Semi di malcontento: la legge sulle sementi del Kenya mina la resilienza degli agricoltori

di Claire Nasike Akello

La legislazione sulle sementi del Kenya privilegia le multinazionali, indebolendo la diversità genetica del sistema alimentare del paese, emarginando le persone che nutrono il paese.


Una causa legale di portata storica sta mettendo a dura prova il Seed and Plant Varieties Act (legge sulle sementi e sulle varietà vegetali), che rende illegali le antiche pratiche di conservazione, condivisione e vendita di sementi non certificate.  La legge mette in primo piano i diritti di proprietà intellettuale dei “costitutori” commerciali, a scapito dei diritti degli agricoltori, della sovranità alimentare, della biodiversità agricola e del patrimonio culturale. A Machakos, il27 novembre 2025 l'Alta Corte del Kenya si pronuncerà  in merito a un caso storico che potrebbe rimodellare il sistema alimentare del Paese. Presentata da quindici piccoli agricoltori provenienti da tutto il paese, la petizione contesta alcune disposizioni del Seed and Plant Varieties Act (Capitolo  326), che rendono illegali la condivisione e la vendita di semi non certificatipratiche secolari che hanno sostenuto le comunità e preservato la biodiversità agricola per generazioni in Kenya.

Il caso è stato esaminato il 20 maggio 2025 davanti al giudice Ruto, tre anni dopo la sua presentazione nel luglio del 2022. Avendo lavorando a stretto contatto con la ricerca e il coordinamento di quest’azione legale, ho assistito all'incrollabile determinazione di questi agricoltori nella rivendicazione del loro diritto fondamentale alle sementi sin dal giorno in cui hanno presentato la petizione.  Purtroppo, una delle firmatarie, Anna Wanza, è venuta a mancare prima di conoscere la sentenza del caso che avrà un forte impatto sulla sopravvivenza di agricoltori come lei. Per molti piccoli agricoltori africani, la sovranità sulle sementi è il fondamento del loro sostentamento, piuttosto che un concetto astratto. È la difesa dell’autonomia contro le punitive leggi sulle sementi che rischiano di trasformare gli agricoltori in dipendenti delle imprese multinazionali delle sementi, privandoli della libertà di ottenere una varietà o conservare, scambiare e vendere i semi che nutrono le nazioni del continente.
 

Breve storia delle leggi sulle sementi del Kenya

Nel Kenya pre-indipendenza, tra il 1954 e il 1959 il piano Swynnerton gettò le basi per la formalizzazione dell'agricoltura, influenzando la direzione legale e politica che sarebbe poi seguita.  Dopo l'indipendenza, il Sessional Paper 10 (documento parlamentare n.10) del 1965 lasciò allo Stato il controllo dell'economia. Di conseguenza, lo Stato ha individuato il settore sementiero come prioritario e hacercato di assumere il controllo della filiera dei semi delle principali colture alimentari, dalla selezione varietale alla moltiplicazione fino alla distribuzione, come osservato da  Dr Peter Munyi e Bram De Jonge. Questa direzione proseguì con la strategia per la rivitalizzazione dell'agricoltura del 2004 promossa dal presidente Mwai Kibaki per migliorare le prestazioni agricole nel paese, e la politica nazionale delle sementi del 2010, importante precursore della legge sulle sementi e sulle varietà vegetali del 2012. Il Seed and Plant Varieties Act (Capitolo 326), approvato il 16 maggio 1972, riflette la direzione prevista dal piano Swynnerton. Questa legge parlamentare conferisce al governo l'autorità di regolamentazione sulle transazioni di sementi, tra cui protocolli di analisi e certificazione, importazione, diritti dei costitutori vegetali, diritti degli agricoltori e protezione delle varietà vegetali. Dalla sua promulgazione, la legge ha subito diverse modifichenel 1998, 2002, 2012, 2016 e ora una proposta di revisione nel 2025. Tra queste, l'emendamento del 2012 è particolarmente significativo, in quanto ha introdotto diverse sezioni controverse che minavano fondamentalmente i diritti degli agricoltori. Questa modifica è il risultato dell' emendamento alla legge sulle sementi e sulle varietà vegetali sponsorizzato in parlamento dall'allora Ministro dell'Agricoltura Sally Kosgei e promulgato il 4 gennaio 2013.
La modifica ha introdotto disposizioni strettamente allineate con l'International Union for the Protection of New Varieties of Plants (UPOV) del 1991 (legge della Convenzione internazionale per la protezione delle novità vegetali).
Questa conformità con l'UPOV del 1991 ha posto l'accento sui diritti di proprietà intellettuale, sui diritti dei costitutori e sulla protezione delle varietà vegetaliprincìpi che spesso danno la priorità ai costitutori a fini commerciali e agli interessi delle multinazionali rispetto a quelli di piccoli agricoltori. In precedenza, nel 2009, l'allora Ministro dell'Agricoltura William Ruto aveva approvato una normativa complementare sulle prove nazionali di performance, compresi i diritti dei costitutori di sementi (Plant Breeders Rights, PBR) e le liste nazionali delle varietà. Ciò ha avuto un'influenza significativa sul Seed and Plant Varieties Act del 2012, in quanto ha stabilito le procedure per la valutazione delle prestazioni delle nuove varietà vegetali per varie zone agro-ecologiche in tutto il paese.

