*** ARGENTINA ***

Milei ha abrogato la legge di emergenza territoriale indigena: meno diritti, più violenza ed estrattivismo

di Tierra Viva

Prendendo come argomento lo sfruttamento privato delle risorse naturali, il governo ha decretato la fine della Legge 26.160, che istituiva il censimento dei territori indigeni e fermava le espulsioni. Le comunità perdono un ombrello legale, anche se hanno ancora accordi internazionali che le proteggono. “L’unico modo per difendere la Mapu è una resistenza collettiva”, dichiarano.

Proprio nella Giornata Internazionale dei Diritti Umani, il presidente Javier Milei e i suoi ministri hanno firmato l’abrogazione dell’ultima proroga della Legge di Emergenza Territoriale Indigena (26.160), in scadenza nel novembre 2025, che manteneva la sospensione delle espulsioni dalle terre comunitarie dei popoli nativi. L’avvocato e membro dell’Associazione degli Avvocati di Diritto Indigeno (AADI), Silvina Ramírez, descrive la decisione come “un atto di inusitata gravità” e avverte che, come conseguenza, “le espulsioni potrebbero andare avanti”. Il lonko del Lof Pillan Mahuiza, Mauro Millán, denuncia che “l'abrogazione della legge 26.160 ha a che fare con la necessità per le imprese nazionali e multinazionali di avere la strada spianata per l'espropriazione dei territori e delle risorse naturali”, e invita a sostenere “una resistenza assolutamente collettiva”.

La decisione era in cantiere da mesi, ma è stata posta in attuazione con il Decreto di Necessità e Urgenza 1083/2024, pubblicato quando il Congresso aveva già terminato le sue sessioni ordinarie. Il decreto abroga la proroga della Legge di Emergenza Territoriale Indigena, disposta dal presidente Alberto Fernández con un altro decreto, 805/21, firmato tre anni fa. La Commissione bicamerale permanente sulla procedura legislativa potrebbe riunirsi per discutere il nuovo decreto e chiederne il rifiuto. Ma deve essere trattato e respinto da entrambe le Camere per essere annullato, cosa improbabile dopo un anno di trattamento legislativo in cui è ancora in vigore il mega DNU 70/2023.

Le comunità indigene e gli specialisti mettono in guardia contro la piena validità della Convenzione 169 dell’ILO sui diritti degli indigeni e della sentenza della Corte Interamericana dei Diritti Umani (IACHR) del 2020 sulla titolarità delle terre comunitarie. Sottolineano anche la recente dichiarazione della CIDH, che la settimana scorsa aveva esortato lo Stato argentino a “implementare meccanismi amministrativi efficaci per proteggere i diritti territoriali delle popolazioni indigene”. Ma sono consapevoli del momento critico che si avvicina dopo il decreto firmato da Milei. “Sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato. Il giorno in cui uscire per difendere ciò che i nostri nonni ci hanno lasciato. Non abbiamo ereditato terre, abbiamo ereditato una trincea per la difesa della vita”, hanno espresso dall'Unione dei Popoli della Nazione Diaguita di Tucumán.
 

Un decreto su misura per l’estrattivismo

In tempi di Regime di Incentivazione dei Grandi Investimenti (RIGI), le argomentazioni espresse nel decreto sostengono “l’irragionevole estensione della misura emergenziale e i diversi effetti che essa produce, sia al diritto di proprietà che al controllo delle risorse naturali delle province” e favoriscono la costruzione del nemico interno: “È ragionevole aspettarsi che la fine di questo stato di anomalia contribuisca alla pacificazione dei conflitti latenti o attivi che potrebbero ancora esistere”.

“Non c'è motivo di giustificare la continuità dell'emergenza”, sostiene l'esecutivo nel decreto e aggiunge che nei 18 anni di validità della legge 26.160, sancita nel 2006, “è stato impedito il libero esercizio delle attività produttive e ricreative sui terreni interessati, nonché limitato il diritto alla disposizione di detti beni”. Mentre rivela la sua posizione contro i diritti territoriali indigeni sostenendo che “la situazione precaria dei legittimi proprietari o possessori che in molti casi sono stati espropriati”.

