“La Chapada è nostra, la Chapada è del popolo, ed è solo lottando che sarà nostra di nuovo” 13
Nella Chapada do Apodi, situata tra gli Stati del Ceará e di Rio Grande do Norte e parte della microregione del Basso Jaguaribe, si trovano le contadine dell'accampamento Zé Maria do Tomé, nel comune di Limoeiro do Norte/Ceará, e della comunità Tomé, a Quixeré/Ceará. L'accampamento Zé Maria do Tomé è il risultato di una grande occupazione realizzata nel maggio 2014, durante la quale sono entrate in resistenza più di 100 famiglie provenienti da varie parti della regione, mobilitate dal Movimento dos Trabalhadores e Trabalhadoras Rurais Sem Terra (MST). L'accampamento prende il nome da un contadino di Limoeiro do Norte che ha lottato contro il modello agricolo convenzionale, l'irrorazione aerea di pesticidi e la concentrazione delle terre da parte delle grandi compagnie dell'agrobusiness. Zé Maria è stato assassinato nel 2010 e, a distanza di 13 anni, il processo non ha ancora avuto luogo, essendo stato rinviato innumerevoli volte dai tribunali statali.
Vale la pena notare che nel Ceará, terzo esportatore di frutta del Brasile dopo Pernambuco e Bahia, la frontiera dell'agrobusiness è stata ampliata dallo Stato attraverso politiche di irrigazione, come la costruzione di perimetri irrigui: Morada Nova nel 1968, Jaguaruana nel 1975, Jaguaribe-Apodi nel 1987 e Tabuleiro de Russas nel 1992. La realizzazione di questi progetti, finalizzati principalmente all'esportazione agroindustriale soprattutto di frutta come banane, meloni, angurie, papaie, ananas e mango, ha comportano un uso intensivo di pesticidi e acqua che, insieme ad altri progetti infrastrutturali come strade di accesso e aeroporti, hanno intensificato i conflitti associati all'acqua e alla terra nella regione. Tra le principali imprese agroindustriali che operano nel settore della frutta nel Basso Jaguaribe vi sono: Agrícola Famosa, Del Monte, Itaueira, Frutacor, Banesa e MeriPobo. A queste si aggiungono innumerevoli altre aziende di piccole, medie e grandi dimensioni14.
Si tratta di imprese che modificano la struttura fondiaria, promuovendo il land grabbing e l'invasione delle terre pubbliche, acquistando e appropriandosi privatamente di grandi e piccole proprietà. Uno studio condotto da un professore dell'Università Federale di Rio Grande do Norte, ad esempio, ha rivelato che solo sei imprese concentrano nelle loro mani circa 35.000 ettari nella regione15. Queste imprese hanno esacerbato i processi di deterritorializzazione, escludendo i contadini e le organizzazioni rurali16.
L'uso di pesticidi ha causato trasformazioni nella biodiversità, nella qualità del suolo, dell'aria e dell'acqua, aumentando i casi di cancro, le malattie respiratorie e le malformazioni congenite nei neonati. Come una delle modalità per affrontare questa situazione di violazione dei diritti e di ingiustizia ambientale è nato l'Acampamento. Ecco come Rosimeire, militante del MST, racconta la storia:
Oggi stiamo resistendo, non solo nella Chapada ma soprattutto qui, alla questione dell'agro-idro-minerario e dell'agrobusiness. Quindi le donne non lottano solo contro l'agrobusiness, c'è anche la questione della resistenza per l'acqua. Come faremo a sopravvivere in un territorio dove non abbiamo accesso all'acqua? L'acqua passa attraverso le nostre case, passa attraverso le nostre terre per andare verso la grande azienda e noi non possiamo averla (...) E questo sconvolge noi donne, perché siamo noi a doverci preoccupare: dove andremo, dove andrà la famiglia, come faranno queste donne a mantenersi? Non rispettano la nostra cultura, non rispettano i nostri spazi, non rispettano i nostri corpi17.