Nel suo libro  Globalisation and Seed Sovereignty,  (Globalizzazione e Sovranità delle Sementi), la dottoressa Clare O’Grady Walshe osserva che vi fu un’intensa attività di lobbying da parte di attori del settore sementiero, come la Seed Trade Association of Kenya (STAK), la Plant Breeders Association of Kenya (PBAK) e il KEPHIS, durante la revisione del Seed and Plant Varieties Act del 2002 (Capitolo 326).
In particolare, nessun agricoltore o organizzazione della società civile era rappresentato nell'équipe costituita dal Ministero dell'Agricoltura nel 2006 per rivedere le sezioni della legge in questione. L'emendamento del 2011 ha introdotto l'articolo 19(1) nella legge principale (Capitolo  326), concedendo i diritti dei costitutori commerciali per 20 anni dalla data della concessione, o 25 anni nel caso di alberi e viti. Inoltre, ha inserito una nuova definizione di costitutore, ovvero "una persona che ottiene o scopre e sviluppa un seme o una varietà vegetale, e include il datore di lavoro di tale persona". Questa definizione è estremamente vaga. Lascia aperta la possibilità che un costitutore possa “scoprire” una varietà vegetale utilizzata da una comunità, ma non elencata nell’indice ufficiale e registrarla come propria invenzione: uno scenario che potrebbe mettere a rischio le sementi degli agricoltori e persino equivalere alla biopirateria.

È interessante notare che nell' Articolo 1 della Convenzione UPOV del 1991 la definizione di "costitutore" è identica: "la persona che ha creato o che ha scoperto e messo a punto una varietà". Questa stretta corrispondenza tra la legge keniota e l'UPOV del 1991 sottolinea come l'emendamento fosse inteso a garantire il rispetto delle disposizioni restrittive e punitive del trattato. Ai sensi della Sezione 20(1) e 20 (1A)(1C) del Capitolo 326, un costitutore detiene diritti esclusivi e esigibili su una varietà protetta, inclusa la sua produzione, vendita, esportazione, importazione e persino materiale raccolto derivato senza autorizzazione. Questi diritti si estendono a nuove varietà essenzialmente derivate o indistinguibili dall'originale, garantendo ai costitutori un controllo generale su un'ampia gamma di materiali genetici. Poi sono arrivate le inclusioni punitive attraverso la Sezione 10, sottosezioni 4(d), (e) e (f) della legge modificata. Queste clausole impongono multe fino a un milione di scellini kenioti o una pena detentiva di due anni a qualsiasi persona che, pur non essendo registrata come commerciante di sementi, importa, lavora o confeziona sementi per la vendita; vende o espone per la vendita qualsiasi seme che non corrisponde alla descrizione in un certificato richiesto; offre in vendita sementi che non soddisfano gli standard di certificazione o che sono state respinte in qualsiasi fase della certificazione. Queste sezioni prendono di mira i piccoli agricoltori, la maggior parte dei quali opera attraverso sistemi informali di sementi che non soddisfano i criteri formali di certificazione. In effetti, i sistemi informali di sementi forniscono almeno il 78% delle sementi utilizzate nella produzione alimentare keniota. Questi semi vengono conservati, scambiati e venduti localmente, costituendo la spina dorsale della produzione alimentare in Kenya, eppure questa legge rende illegali tali pratiche, a meno che gli agricoltori non si conformino a processi di certificazione costosi ed esclusivi.