Coloro che si appropriarono dei nostri territori più di un secolo fa, hanno sempre parlato del falso dilemma della 'proprietà privata', che è sempre stata assicurata nel quadro di questa democrazia. Non solo durante questo governo di estrema destra, ma anche durante i governi progressisti”, ribatte Millán, dialogando con Tierra Viva.

Il decreto inizia citando l’articolo 75 della Costituzione nazionale che, a partire dalla riforma costituzionale del 1994, riconosce la preesistenza dei popoli indigeni, lo status giuridico delle loro comunità e “il possesso e la proprietà comunitaria delle terre che tradizionalmente occupano”. Questo era, appunto, l'obiettivo della sanzione della Legge 26.160: portare a compimento un'indagine giuridica, tecnica e catastale che permetta di identificare i territori posseduti dalle comunità indigene in Argentina.

Tuttavia, nei 18 anni trascorsi, lo Stato non ha adempiuto a tale compito. Secondo un recente comunicato della CIDH, delle 1.881 comunità indigene ufficialmente individuate nel Paese – il decreto fa riferimento a 1.626 – il 47 per cento del totale non ha ancora avuto accesso alla corrispondente rilevazione territoriale. L'intenzione del Governo di eliminare la legge era un segreto di Pulcinella da mesi e al Congresso già contava con un progetto del deputato e capo del blocco Encuentro Federal, Miguel Ángel Pichetto.

Sebbene gli strumenti giuridici internazionali, come la Convenzione 169 dell’ILO, siano ancora in vigore, questa legge permetteva di invocarla per evitare le espulsioni, che purtroppo hanno continuato a verificarsi nel Paese. Questa abrogazione lascia questi rilevamenti, che fino ad ora avevano registrato un progresso del 50%, in una situazione di enorme incertezza con numerosi ostacoli e ambivalenze”, analizza Ramírez, consultata da Tierra Viva.

Il compito del rilevamento è stato assegnato all'Istituto Nazionale per gli Affari Indigeni (INAI), ai sensi dell'articolo 3 della Legge 26.160. Ma il decreto firmato da Milei motiva, senza menzionare l'inadempimento dello Stato, la decisione di abrogare il precedente decreto per consentire le espulsioni. “Ha generato incertezza giuridica e un grave impatto sui diritti di proprietà dei legittimi proprietari, o sui diritti dei loro inquilini o possessori, in contraddizione con l’articolo 17 della Costituzione Nazionale, nonché sul diritto di proprietà delle risorse naturali a favore delle province, riconosciuto dall'articolo 124 della Costituzione Nazionale”, recita il decreto presidenziale.

Inoltre, il governo omette un'altra questione pendente di base, da parte dello Stato argentino con le popolazioni indigene, segnalato dalla IACHR nel caso “Comunità Lhaka Honhat vs. Argentina” del 2020. Nella sua sentenza, la Corte dichiarava l’Argentina responsabile di una serie di violazioni dei diritti degli indigeni e sottolineava la mancanza di sicurezza giuridica nel paese, affinché le popolazioni indigene potessero esercitare i propri diritti sui territori. La denuncia pendente riguardava una legge sulla proprietà della comunità indigena, un passo successivo al ritardato rispetto della Legge 26.160.

Il passo precedente della DNU 1083 è stata la decisione presa dal capo dell'INAI, Claudio Avruj, che attraverso la risoluzione 53/2024 ha eliminato il Registro Nazionale delle Comunità Indigene (Renaci). Era stato creato nel 1995 con la risoluzione 781 e con la risoluzione 4811/96 sono stati stabiliti i criteri per autorizzarne la registrazione. Erano decisioni prese durante il governo di Carlos Menem, sostiene Milei.