L'accampamento di Zé Maria do Tomé è un territorio in costante disputa, soprattutto perché ha un terreno molto fertile e per la disponibilità di acqua nel perimetro irriguo che attraversa tutto l'accampamento. Tuttavia, essendo temporaneo fino all'ottenimento del titolo di proprietà, si verificano continui scontri con le imprese e con lo Stato, attraverso l'azione del Dipartimento nazionale delle opere contro la siccità (DNOCS) e delle forze di sicurezza. Dato che l'insediamento delle famiglie non è stato risolto, oltre all'isolamento da parte dell'industria frutticola si sono verificati continui casi di violenza e minacce di sfratto e di criminalizzazione della lotta. Nel settembre 2021, ad esempio, uomini armati hanno invaso l'accampamento e sparato contro la comunità18.
Altre conseguenze dell'avanzata dell'idro-agrobusiness sono la migrazione delle persone in cerca di lavoro nelle grandi aziende produttrici di frutta, l'aumento della violenza fisica, sessuale e psicologica e l'uso di droghe lecite e illecite. Questi fatti rendono evidente che, nei vari territori in cui vengono installati i grandi progetti infrastrutturali, gli impatti sulla vita delle donne sono molteplici.
Una parte significativa delle terre della Chapada è stata occupata dalle comunità rurali, che erano state espropriate in precedenza per permettere la costruzione di opere di irrigazione e che, da alcuni anni, le stanno recuperando. È anche importante notare che, come risultato della lotta dei contadini della regione, nel 2019 l'Assemblea legislativa dello Stato del Ceará ha approvato all'unanimità una legge che vieta l'irrorazione aerea sullo Stato. Le donne affermano però che, con la connivenza dello Stato a causa della mancanza di ispezioni, le aziende stanno aggirando questa legge irrorando i pesticidi attraverso i droni, utilizzati anche per monitorare le azioni del Movimento, che finiscono per allontanarsi dal luogo in cui dovrebbero essere utilizzati e, spinti dal vento, vanno a colpire diverse località.
Nelle storie qui presentate – su Cumbe e Chapada do Apodi - troviamo una situazione in cui le donne sono fisicamente e mentalmente malate e si sentono sovraccaricate dalle molteplici giornate di lavoro. Le donne devono combinare la cura della famiglia, della casa e della comunità. In altre parole lavorano a casa e fuori casa e affrontano comunque le varie sfide della militanza che - nel clima politico del governo dell'ex presidente Jair Bolsonaro e nello scenario pandemico - ha richiesto una maggiore partecipazione e impegno con le agende dei movimenti, con incontri, riunioni e scontri richiesti dalla lotta per i diritti. In altre parole, la lotta delle donne di Chapada do Apodi e del Cumbe è per le loro terre, i loro territori e le loro vite; per l'autonomia economica e politica e per il proprio corpo; per la garanzia di cibo sano e sovranità alimentare per tutti.
Resistenza: occupare, resistere e produrre
Come abbiamo visto nella sezione precedente, gli effetti del complesso idro-agro-energetico-minerario sulle comunità, sui popoli e sui territori sono diversi, con impatti differenti sui corpi e sulla vita delle donne, in particolare il sovraccarico di lavoro, le malattie fisiche ed emotive e le varie forme di violenza. È quindi necessario analizzare il patriarcato come sistema di tutte le oppressioni, discriminazioni e violenze che opprimono noi e la natura e che, storicamente, è stato costruito sul corpo delle donne. L'impossibilità di pescare, di cacciare, di coltivare, di decidere cosa, quando e come piantare, di garantire tempo libero, sicurezza e alimenti sani per le proprie famiglie e comunità, sono alcuni degli effetti di questo modello che esclude le comunità, soprattutto le donne, fin dal momento della scelta del sito del progetto. Vengono escluse dalle mappe e poi rimosse, in un processo la cui strategia e conseguenza è la malattia, il sovraccarico di lavoro, le minacce e le aggressioni. Ciò nonostante sono territori di resistenza, di rafforzamento dei legami comunitari, di solidarietà e di rinascita dell'ancestralità.
