Cambiare le narrazioni che sostengono l'estrattivismo
L'espansione autoritaria e antidemocratica del capitalismo estrattivista ha storicamente portato all'espropriazione dei territori e all'alterazione negativa degli stili di vita degli afrodiscenti dei quilombo, delle comunità tradizionali e contadine e dei popoli indigeni. La vasta letteratura disponibile su questo tema rivela che i progetti del complesso idro-agro-energetico-minerario hanno come forma di espansione l'uso intensivo ed estensivo della terra e la sua appropriazione privata, il sovrasfruttamento della manodopera, la violazione, la flessibilizzazione e la frammentazione della legislazione ambientale e dei diritti umani.
Tutto ciò, di conseguenza, amplifica processi come la deforestazione, l'inquinamento della terra, del suolo, dell'acqua e dell'aria. Oltre che dietro alla violenza diretta e alle minacce nei confronti delle popolazioni colpite e di quelle in resistenza, le multinazionali si nascondono anche dietro la costruzione di narrazioni che naturalizzano l'estrattivismo, nelle relazioni stabilite con le popolazioni e le comunità situate nei territori invasi dall'industria estrattiva e nei processi di ambientalizzazione. In altre parole, le imprese utilizzano le cosiddette “giustificazioni ambientali” per presentarsi come impegnate nella difesa dell'ambiente e del clima, al fine di generare legittimità e nuove opportunità di profitto. Nel caso del dibattito sul clima e sul ruolo del complesso idro-agro-energetico-minerario, per fare un esempio, gli investimenti nell'energia solare ed eolica sono in costante crescita. Così come crescono i crediti di carbonio e i green bond che già superano i 2 miliardi di dollari, accompagnati da quella che viene definita la “nuova promessa dell'idrogeno verde” per ridurre le emissioni di carbonio e frenare i cambiamenti climatici1.
Si tratta di un processo che nasconde le trasformazioni territoriali che stanno espellendo intere popolazioni dai loro luoghi di produzione e riproduzione, o che rendono impraticabile il loro stile di vita. Inoltre, gli impatti socioambientali delle azioni intraprese dalle imprese estrattive non sono, nel loro rapporto con lo Stato, democratiche. In primo luogo, c'è una crescente consapevolezza su come gli impatti di questi conflitti sono sentiti e vissuti in modo diverso da uomini e donne e tra di loro, perché sono segnati da relazioni sociali diseguali che prestabiliscono responsabilità specifiche in base al genere, alla classe e all'appartenza etnica. In secondo luogo sono queste disuguaglianze, soprattutto il razzismo, a rendere possibile l'avanzata del capitalismo estrattivista.
In questo articolo cercheremo di affrontare le riflessioni e le pratiche legate alla logica dell'installazione e della resistenza ai progetti capitalistico-estrattivi nel bacino del fiume Jaguaribe, nel Ceará, uno Stato situato nel nord-est del Brasile. L'espansione dell'agrobusiness, degli allevamenti di gamberi e, più recentemente, dei mega impianti eolici hanno rivelato effetti diversi sulla vita delle donne, che sono allo stesso tempo in prima linea nelle lotte in difesa dei loro territori. Identificheremo le violazioni subite e il modo in cui le donne vivono i conflitti, a partire da nozioni come il razzismo ambientale, la colonizzazione della natura e dei corpi delle donne e le minacce alle relazioni territorio-corpo-terra-acqua.
Prendendo come caso di studio la regione del rio Jaguaribe, che coinvolge l'Acampamento Zé Maria do Tomé, a Limoeiro do Norte, e la Comunidade Quilombola do Cumbe, ad Aracati, andremo ad esaminare i processi di espansione della frontiera agricola e di transizione energetica che si stanno imponendo nella regione attraverso la frammentazione e la privatizzazione dei territori. Inoltre, sulla base dei processi di scambio e formazione politica promossi dalla Fondazione Rosa Luxemburg (ufficio Brasile-Paraguay) e dal Programa de Pós-Graduação de Ciências Sociais em Desenvolvimento, Agricultura e Sociedade (CPDA) dell'Universidade Federal Rural do Rio de Janeiro (UFRRJ), nel corso del 2022 e del 2023 abbiamo identificato le diverse strategie dei vari collettivi basate sull'agroecologia, sul concetto di donne vittime e sui femminismi comunitari, contadini e popolari. In questo modo speriamo di contribuire alle nostre riflessioni sulla relazione tra femminismi, genere e donne, a partire dalle intuizioni provenienti dai territori di queste donne che hanno in comune il fatto di essere vittime ma anche di lottare contro il capitalismo estrattivista.
