Estrattivismo, conflitti e resistenze

di Tatiana Roa Avendaño, Luisa María Navas (a cura di)

I conflitti socio-ambientali (ecologico-distributivi) che la Colombia sta vivendo sono antichi e negli ultimi anni si è generalizzata in Colombia la consapevolezza delle loro reali dimensioni. In questa chiarezza interviene in maniera notoria la crescente ondata di resistenza al modello estrattivo, dei popoli e dei diversi attori sociali, rendendo visibili i danni provocati dal modello e mostrando l'urgenza di mettere in discussione le convinzioni prevalenti sullo sviluppo. Insieme alla difesa dei propri territori e dei beni comuni, si delineano proposte volte a garantire la vita in tutte le sue forme.

Proponiamo qui sotto la traduzione in italiano dell'introduzione alla raccolta di saggi contenuti in questo testo, che riteniamo di grande interesse e attualità  


Extractivismo, Conflictos y Resistencias
Tatiana Roa Avendaño, Luisa María Navas (a cura di)
Bibiana Duarte Abadía, Danilo Urrea, Diego Cardona Calle, Juan Felipe Harman, Jaime Moreno Quijano, Jairo Hernán Álvarez Tamayo, Juan Pablo Soler Villamizar, Tatiana Rodríguez Maldonado
Censat Agua Viva – Amigos de la Tierra Colombia, Bogotá, 2014 - 309 pp.    

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INTRODUZIONE

Il libro Extractivismo, Conflictos y Resistencias è una raccolta di esperienze di varie organizzazioni e articolazioni sociali colombiane, presentate sotto forma di ricerca e analisi su cosa oggi significhi l'estrattivismo per la Colombia.  A questo fine sono stati utilizzati vari concetti e nozioni che spiegano il punto di vista della riflessione. Questa introduzione mette in evidenza le nozioni di colonialità, reprimarizzazione dell'economia, finanziarizzazione della natura e conflitti socio-ambientali (o ecologico - distributivi), che sono concetti strettamente correlati. Ovviamente anche la nozione di estrattivismo.

L'estrattivismo si riferisce ai mezzi per "estrarre" dalla natura componenti essenziali per il suo equilibrio, come l'acqua, i nutrienti del suolo, gli idrocarburi, l'energia, la biomassa, tra gli altri.  Detta estrazione è determinata da criteri di sfruttamento e non di approvvigionamento, è orientata ad accumulare capitale, cioè a soddisfare l'obiettivo principale del sistema capitalista.
La conseguenza di quanto sopra non è stabilire o rispettare principi, limiti o numeri di ciò che si desidera estrarre.  Questo carattere è ciò che differenzia l'estrattivismo dall'uso che le popolazioni e le comunità locali fanno del patrimonio naturale esistente nei loro territori. Ad esempio, il modello agroindustriale accoglie e rappresenta questi tratti distintivi dell'estrattivismo. Lo rappresentano anche grandi impianti minerari, idroelettrici e di estrazione petrolifera e forestale.

L'estrattivismo di cui ci occupiamo qui [in Colombia, NdT] esiste da molto tempo ed è esacerbato dalla colonialità nelle sue diverse fasi. Ora assume nuove forme, materie prime, mezzi di estrazione, che gli conferiscono un carattere particolare. Per colonialità intendiamo una maniera sintetica di riferirsi alla matrice o all'ordine di potere coloniale (Mignolo 2009), che ha radici nella cosiddetta epoca della la Colonia, vissuta tra il XV e il XIX secolo. Questo ordine coloniale si rinnova e attualizza, e per questo può anche essere definito come una nuova tappa della colonizzazione. La colonialità si manifesta oggi nella dipendenza dall'estero del paese per aspetti quali la costruzione delle politiche e la regolamentazione delle leggi in materia forestale.  In questi ambiti prevalgono gli interessi delle compagnie straniere.

Su questo aspetto la situazione del paese rientra nel trend generale dell'America Latina, dove diversi paesi e blocchi egemonici si sono lanciati nella riconquista della ricchezza naturale della regione, questione che porta alla nozione di reprimarizzazione, perché si riferisce proprio al fatto che questa ricchezza naturale è la fonte delle materie prime per il modello economico.

La reprimarizzazione dell'economia è l'altra faccia della medaglia dell'ordine di potere coloniale o colonialità. È il ritorno dei paesi latinoamericani alla specializzazione produttiva nel settore delle materie prime (minerali, prodotti agricoli, idrocarburi, acqua) con la conseguente perdita di dinamismo del settore industriale nella regione (Pérez, 2014). Questo ritorno ripropone il ruolo [di questi paesei NdT] nella divisione internazionale del lavoro e della natura, in quanto esportatori di materie prime e risorse energetiche per lo sviluppo del processo metabolico del sistema economico mondiale.

