTC si trova in una regione con scarsità d'acqua, dove la pressione della rete idrica pubblica è occasionalmente ridotta al minimo, rendendo la rete stessa sostanzialmente inaffidabile. I permessi per ulteriori pozzi potrebbero essere difficili da ottenere a causa dell'uso limitato dell'acqua di falda e del fatto che i pozzi esistenti sono al loro limite di estrazione dell'acqua di falda stessa”. Come è potuto accadere che si sia approvato un tale progetto in cui non si menziona nemmeno il metodo di approvvigionamento e la prevista quantità di acqua necessaria per irrigare per 10 anni 1'200'000 piantine, quante ne sono state dichiarate nel titolone di un articolo del Quotidiano di qualche giorno fa?

• L’intero progetto è stato approvato nonostante il parere negativo dell’ente parco che ha definito “significativamente negativa e rilevante” l’incidenza dell’intervento richiesto da Porsche ed il mancato parere positivo dell’arpa (dichiarato il silenzio assenso nell’ultima Conferenza dei Servizi). È sempre lui il condannato, l’antico bosco d’Arneo, dove si trovano, protette dalla Rete Natura 2000 grazie all’Unione Europea ben 420 specie vegetali censite.
Come si è potuto permettere un previsto rimboschimento basato sull’impianto di 12 essenze selezionate, con una irrecuperabile perdita di quella biodiversità che è da proteggere? In proposito nella direttiva Habitat è implicita l’applicazione del principio di precauzione, ovvero che l’assenza di prove scientifiche sull’effetto negativo significativo di un’azione non può essere utilizzata come giustificazione per l’approvazione di tale azione.

• Nelle LINEE GUIDA NAZIONALI PER LA VALUTAZIONE DI INCIDENZA (VIncA), al paragrafo 5.2 - Determinazioni sulle Misure di Compensazione - Tempistica di adozione, localizzazione e monitoraggio delle Misure di Compensazione, si legge:
“I tempi stabiliti per l'attuazione delle Misure di Compensazione devono consentire la continuità dei processi ecologici necessari per il mantenimento delle caratteristiche strutturali e funzionali della rete Natura 2000. Le Misure di Compensazione vanno dunque concordate e attuate antecedentemente rispetto all'inizio degli interventi che possono interferire negativamente sul sito.”
Perché si è approvato un progetto che nel suo cronoprogramma prevede che la costruzione delle nuove piste (previa distruzione del bosco) avvenga prima che le nuove piante messe a dimora per compensazione siano adeguatamente cresciute?

• Con 9 nuove piste in aggiunta a quelle esistenti, ci si aspetta un considerevole aumento dell’inquinamento dell’aria, ma ancora più preoccupante è il livello previsto dell’inquinamento acustico che la stessa NTC dichiara in progetto essere pari a 60 dB nei quartieri abitati adiacenti la pista LCH e tra 70 e 100 dB nei pressi delle piste e dell’anello già esistente. Come si è potuto pensare che una tale situazione non pregiudica la salute delle persone che vivono nelle vicinanze e che tale inquinamento non interferirà negativamente sul sito Natura 2000? Persino le nuove aree destinate al rimboschimento si troveranno avvolte dai rumori che Porsche ha previsto e certificato.

• La proprietà NTC, che include il sito Natura 2000 è interamente recintato ed il progetto non prevede la rimozione di tale recinto, anzi prevede la costruzione di un nuovo gate per il controllo degli accessi nella struttura. Come si è potuto approvare un progetto che non prevede una via di fuga o un corridoio per la migrazione per gli animali selvatici e protetti attualmente rinchiusi nel recinto nel momento in cui si dovesse dare inizio ai lavori di estirpazione del bosco?

• Nei casi previsti dall'art. 6.4 della Direttiva Habitat, relativo alle Misure di Compensazione (Livello III della Valutazione di Incidenza), è necessario dimostrare innanzitutto che non ci sono Soluzioni alternative, in grado di mantenere il progetto al di sotto della soglia di incidenza negativa significativa. Siamo certi che davvero non esistessero altre Soluzioni alternative che evitassero di intaccare l’antico bosco esistente? Siamo certi che l’“Alternativa Delocalizzativa” prospettata fosse davvero l’unica possibile?

• Il Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune di Nardò, con l’approvazione avvenuta con D.G.R.P. n. 1438 del 30.05.1974, individua l’area interessata come zona D1 – Zone industriali. Il territorio del Comune di Porto Cesareo è urbanisticamente disciplinato dal Piano Regolatore Generale del Comune di Nardò, di cui era frazione prima dell’autonomia comunale avvenuta nel 1976; pertanto l’area di progetto si trova nella già citata destinazione a Zona D1 – Zona industriale, confermata con apposite delibere. Perché si continua a permettere che tale zona industriale con un tale mega-progetto di ampliamento venga approvvigionato di acqua tramite un acquedotto rurale gestito da ARIF (denominato G-29) che per dichiarazione ARIF dovrebbe servire solo le zone agricole delle Aziende Case Arse, S. Chiara e Donna Domenica e le esistenti case coloniche?