L’eliminazione del Renaci era stata condannata dalla CIDH, che aveva espresso la sua “preoccupazione per le recenti decisioni amministrative dell’Argentina che potrebbero incidere sulla tutela dei diritti su terre, territori e risorse naturali dei popoli indigeni e sul loro esercizio del diritto all'autodeterminazione”. Nella sua dichiarazione, l’organizzazione internazionale aveva messo in guardia sulla situazione repressiva e sulla validità della norma abrogata: “La misura s'inquadra in un contesto di battute d’arresto nel riconoscimento dei territori indigeni e di sgomberi forzati di comunità in province come Jujuy, Río Negro e Chubut”.

Il Governo Nazionale ha posto come uno dei suoi pilastri principali il rispetto illimitato della proprietà privata, considerando questo diritto non solo come un principio di giustizia, ma anche come un fattore chiave per attrarre gli investimenti necessari al vero benessere del Paese . (punto 1 del Verbale di maggio)”, chiarisce il decreto.


Discriminazione e giustificazione del nemico interno

Il Governo non esita nel motivare la propria decisione con i discorsi di criminalizzazione che il Ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich, ha saputo costruire fin dal suo primo mandato alla presidenza di Mauricio Macri, quando avvenne la morte di Santiago Maldonado nel bel mezzo di una Operazione della gendarmeria sulla Lof di Resistenza Cushamen e l'assassinio di Rafael Nahuel, per mano del Gruppo Albatros della Prefettura.

Il decreto sostiene che con le “successive proroghe, le registrazioni delle presunte comunità sono aumentate in modo significativo”, segnando una discriminazione nel processo di riconoscimento dei popoli indigeni. Al riguardo considera: “È stato fatto un uso abusivo, soggettivo e discrezionale del riconoscimento previsto dalla legge”.

Poi sottolinea: “Il conflitto nel sud della Repubblica Argentina si è progressivamente ampliato, provocando l'occupazione di terre nonché gravi danni ambientali, soprattutto con incendi intenzionali e reiterati alle piantagioni forestali e alle foreste naturali” come parte di “una lunga serie di azioni che hanno violato i diritti dei cittadini e le prerogative sovrane dello Stato”.

L’avvocatessa dell’AADI, rispetto a questi argomenti commenta: “La motivazione transita da una concezione ideologica profondamente monoculturale e razzista”. Questa gestione governativa, centrata s'una concezione fondata sulla proprietà privata e sull’estrattivismo, è determinata a lasciare da parte la dimensione collettiva e a ignorare e violare i diritti indigeni. "Che lo faccia nell'anniversario dei Diritti Umani è un atto ancora più crudele e perverso e dimostra quanto siano determinati nell'arrivare a creare uno Stato che volti definitivamente le spalle ai popoli indigeni".

Le cause e le denunce verranno portate avanti a livello internazionale. Siamo di fronte ad un processo di collasso totale e, fondamentalmente, di perdita dei diritti. Con la scusa dell’economia e dell’inflazione, hanno calpestato i diritti fondamentali dei settori della società che vivono in questi territori”, denuncia Millán. E invita a “prodigarsi con grande determinazione nell'aiuto, nell'accompagnamento e nella resistenza dei territori”.

E dichiara infine: “coloro che vivono sulle rive dei fiumi, nelle foreste o sulle pianure, devono essere consapevoli che l'unico modo per difendere la mapu è una resistenza assolutamente collettiva. Dobbiamo lottare per sopravvivere come popolo. Questa è una lotta per esistere”.


→ Originale in    spagnolo su
* Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network


Immagini:

* Foto di copertina: Alejandra Bartoliche / Télam
1)
Prima pagina dell'abrogazione dell’ultima proroga della Legge di Emergenza Territoriale Indigena (26.160)
2) Foto Telam
3) Foto Nicolas Pousthomis 

4) 
Foto Nicolas Pousthomis 


 

01 gennaio 2025 (pubblicato qui il 05 gennaio 2025)