Il Kenya non è il solo ad applicare rigide leggi sulle sementi. Altri paesi africani aderiscono all'UPOV del 1991, una convenzione che stabilisce regole severe per la protezione delle varietà vegetali. Tra questi vi aderiscono Ghana, Egitto, Tanzania, Marocco e Tunisia. Il Sudafrica aderisce all'UPOV del 1978.Altri diciassette paesi africani , tra cui Burkina Faso, Benin, Togo, Mali e Mauritania, sono vincolati all'UPOV del 1991, attraverso la loro appartenenza all'Organizzazione Africana per la Proprietà Intellettuale (OAPI). Le leggi nazionali conformi all'UPOV del 1991 sono spesso severe, trattando la condivisione, la conservazione e lo scambio di semi come reati penali. In maniera analoga alla legge keniota, il Plant Variety Protection Act  (legge sulla protezione delle varietà vegetali )del 2020 del Ghana stabilisce una pena detentiva minima di dieci anni in caso di violazione dei diritti di proprietà intellettuale dei costitutori di piante. Questa legge è stata  contestata da diversi gruppi di agricoltori, come il Sindacato generale dei lavoratori agricoli. Secondo il Sindacato, infatti, la criminalizzazione della vendita e dello scambio di varietà di sementi protette promuove l'uniformità e mina la diversità delle sementi.

Una situazione simile si è verificata in India, paese che non è membro UPOV. Tra il 2020 e il 2021, gli agricoltori hanno organizzato massicce proteste in risposta agli sforzi del governo per allineare le leggi agricole agli interessi delle imprese. La preoccupazione principale erano le leggi che consentivano ai commercianti e alle aziende di acquistare direttamente dagli agricoltori al di fuori dei mercati regolamentati, senza pagare tasse o commissioni. Gli agricoltori temevano una riduzione degli acquisti governativi di riso e grano a prezzi garantiti, danneggiando in particolare i coltivatori del Punjab e dell'Haryana. Durante questo periodo, la pressione e l'incertezza create da queste leggi hanno contribuito a una tragica ondata di suicidi degli agricoltori.
Alla fine, il Primo Ministro indiano Narendra Modi ha abrogato le leggi controverse, placando un anno di proteste. L'India ha storicamente cercato un equilibrio tra i diritti degli agricoltori e quelli dei costitutori attraverso la sua legge del 2001, il Protection of Plant Varieties and Farmers’ Rights Act (legge sulla protezione delle varietà vegetali e sui diritti degli agricoltori, PPVFR).
Sebbene in gran parte modellata sull'UPOV, la legge protegge le nuove varietà, le varietà esistenti e le varietà essenzialmente derivate, proteggendo contemporaneamente i diritti degli agricoltori di conservare, utilizzare e scambiare i semi. Inoltre, consente agli agricoltori di rivendicare determinati diritti di proprietà intellettuale sulle proprie varietà.

Si rivela un modello preoccupante in cui le leggi sulla protezione delle sementi e delle varietà vegetali sono sempre più utilizzate come strumenti di controllo piuttosto che di conservazione, escludendo gli agricoltori dai propri sistemi di sementi e soffocando l'innovazione. Come Oyunga Pala ritrae nel suo articolo "In Search of Grandmother’s Osuga Seed" , (Alla ricerca dei semi di Osuga della nonna) la perdita di semi indigeni riflette non solo un cambiamento nell'agricoltura, ma una più profondaerosione del patrimonio culturale e dell'autonomia degli agricoltori. La legge keniota sulle sementi, così come è attualmente formulata, rischia di accelerare questa perdita penalizzando proprio le persone che nutrono la nazione. 