Le sfide quotidiane che le donne devono affrontare e le loro esperienze sono cruciali nel processo di resistenza, confronto e dibattito su terra, territorio e mezzi di sussistenza. Queste donne affrontano la necessità di comprendere come il capitalismo estrattivista influisca sulle loro vite in modo estremamente intenso, violento e doloroso. Così, nonostante questo contesto di violazioni dei diritti, le donne resistono, come racconta Rosimeire:
Noi donne abbiamo una storia di lotta e di resistenza e, anche se non è sempre stata definita femminismo, ci siamo sempre organizzate, abbiamo sempre lottato e siamo le protagoniste di questa lotta, delle conquiste ottenute soprattutto in difesa dei nostri territori. Con la differenza che nel campo abbiamo questo processo di resistenza permanente perché non lottiamo solo per il territorio, solo per la terra, ma lottiamo per la terra, per l'acqua, per i semi autoctoni, per l'agroecologia e per alimenti sani.
Le donne contadine, ad esempio, hanno svolto un ruolo fondamentale nel processo di formazione e resistenza dell'accampamento di Zé Maria do Tomé, molte delle quali in prima linea nel processo decisionale e organizzativo. Tra gli spazi creati spicca il Gruppo di donne “Mãos que Criam” (Mani che creano) che, sulla base delle richieste delle donne stesse, ha lavorato sia nella produzione agro-ecologica di alimenti e artigianato sia nella commercializzazione, oltre a essere responsabili dell'accoglienza dei visitatori che arrivano all'accampamento. “Le prime a sollevarsi e a reagire sono state le donne”, dice Mônica, una dei membri del Gruppo. Il Gruppo si occupa anche di donare alimenti a ospedali, scuole, asili e ai senzatetto.
Un altro esempio importante è il progetto “Mulheres unidas pelas águas” (Donne unite per le acque), un partenariato tra l'Istituto Terramar, il gruppo di ricerca Naterra dell'Università Statale del Ceará e le raccoglitrici di molluschi di Jardim, Cumbe e Canavieira. Si tratta di un progetto di autocura, svago e incontro affinché le donne, che sottolineano sempre l'importanza di costruire reti e solidarietà tra di loro, possano continuare a lottare per la loro salute e quella dei loro territori. “Donne unite per le acque rappresenta un momento per rafforzare il fiume, la pesca, noi donne... è un cerchio di convivenza, questo momento è per pescare, divertirsi e anche mappare le acque”, ha detto Luciana de Cumbe 19. E parte di questa lotta è anche contro ogni forma di discriminazioni imposte alle donne, che incontrano maggiori ostacoli nel ricostruire i loro modi di vita e nell'essere riconosciute come soggetti politici. Gli interventi delle donne quilombolas e del MST in Ceará lo dimostrano così:
Ho analizzato molto la storia delle donne, le loro lotte, la loro forza ma, sapete, ci sono ancora molte donne bloccate in questo processo di imprigionamento, negazione, pregiudizio, che pensano che le donne non possono fare nulla. Sono cresciuta ascoltando “che le donne non potevano fare nulla, che non avevano diritto a nulla”. E pensavo che andasse bene così, che tutto fosse a posto. Poi, valutando a fondo la storia, tutto il nostro processo all'interno del territorio, mi sono resa conto che tutto quello che avevamo imparato era molto sbagliato, cioè che la colonizzazione arriva in modo tale che non posso essere, non posso pensare né leggere la vita e la storia in un altro modo, che non posso essere una donna ribelle, che non posso essere una donna che lotta, che non posso essere una donna che resiste nei territori. La mia appartenenza, la mia storia, la mia pratica è più evidente di quella che mi ha sminuito per tutta la vita, in cui pensavo di essere incapace. Il patriarcato non mi ha permesso di studiare e il patriarcato ha troncato i miei sogni. Il patriarcato uccide. [...] Ma oggi sono orgogliosa, è vero, di difendere il mio territorio, di difendere la donna che sono, le donne che combattono. [...] Di dire che la resistenza oggi è con noi donne, le donne di un'associazione, di un coordinamento che entra in questo processo organizzativo per non essere fagocitato da questo capitalismo20.