• E considerando che ARIF ha pubblicamente dichiarato e ribadito (riferito a G-28) che l’acqua erogata dall’acquedotto rurale non è potabile e che non può essere utilizzata per il soddisfacimento dei bisogni personali e familiari, ma solo per usi irrigui ed agricoli, Cosa sappiamo della potabilità di questa acqua che dovrebbe essere utilizzata negli edifici di questa “new city” in progetto che dovrebbero ottenere anche l’agibilità dai comuni interessati? 

• La Sovrintendenza (SABAP), nel suo documento del 13/10/2021 ha fatto un lungo elenco delle possibili interferenze delle nuove piste con siti archeologici e di interesse storico e addirittura scrive che “la pista Lane Change Track, di nuova realizzazione, nella zona Boncore, interferisce con le evidenze archeologiche segnalate sovrapponendosi, in parte, alle carraie messe in evidenza durante la ricognizione di superficie e visibili anche in foto aerea” databili quanto meno ad età romana. È noto che questo territorio era attraversato da una importante strada romana, convenzionalmente nota come “Via Salentina”, che congiungeva Taranto al capo Iapigio e poi ad Otranto, sull’Adriatico, passando per i centri di Manduria e Neretum (Nardò). SABAP ha comunque dato un nullaosta “a condizione che la masseria di Corte Vetere venisse ristrutturata e resa fruibile come da progetto”. È possibile che solo dopo il rilascio di questo nulla osta si sia scoperto che tale masseria Corte Vetere si trova all’interno della recinzione NTC? Perché sappiate che la ristrutturazione e fruibilità di Corte Vetere non avverrà più. (NTC scriverà successivamente: 
“Tra i più sostanziali cambiamenti proposti, l’impossibilità di realizzare un Centro Visite presso la Masseria Corte Vetere, in quanto non potrebbe essere resa fruibile al pubblico per questioni legate alla sicurezza e riservatezza del centro prove”).

• Si è notata la ostinata forzatura nel voler trasformare componenti del progetto utili e necessarie alla new city NTC Porsche in motivi di pubblica utilità: il già previsto eliporto diventa un centro di elisoccorso e la già prevista postazione dei vigili del fuoco offrirà un servizio di Anti Incendio Boschivo nel territorio. Questo è quanto è bastato per dichiarare che vi è un interesse pubblico legato alla salute umana ed un altrettanto interesse pubblico inerente alla sicurezza. Quale è l’impatto di un eliporto, con 600 voli all’anno previsti posizionato all’interno di un’area protetta (sito Natura 2000)?

Per concludere: 
Oggi Porsche decide di ampliare le sue piste, e quell’antico bosco, miracolosamente sopravvissuto, diventa d’intralcio. Bisogna abbatterlo. Per la popolazione si sta per dare inizio ad un ecocidio. La popolazione si chiede: “Come è possibile che gli interessi di una ditta privata possano essere considerati un progetto di pubblica utilità che permette l’abbattimento di un bosco ultrasecolare? Può la piantumazione di 2 o 3 giovani alberelli di vivaio compensare la morte di un albero secolare? Producono forse la stessa quantità di ossigeno? Possono dare rifugio alla stessa quantità di animali? 
Se un bosco adulto è un organismo autosufficiente in equilibrio, quante cure e quanta acqua saranno invece necessarie per far crescere nuove piante in un territorio semidesertico? Chi sorveglierà che tali cure siano assicurate per un numero di anni sufficiente a ricreare un ecosistema?
E gli animali che attualmente vivono nel bosco, dove andranno? che fine faranno? Per dar loro una possibilità di sopravvivenza bisognerebbe aspettare alcuni anni, o decenni, affinché il nuovo bosco sia sufficientemente cresciuto, prima di abbattere il “vecchio”. La Porsche può aspettare?”

Ultima considerazione, ma non meno importante, è di ordine etico. Un intero bosco vivente può essere trattato alla stessa stregua di un oggetto inanimato? È così banale la “compensazione”? E la Vita è un diritto inalienabile solo per gli esseri umani, oppure esiste un diritto alla vita anche per piante e animali?

Diciamo che Regione Puglia non ha compreso bene la gravità della situazione ed è opportuno bloccare e rivedere il tutto evitando danni peggiori, anche di immagine, evitando una possibile e probabile infrazione comunitaria per la mancata applicazione delle misure di conservazione previste dalla direttiva Habitat.


 

08 gennaio 2024 (pubblicato qui il 11 gennaio 2024)