La novità di questa reprimarizzazione  riguarda la relazione con la divisione internazionale del lavoro, che ora dipende dall'esistenza di un capitale globalizzato.  Questo capitale ha i suoi agenti, che sono le istituzioni finanziarie internazionali e le multinazionali, ed entrambe hanno imposto al pianeta quella divisione del lavoro e della natura in cui i paesi del Sud sono i fornitori di materie prime dei paesi del Nord e a partire da quella funzione hanno riconfigurato la base delle loro economie. Pertanto, i paesi che ipotizzano questo ritorno all'economia primaria ottengono la maggior parte del loro reddito economico dal settore estrattivo. Ma questa forma di economia, la sua espansione e approfondimento, si confronta con le comunità contadine, nere e indigene che sono territorializzate nei luoghi in cui opera, dove avviene lo sfruttamento, e quindi ricevono gli impatti [negativi NdT] dello sviluppo. Inoltre, queste comunità e popolazioni non sono state coperte con politiche adeguate alle loro realtà territoriali e ai loro stili di vita, aumentando così il conflitto.
Di fronte alla crescente crisi economica che sta attraversando il mondo del capitale, e che porta anche a lotte sociali per la perdita dei mezzi di sussistenza, per la reprimarizzazione  economica e il super-sfruttamento della natura, il sistema escogita nuovi modi di accumulare, strategie di ordine finanziario a cui viene dato il nome di finanziarizzazione della natura.


Circa 10 anni fa in Colombia si è cominciato a parlare di finanziarizzazione per riferirsi al campo dell'economia in termini generali.
La campagna nazionale En Deuda con los Derechos, promossa da diverse organizzazioni non governative e sociali, ha portato la discussione sulle nostre condizioni. Negli ultimi tempi il tema si è spostato sulla natura. Nello specifico, si tratta dell'esistenza di nuove forme di transazione della natura, sempre più estese, finalizzate alla creazione di titoli di proprietà sul patrimonio naturale. L'obiettivo è commercializzare la natura sui mercati internazionali e speculare con questo tipo di scambio. Questo passaggio avviene dopo decenni di mercificazione di beni come l'acqua e l'energia, dopo anni di privatizzazione dei beni comuni. È stato il modo in cui le società transnazionali hanno acquisito il loro controllo strategico.

La finanziarizzazione della natura è il passaggio dalla privatizzazione dei beni naturali - attraverso la loro mercificazione con l'allocazione e la standardizzazione dei prezzi - alla conversione del patrimonio naturale in attivi finanziari, soggetti a transazioni di borsa ed ai mercati speculativi internazionali. Nonostante la natura finanziaria della strategia, la finanziarizzazione della natura implica il controllo politico dei territori, spesso assicurato con strategie di militarizzazione, ed è generata da agenti che non partecipano al circuito produttivo e sono di origine transnazionale. La finanziarizzazione della natura porta a sua volta alla perdita del controllo popolare dei territori che, convertiti in attività finanziarie, vengono controllati da agenti esterni per garantirne la disponibilità e l'utilizzo sui mercati. Ebbene, la reprimarizzazione dell'economia e la finanziarizzazione della natura acutizzano i conflitti socio-ambientali o i conflitti ecologico-distributivi. I paragrafi del libro descrivono le cause di questi conflitti per l'accesso ai beni comuni, l'esacerbazione degli impatti territoriali e l'aumento delle condizioni sfavorevoli per la dignità della vita della popolazione e degli ecosistemi.

Le elaborazioni di questo libro sono guidate dall'approccio dei conflitti socio-ambientali o ecologico-distributivi. 
Il conflitto è inteso come il risultato dell'emergere di un rapporto di disuguaglianza, subordinazione, ingiustizia o omissione che provoca danni,  deteriora la qualità della vita,  le opportunità delle persone e i loro mezzi di sussistenza. Il conflitto sociale nasce al manifestarsi dell'opposizione tra vari agenti sociali nel quadro di una base sociale diseguale (Pérez, 2014). In particolare, il conflitto socio-ambientale può essere definito come la manifestazione di contraddizioni sociali nel rapporto tra esseri umani e natura. Gran parte delle lotte che avvengono come conseguenza del modello di sviluppo e della sua determinante politica estrattiva è dovuta all'appropriazione del patrimonio naturale da parte di diversi attori e strategie, e genera opposizione sociale da parte di chi accede alla natura come mezzo per vivere, sostentamento per le comunità e appagamento di valori etici ed estetici. I conflitti socio-ambientali si configurano quindi come dispute che sorgono nei territori quando i diritti di alcuni gruppi sociali vengono violati a favore degli interessi di altri. Ciò si verifica quando aziende o enti irrompono nei luoghi e privatizzano beni comuni, impediscono ai loro abitanti di accedervi, generano rifiuti tossici, inquinano, promuovono la biopirateria o mettono in atto pratiche dannose. Così, le dinamiche naturali, i flussi della vita, vengono infranti.

Anche i conflitti socio-ambientali danno origine a lotte, poiché l'estrazione del patrimonio naturale corre parallelamente all'espropriazione, contaminazione e / o appropriazione di tali beni. Le lotte sono richieste di miglioramento della qualità della vita, per la garanzia del diritto di rimanere nel territorio, di godere di un ambiente sano, per il ripristino dei propri mezzi di sussistenza e il rispetto dei propri modi di vivere tradizionali. Da parte loro, gli agenti di queste lotte sono generalmente soggetti collettivi che si rendono visibili attraverso strategie di mobilitazione e resistenza costruite da loro stessi.

 

31 dicembre 2013 (pubblicato qui il 13 marzo 2021)