Come Movimento dos Sem Terra, abbiamo lottato costantemente contro una serie di sfide: una di queste è garantire la partecipazione paritaria delle donne negli organi decisionali. Per noi è una sfida perché normalmente sono le donne a essere sovraccaricate, ma ci rendiamo anche conto che dobbiamo andare oltre i fornelli, oltre la cucina (...) Come possiamo garantire la partecipazione delle nostre donne? Come possiamo garantire la non violenza nei loro confronti? Perché il patriarcato c'è e opprime, ferisce, fa male. E questo è uno dei nostri assi fondamentali di lotta, nel Movimento Sem Terra, ma soprattutto nella Chapada. E poi abbiamo grandi mobilitazioni contro questo capitalismo malsano, che si concretizza nell'agrobusiness21.
La nozione di femminismo popolare contadino, un processo di costruzione collettiva del Movimento das Mulheres Camponesas (MMC) e del MST, ci aiuta a riflettere sul processo organizzativo delle donne contadine, le quali comprendono che la loro lotta è contro il capitalismo e lo sfruttamento del lavoro e della natura, contro il patriarcato, in particolare la divisione sessuale del lavoro e il dominio degli uomini sulle donne e sulla natura, contro il razzismo che cerca di legittimare come superiore la gerarchia dei bianchi sui non bianchi, che naturalizza e approfondisce la violenza e la subalternità. Si rifà anche alle esperienze e al lavoro nelle campagne, in difesa e promozione dell'agricoltura familiare e dell'agroecologia e, quindi, dell'autonomia delle donne contadine22.
Il femminismo comunitario, un altro processo che si rafforza costantemente in America Latina e che è emerso dalle donne indigene soprattutto in America Centrale, è anch'esso un processo di costruzione epistemica basato sui territori, sui corpi e sulla relazione delle donne con la terra. È un modo di vivere la vita strettamente legato all'idea di territorio-corpo-terra; un impegno politico che nasce dalla lotta delle donne contro l'avanzata del sistema capitalista, razzista ed eteropatriarcale.
Sono donne che difendono i loro territori non solo perché hanno bisogno di “risorse naturali” per vivere, ma perché esiste un legame profondo tra territorio e corpo, tra la violenza derivante dall'espropriazione dei territori e dalla distruzione dei modi di vita tradizionali e la violenza contro il corpo delle donne. È un territorio-corpo che “genera vita, gioia, vitalità, piacere e costruzione di saperi liberatori” e un territorio-terra di cui le donne hanno bisogno per garantire la propria sussistenza e la riproduzione materiale e culturale delle loro comunità, per dare dignità alla propria esistenza e promuovere la vita23. “Questo mi motiva a lottare perché mi angoscia vedere la nostra terra malata, i nostri territori distrutti. Bisogna fare qualcosa, ed è urgente”, ha detto Cleomar Rocha, aggiungendo:
La lotta per la regolarizzazione della terra è il nostro desiderio più grande affinché possiamo garantire questo territorio ancestrale e le generazioni future possano godere almeno un po' di ciò di cui ho vissuto io, di ciò che per me è stato curato, di ciò che sono stata.... Dico che il territorio mi offre questa cura anche nel tempo libero, che è la guarigione. Noi ci curiamo quando facciamo il bagno nei fiumi, quando facciamo il bagno nelle maree, sulle spiagge, nelle lagune, ci curiamo dai tanti mali che vogliono innestare nei territori 24.