Intensificazione dei conflitti: dalla costa alla montagna la storia si ripete
Nel Ceará troviamo diversi ecosistemi e popoli dei campi, delle foreste e delle acque. Lungo il corso del Jaguaribe, il più grande fiume del Ceará che collega la costa e l'interno si trovano, oltre alla sua ricchezza ecologica, comunità e popoli contadini, quilombolas, pescatori e indigeni. In questi territori si espande anche un complesso del capitalismo estrattivo delle multinazionali, inquinante e violento: l'idrobusiness, presente soprattutto sotto forma di allevamento di gamberi e dighe di irrigazione per l'agrobusiness, in particolare per la frutticoltura; le attività della Compagnia delle Acque e delle Fognature del Ceará (CAGECE -Compañía de Aguas y Alcantarillado de Ceará); il turismo di massa e i grandi resort; le imprese minerarie; i parchi eolici e molti altri megaprogetti. Come risultato abbiamo assistito a un inasprimento dei conflitti, alla concentrazione e alla privatizzazione di terra, acqua e territori e al loro inquinamento.
Nella Chapada do Apodi, situata nel Basso Jaguaribe, troviamo le donne contadine dell'Acampamento Zé Maria do Tomé, del Movimento dos Trabalhadores e Trabalhadoras Rurais Sem Terra (MST) e delle comunità circostanti che, da più di tre decenni, resistono all'espansione dell'agrobusiness e organizzano collettivamente la produzione di alimenti agroecologici e di artigianato realizzato con materiali locali. Alla foce del Jaguaribe troviamo le pescatrici di tre territori di pesca tradizionale di questo importante corso d'acqua (Quilombo do Cumbe, Cana vieira e Jardim), che lottano per i loro diritti territoriali e per mantenere il loro stile di vita in armonia con gli ecosistemi costieri.
“La nostra comunità è un distributore di acqua ed energia”, afferma Cleomar Ribeiro da Rocha, presidente dell'Asociação Quilombola Cumbe, una comunità costiera situata nel comune di Aracati, a circa 160 chilometri dalla capitale Fortaleza. Cleomar sottolinea che la comunità - composta da circa 170 famiglie e 800 persone che vivono di mare, dune e mangrovie - è stata colpita da una catena di megaprogetti interconnessi: l'estrazione di acqua da parte dell'azienda di Stato, l'allevamento di gamberi, un parco eolico e iniziative turistiche. Tra il 2019 e il 2020, la regione ha subito anche le conseguenze della fuoriuscita di petrolio, che ha interessato la costa nord-orientale.
Dagli anni '90, la Comunità è stata danneggiata dall'allevamento di gamberi, che ha causato una distruzione senza precedenti, con ripercussioni negative non solo sull'ambiente ma anche sulla vita familiare e comunitaria. Inoltre, racconta Cleomar, “ha generato conflitti, dividendo la comunità e distruggendo l'abbondanza, distruggendo tutti i gamberi, i granchi, le ostriche, le cozze che prima condividevamo tra le famiglie della comunità”. Oltre a questi impatti, il progetto ha rivelato il forte pregiudizio nei confronti della comunità quilombola, il cui nome “Cumbe” si riferisce alla loro ascendenza africana e agli spazi in cui gli schiavi organizzavano la loro resistenza-quilombo. Anche questa comunità, in particolare le donne che vivono nelle aree delle mangrovie, sentono lo stesso pregiudizio di cui soffrono le mangrovie: “Eravamo e siamo viste come puzzolenti, sporche”, dichiara Cleomar2.
Vale la pena sottolineare che la mangrovia, uno degli ecosistemi più minacciati al mondo, è una fonte di mantenimento della biodiversità; un'area di rifugio, riproduzione, sviluppo e nutrimento per diverse specie marine presenti in estuari, paludi e terreni. Inoltre protegge la costa dall'erosione, dall'insabbiamento dei corpi idrici adiacenti, dalle inondazioni e dalle tormente; assorbe e immobilizza sostanze chimiche inquinanti e sedimenti; è una fonte di cibo ricco di proteine e quindi sostiene una varietà di comunità tradizionali, oltre ad essere fonte di cultura, ricreazione e identità3.