I semi come diritti umani e culturali

Il caso posto all'esame dell'Alta Corte di Machakos non è quindi solo una questione di legalità, ma anche di diritti umani. L'articolo 43 della Costituzione del Kenya garantisce a ogni cittadino il diritto all'accesso ai beni alimentari. L'articolo 11, paragrafo 3, lettera b) impone al Parlamento di proteggere la proprietà e l'uso delle sementi e delle varietà vegetali autoctone da parte delle comunità locali. Gli articoli 28 e 43 sostengono i diritti alla dignità e ai mezzi di sussistenza. A livello internazionale, il Kenya è vincolato da trattati come la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini (UNDROP) e il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura. Entrambi affermano i diritti degli agricoltori di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi.
Il relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto all'alimentazione, il professor Michael Fakhri, sottolinea che “il diritto all'alimentazione è il diritto alla vita”. Nonostante le garanzie costituzionali, il Kenya non dispone di una legislazione che protegga i diritti dei contadini di conservare, condividere e vendere le sementi, ma si allinea con la Convenzione Internazionale per la Protezione delle Nuove Varietà (UPOV del 1991), che favorisce fortemente i costitutori a fini commerciali e limita la conservazione, lo scambio e la condivisione dei semi da parte degli agricoltori. 
Inoltre, vengono privilegiate multinazionali come Bayer e Syngenta, che fanno parte dei quattro giganti dell'agrochimica, che controllano oltre il 60% del mercato globale delle sementi. Il loro modello si basa su brevetti e licenze anziché sulla libertà degli agricoltori. Questa concentrazione di potere indebolisce la diversità genetica del nostro sistema alimentare ed emargina le stesse persone che ci nutrono.
L'applicazione di leggi che privilegiano sistemi di sementi uniformi e commerciali rispetto a quelli diversificati e selezionati dagli agricoltori mina la nostra sovranità alimentare e sementiera. Ancora più drammatico, questo sistema equivale a un furto silenzioso dei beni comuni in cui le aziende dipendono dalle risorse genetiche sviluppate nel corso delle generazioni dalle comunità agricole, ma negano a queste stesse comunità il diritto di utilizzare liberamente le proprie innovazioni, imponendo brevetti e leggi sulla proprietà intellettuale.

Più un paese protegge gli agricoltori come custodi dei sistemi di sementi, più difende il diritto all'alimentazione e alla vita. Il diritto di seminare non è separato dai diritti umani: è il suo fondamento. Senza l'accesso a sementi adattate localmente, la sovranità alimentare resterà un mito e la promessa della dignità umana rimarrà incompiuta. Rendere illegale la condivisione dei semi significa quindi rendere illegale la vita stessa insieme alla cultura, alla biodiversità e alla resilienza della comunità. In tempi di crisi, sono questi sistemi di sementi locali che permettono il nostro sostentamento. Durante la pandemia da COVID-19, molte comunità agricole rurali sono sopravvissute perché facevano affidamento su sementi conservate e scambiate, non su catene di approvvigionamento commerciali.
Di fronte ai cambiamenti climatici, gli agricoltori hanno bisogno di sementi che siano resilienti, non uniformi. I sistemi gestiti dagli agricoltori sono dinamici e in continua evoluzione in termini di risposta a parassiti, clima, suolo e specifiche esigenze nutrizionali delle comunità. Lo scambio di semi non è solo un atto di solidarietà: è un gesto di scienza, generatore di nuove varietà, conoscenza e resilienza. La conservazione avviene attraverso l'uso, i semi si adattano quando vengono coltivati, salvati e condivisi. Quando le leggi impediscono agli agricoltori di utilizzare le proprie sementi, vengono derubati sia del patrimonio sia dell'innovazione. La vera resilienza non può essere ingegnerizzata in laboratorio o dettata dalla legge sulla proprietà intellettuale.
La sovranità appartiene al popolo del Kenya secondo l'articolo 1 della Costituzione keniota, e se i kenioti vogliono sistemi alimentari resilienti, bisogna lavorare per sistemi di sementi resilienti. Si inizia con l'elaborazione di regolamentazioni che proteggano i piccoli agricoltori dalle multinazionali. Si inizia con la mobilitazione dei piccoli agricoltori che nutrono questo Paese, per difendere il loro diritto alle sementi. L'Alta Corte di Machakos ha ora un'opportunità storica di allineare le leggi sulle sementi del Kenya con le realtà vissute dal suo popolo, perché le sementi non sono un lusso, sono la vita.


* Claire Nasike Akello è attivista per la sovranità alimentare e delle sementi, agroecologa e la fondatrice della Humming Bird Foundation, un progetto di orti scolastici in Kenya.

--> Tratto da Progressive International. Disponibile in arabo, francese, inglese, portoghese, spagnolo.
 


Immagini:
1) Immagine tratta dall'articolo originale.
2) WIPO UPOV HQ, by Ville Oksanen from Finland, Wikimedia Commons.
3) 2020 Indian farmers' protest - sitting protest, by Randeep Maddoke; randeepphotoartist@gmail.com, Wikimedia Commons.
4) Immagine tratta da https://defendingpeasantsrights.org.
5) 2021 STOP UPOV protest Geneva, by Barolome,  Wikimedia Commons.

 

20 ottobre 2025 (pubblicato qui il 21 ottobre 2025)