O come ha detto De Souza:
Posso dire di aver avuto qui una trisnonna, una bisnonna, una nonna. Quindi quante generazioni hanno vissuto qui? E oggi viviamo di questo territorio e vogliamo darlo ai nostri figli, giusto? (...) Possiamo nuotare nel fiume, possiamo nuotare al mare, possiamo andare in laguna, ed è questo che ci sostiene. Il cibo ci sostiene ma il territorio ci completa. È questo che ci sostiene, giusto? 25.
Heloísa, rappresentante dell'accampamento Zé Tomé del MST, non solo ha messo in relazione la razionalità maschile che cerca di dominare la natura con la razionalità che cerca di dominare le donne, “che provano lo stesso disprezzo per le donne e per la terra”, espresso anche dal progetto collettivo per cui le donne stanno lottando:
Quando la terra è ben curata la si guarda con un rigore diverso. Non la si succhia, non la si sfrutta, non la si abusa. Non la si stupra. Non la fai a pezzi con la tua forza. La si lascia nutrita, bella, splendente, diversa, profumata, che emana un odore diverso. Emana una forza diversa. Mettete un seme di zucca, guardate il vigore di quel seme dopo sei giorni, e perché è così vigoroso? Quella forza, lo stelo molto spesso e molto verde, è tutto il nutrimento, tutta la forza del terreno messa in campo per quel seme. È bello, troppo bello. La terra è la madre, la terra è noi. Noi siamo la terra in movimento. Veniamo da essa e ad essa ritorniamo. La terra è la nostra ispirazione. La nostra forza, la nostra lotta, la nostra unità, la nostra cura, il nostro amore, la nostra responsabilità per volere una vita migliore non solo per i nostri figli ma per le generazioni future, per i nostri compagni, per le comunità vicine. Non solo pensando a me, ma pensando a te, ai tuoi figli, nipoti, pronipoti, alle persone accanto a noi nelle comunità vicine, negli Stati confinanti, se avranno acqua a sufficienza, aria pulita per respirare meglio, se avranno cibo migliore da mangiare 26.
Così le donne promuovono e rivendicano diverse agende basate su femminismi antirazzisti e decoloniali, saperi e pratiche tradizionali, economia femminista, agroecologia e lotta in difesa dei territori. Si tratta di riconoscere e valorizzare il lavoro svolto dalle donne, nonché la loro partecipazione alla creazione e all'appropriazione della ricchezza sociale. Le donne lottano per superare la divisione sessuale e razziale del lavoro e il patriarcato, oltre a mettere in discussione gli elementi culturali e ideologici che strutturano le relazioni economiche dominanti nella sfera pubblica e privata. Le donne vogliono inoltre promuovere la difesa delle attività di sussistenza, della sovranità alimentare e le forme di vita delle comunità indigene, tradizionali e contadine. Tali conoscenze e pratiche trasformano il sistema dominante di produzione, distribuzione e consumo; promuovono principi ecologici, le conoscenze tradizionali, le sementi autoctone e tradizionali e le economie solidali; e trasformano le relazioni di potere, la distribuzione sociale della ricchezza e l'appropriazione disuguale del mondo materiale.
Tutte queste donne sono protagoniste della loro storia, sia negli orti produttivi della Chapada sia nella palude di mangrovie, che custodisce il seme della pesca artigianale alla foce del fiume perché, come dicono le donne dell'accampamento, “Il nostro motto è occupare, resistere, produrre!” e le quilombolas, “Ci prendiamo cura del territorio perché lui si prende cura di noi”.
(2. Fine)
-> Saggio tratto dal volume “Femminismo ecoterritoriale in America Latina. Curare, Creare, Re-esistere”
di Francisca Fernandez Droguett y Florencia Puente (Coordinatrici)
* Traduzione di Marina Zenobio per Ecor.Network
Feminismos ecoterritoriales en América Latina: cuidar, crear, re-existir
Francisca Fernández Droguett, Florencia Puente (Coords.)