E' in tale contesto di impatti cumulativi e sinergici, è in questo ecosistema che nel 2008 è stato installato uno dei più grandi parchi eolici del Ceará. Con le sue 67 turbine eoliche, il parco occupa un'area di circa 1.546 ettari, circondando la comunità di Cumbe che, secondo gli studi di Jucá e Betim4, è stata costretta a chiedere il permesso per spostarsi sul proprio territorio. Inizialmente realizzato dalla società Bons Ventos, oggi è gestito da CPFL Renováveis5, il più grande generatore di energia eolica del paese, parte della holding CPFL Energia e controllato da State Grid Corporation of China (SGCC).
È importante sottolineare il ruolo della Cina in questa impresa, perché con l'accelerazione dell'industrializzazione del paese a partire dagli anni 2000, c'è stato un aumento del consumo di energia accompagnato da piani per cambiare la matrice energetica e produrre energia da fonti “rinnovabili”. Come risultato, il ruolo della Cina nella costruzione di parchi eolici in tutto il mondo, compresa la regione nord-orientale del Brasile, ha raggiunto livelli record di anno in anno. Ciò ha provocato la distruzione delle foreste, lo sfruttamento della manodopera e conflitti con le comunità di paesi come l'Ecuador, la Colombia e il Perù, che hanno garantito alla Cina la fornitura di alberi di balsa, un componente importante per la fabbricazione delle pale delle turbine eoliche6.
Il Parco di Bons Ventos ha invaso i campi di dune della comunità di Cumbe, un luogo in cui, oltre ad esserci una riserva d'acqua, sono stati ritrovati 41 pezzi archeologici7. Cleomar si spinge oltre: “Io dico che abbiamo un museo a cielo aperto; ci sono più di 60 siti archeologici in queste dune perché le prime occupazioni sono state degli indigeni”.
L'impresa ha generato anche altri impatti come l'inquinamento acustico e visivo, le crepe nelle case a causa del traffico dei camion, l'aumento delle gravidanze adolescenziali a causa delle relazioni diseguali tra le giovani e i lavoratori maschi che arrivano con le compagnie (“figli dei venti”), gli incidenti con gli uccelli che si scontrano con le pale delle turbine, l'impatto sulla riproduzione delle tartarughe a causa della luce emessa dalle torri, la privatizzazione dello spazio e la divisione della comunità con la narrazione del progresso e della creazione di posti di lavoro8.
“È disumano”, dichiara e descrive Cleomar:
E poi ci siamo resi conto anche dell'arrivo del parco eolico sul territorio; e allora tutto incuteva molta paura, tutto era molto grande, tutto era molto scioccante. Non capivamo, sembrava di essere in un film in cui c'era un gruppo di robot giganti che distruggevano una comunità che non sapeva nemmeno come difendersi, come prendersi cura di sé di fronte a quello che stava succedendo lì. E poi ci siamo resi conto che venivamo respinti, che la nostra comunità veniva schiacciata. Perché nella zona delle mangrovie, dove avevo il mio rapporto con le mangrovie, era tutto molto curato, così come il territorio dall'altra parte, che era la zona delle dune, delle lagune, della spiaggia. È tutto molto grande. È una bestia, una cosa terribile che ha causato incidenti stradali. I bambini non vanno più a scuola da soli; la bestia ha portato i bar e con essi il consumo di alcol, donne e bambini vulnerabili esposti allo sfruttamento sessuale; la bestia ha portato molta polvere che causa problemi respiratori e problemi psicologici. È invasiva, distrugge le dune perché strappa dall'esterno verso l'interno, seppellisce le nostre lagune, i nostri siti archeologici.
Anche Luciana dos Santos de Souza9, nota come Luciana do Cumbe, pone l'accento sulla distruzione e sulla frammentazione del territorio causate dall'installazione del parco eolico dell'epoca:
L'energia eolica è un modo per togliere spazio alla spiaggia, alle pescatrici, al nostro tempo libero, alle nostre lagune. È mettere noi stessi, che siamo nati qui, dove ci sono le nostre radici, dove abbiamo vissuto tutto fin da bambini, di fronte a una barriera, a un recinto che ci impedisce l'accesso al mare. (...) Non è diverso dall'allevamento su larga scala di gamberi, perché quando arriva si disbosca, ci recinta. Noi raccoglitrici di molluschi abbiamo diverse strade. La nostra vita non è limitata a un solo punto del fiume, perché oggi i crostacei sono qui, domani sono in un altro angolo.
Il caso del quilombo di Cumbe è, quindi, un esempio di razzismo ambientale, un modo per contraddistinguere la disuguaglianza ambientale derivante dalla logica dello sviluppo, in cui gli effetti negativi ricadono in modo sproporzionato sulle popolazioni nere e indigene, situate alla frontiera dell'espansione estrattivista10. Va inoltre sottolineato che il razzismo e il patriarcato sono fattori determinanti nella distribuzione ineguale degli effetti ambientali negativi, oltre a creare le condizioni che permettono l'esistenza e l'approfondimento di un sistema economico, politico, culturale e ideologico basato sulla distruzione dell'ambiente e dei gruppi sociali qui menzionati: popoli e comunità nere, indigene, contadine e tradizionali11.
"Ci sentiamo espulsi dal nostro luogo - dice Rocha 12 - , soffriamo molto quando parliamo di razzismo ambientale, questo razzismo è molto esplicito, molto esplicito. La nostra storia è raccontata dal colonizzatore”.
Vale la pena considerare anche le riflessioni di Rocha sull'energia:
Dicono che l'energia eolica sia un'energia rinnovabile, un'energia pulita. Si parla molto di questa energia rinnovabile. E quando mi imbatto in essa mi spavento tantissimo per come arriva e poi, data la scarsa conoscenza che ho delle altre energie, mi chiedo: se l'energia pulita ha causato tutto questo nelle nostre vite, come sarà l'energia sporca? Perché arrivano con questo discorso sull'energia pulita, su questa energia rinnovabile, ma quanto poco si preoccupano delle nostre vite, come se non ne venissimo danneggiati. A dire il vero, molti di loro non considerano nemmeno l'esistenza di una comunità in quel territorio e passano sopra le nostre vite come un trattore.
(1. Continua)
-> Saggio tratto dal volume “Femminismo ecoterritoriale in America Latina. Curare, Creare, Re-esistere”
di Francisca Fernandez Droguett y Florencia Puente (Coordinatrici)
* Traduzione di Marina Zenobio per Ecor.Network
Feminismos ecoterritoriales en América Latina: cuidar, crear, re-existir
Francisca Fernández Droguett, Florencia Puente (Coords.)
Fundación Rosa Luxemburgo, Buenos Aires, 2024 - 256 pp.
Download:
Note:
1) Exame. Série Carreira na Economia Verde. São Paulo: 2023.
2) I testi di Cleomar Ribeiro da Rocha appartengono all'intervista concessa ai partecipanti al Corso di Estensione “Mulheres em Defesa do Território-Corpo-Terra (A Comunidade Quilombola do Cumbe e o Avanços do Capitalismo: o caso da energia eólica)”, 15 de agosto, 2022.
3) Coelho Junior, C.; Schaeffer-Novelli, Y. “Considerações teóricas e práticas sobre o impacto da carcinocultura nos ecossistemas costeiros brasileiros, com ênfase no ecossistema manguezal”. In: Proceeding of Mangrove. International Society for Mangrove Ecosystems – Mangrove 2000. Recife, Abril, 2000.
4) Jucà, Beatriz; Betim, Felipe. “Os ventos da economia verde não sopram para o Quilombo do Cumbe”. El País, 20 nov. 2022.
5) CPFL Renováveis, creato nel 2011, conta 94 attivi, distribuiti in 58 comuni del Brasile, per un totale di 2,1 GW di capacità installata. Appartiene al gruppo CPFL Energia, il più grande gruppo privato nel settore elettrico brasiliano.
6) WRM. The Green Paradoxes of an Amazonian Country. WRM Bulletin 256, 9 de junio, 2021.
7) Jucà, Beatriz; Betim, Felipe. “Os ventos da economia verde não sopram para o Quilombo do Cumbe”. El País, 20 nov. 2021.
8) Ibídem.
9) De Souza, Luciana dos Santos. “A Comunidade Quilombola do Cumbe e o Avanços do Capitalismo: o caso da energia eólica”. Entrevista concedida a participantes del Curso Mulheres em Defesa do Território-Corpo-Terra. 15 de agosto, 2022.
10) Passos, Rita. “Como o racismo ambiental afeta a vida das pessoas negras e indígenas”. Conectas, 2021. Disponible en: https://www.conectas.org/noticias/entrevista-como-o-racismo-ambiental-afeta-a-vida-das-pessoas-negrase-indigenas. Ultimo accesso agosto 2023.
11) Ferdinand, Malcolm. Uma Ecologia Decolonial: pensar a partir do mundo caribenho. São Paulo: Ubu Editora, 2022.
12) Jucà, Beatriz; Betim, Felipe. “Os ventos da economia verde não sopram para o Quilombo do Cumbe”. 20 nov. 2021.