Fundación Rosa Luxemburgo, Buenos Aires, 2024 - 256 pp.
Download:
Note:
13) Canto dei contadini, dei leader comunitari e dei movimenti sociali della Chapada do Apodi. In spagnolo sarebbe qualcosa del tipo: “La Chapada è nostra, La Chapada appartiene al popolo e solo combattendo sarà di nuovo nostra”.
14) Cavalcante, Leandro. As Firmas Tomaram Conta de Tudo: território, agro negócio e a questão agrária. Curitiba: Editora CRV, 2020.
15) Ibídem.
16) Sousa, Rafaela y Santos, Camila. O Acampamento Zé Maria do Tomé, um território de resistência: territorialidades, conflitualidades e (re)produção camponesa na Chapada do Apodi/CE. Terra Livre. Jul-Dez./2022, vol 2 (59).
17) Lemos, Rosimeire. O Acampamento Zé Tomé e a Luta das Mulheres. Entre vista concedida aos participantes do Curso de Extensão Mulheres em Defesa do Território-Corpo-Terra. 13 agosto, 2022.
18) Barbosa, Francisco. “Moradores do Acampamento Zé Maria do Tomé (CE) denunciam ação violenta contra famílias”. Brasil de Fato, set. 2021. Disponibile su: https://www.brasildefatoce.com.br/2021/09/13/moradores-do-acampa mento-ze-maria-do-tome-ce-denunciam-acao-violenta-contra-familias.
19) Instituto Terramar. Projeto: Mulheres Unidas pelas Águas. Abril, 2022. Disponibile su: https://terramar.org.br/2022/04/06/projeto-mulheres-unidas pelas-aguas.
20) Rocha, Cleomar Ribeiro da. Sessão IX - Mulheres, Ambiente e Território: conflitos, resistências e (re) existências. Apresentação durante Curso de Ex tensão Mulheres em Defesa do Território-Corpo-Terra. Fundação Rosa Lu xemburgo e CPDA/UFRRJ, 2022b. Disponibile su: https://www.youtube.com/ watch?v=ESPPgZ78SbY.
21) Lemos, Rosimeire. O Acampamento Zé Tomé e a Luta das Mulheres. Entre vista concedida aos participantes do Curso de Extensão Mulheres em Defesa do Território-Corpo-Terra. 13 de agosto, 2022
22) Almeida, Itamara. Jesus, Cleidineide Pereira. “Feminismo Camponês e Po pular: uma perspectiva antiracista”. In: Mezadri, Adriana; Cima, Justina Inês; Taborda, Noeli Welter; Gaspareto, Sirlei Antoninha Kroth; Collet, Zenaide (orgs.). Feminismo Camponês Popular: reflexões a partir de experiências do Movimento de Mulheres Camponesas. São Paulo: Outras Expressões/Expres são Popular, p. 75-85.
23) Cabnal, Lorena. Feminismo diversos: El Feminismo Comunitario. AC SUR: Las segovias, 2010. Disponibile su: http://www.calameo.com/books/002488953253b6850c481.
24) Dichiarazione durante la Sessione IX- Mulheres, Ambiente e Território: conflitos, resistências e (re) existências. Apresentação durante Curso de Exten são Mulheres em Defesa do Território-Corpo-Terra. Fundação Rosa Luxem burgo e CPDA/UFRRJ, 2022b. Disponibile su: https://www.youtube.com/ watch?v=ESPPgZ78SbY.
25) De Souza, Luciana dos Santos. A Comunidade Quilombola do Cumbe e o Avanços do Capitalismo: o caso da energia eólica. Intervista concessa ai partecipanti del Curso de Extensão Mulheres em Defesa do Território-Corpo Terra. 15 agosto, 2022.
26) Heloisa Do MST. O Acampamento Zé Tomé e a Luta das Mulheres. Intervista concessa ai partecipanti del Curso de Extensão Mulheres em Defesa do Território-Corpo Terra. 13 agosto, 2022.