Gravi minacce di trivellazione nel bacino dell'Orange

di John Grobler - Oxpeckers

I cambiamenti climatici, la pesca eccessiva e l'inquinamento causato dal petrolio stanno distruggendo l'ambiente marino al largo della West Coast sudafricana. Ora si aggiunge anche la minaccia delle trivellazioni offshore alla ricerca di petrolio e gas.


Ernest Titus, un pescatore di terza generazione della Lambert's Bay sulla costa occidentale del Sudafrica, è preoccupato per gli impatti a lungo termine dell'esplorazione offshore di petrolio e gas nel Bacino dell’Orange sull'unica risorsa naturale a disposizione della sua comunità. Ricorda quando venne a conoscenza per la prima volta degli effetti del cambiamento climatico sulla piccola città costiera, situata a circa 280 km a nord di Città del Capo. Nell'inverno di sette anni fa, il regolare schema antiorario dei venti prevalenti lungo la costa occidentale è improvvisamente impazzito. "Vidi il cambiamento nel mare, cambiamenti nei venti e nelle correnti che non avevo mai visto prima nella mia vita di oltre 50 anni in mare," ricorda. "Il vento qui veniva sempre da sud-est, poi nei mesi invernali cambiava verso nord prima di tornare da ovest a sud-sud-est. Ma quell'anno il vento improvvisamente cambiò dritto a ovest, non c'era vento da nord che avvicinasse i pesci alla riva." Da allora, ha affermato, i modelli sono rimasti irregolari, poiché i venti e le correnti hanno continuato a cambiare in modo imprevedibile, influenzando drasticamente il comportamento dei pesci. Per centinaia di piccoli pescatori lungo la costa occidentale e nord-occidentale del Namaqualand è stato un disastro, poiché le catture sono diminuite da un massimo di 600 pesci per piccola imbarcazione a meno di 60 pesci per battuta di pesca.

Un cambiamento nel 2023 nel modo in cui le quote venivano assegnate a specifiche comunità costiere e un aumento incessante dei costi hanno fatto sì che i piccoli detentori di quote come lui, che prima guadagnavano fino a 400.000 rand a stagione, ora siano fortunati se riescono a guadagnarne 40.000. Ha elencato le cause principali sulle sue dita segnate dal lavoro: la pesca eccessiva, l'eccessivo sfruttamento minerario costiero e il cambiamento climatico che ha allontanato i pesci. "E un ministro che si preoccupa più dei pinguini che delle persone" ha brontolato, riferendosi alle restrizioni alla pesca locale nelle aree vicine alle zone di riproduzione dei pinguini africani, imposte dal Ministero dell'Ambiente, delle Foreste e della Pesca. Titus ha detto che, a suo avviso, il rumore provocato dai test sismici effettuati dalle compagnie petrolifere, anche se condotti in mare aperto, avrebbe un effetto permanente sui pesci molto più grave persino del cambiamento climatico. “Sappiamo per esperienza che il solo rumore sottomarino provocato dall'uso dei sonar per la localizzazione dei pesci fa fuggire immediatamente gli snoek [barracuda, ndt] dalla zona”.

Gli spargimenti di petrolio

Nel febbraio 2025 una tempesta di vento da nord lungo la costa occidentale ha provocato una chiazza di petrolio, che si ritiene sia fuoriuscita dal relitto della MV Ultra Galaxy. Il mercantile battente bandiera panamese si era spezzato e affondato poco al largo di Doringbaai l'8 luglio 2024 in un'altra tempesta simile. Delle 512 tonnellate di carburante e petrolio presenti a bordo della nave, solo otto tonnellate erano state rimosse dall'Autorità sudafricana per la sicurezza marittima (SAMSA) e dalla società specializzata nella bonifica delle fuoriuscite di petrolio Spill-Tech, prima che i serbatoi danneggiati ricoprissero 40 km di costa con una pesante e soffocante chiazza di petrolio.

Lo spandimento dell'MV Ultra Galaxy, sebbene sia stato il più grande con 504 tonnellate, non è stato il peggior disastro ambientale mai registrato. Secondo la Southern African Foundation for the Conservation of Coastal Birds (SANCCOB), quel dubbio onore spetta alla MV Treasure, un mercantile cinese che si spezzò a 10 km dal Capo di Buona Speranza durante una forte tempesta il 23 giugno 2002. Le 400 tonnellate di combustibile pesante che si sono riversate, tra le altre zone, lungo la penisola del Capo, hanno contaminato più di 19.000 pinguini africani, segnando l'inizio di quello che è diventato un crollo della popolazione. Da 56.000 coppie riproduttive nel 2001, nel 2023 ne erano rimaste meno di 8.750, con un calo dell'84%. Allo stato attuale, la Southern African Foundation for the Conservation of Coastal Birds (SANCCOB) stima che i pinguini africani in natura potrebbero estinguersi entro il 2035. Nel maggio di quest'anno, il pinguino africano è stato inserito nella lista delle specie a forte rischio dall'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Altre due specie endemiche, la sula del capo e il cormorano, hanno subito anch'esse un grave calo demografico superiore al 50% ogni tre generazioni e ora sono classificate a rischio.

"Uno dei cambiamenti più evidenti che abbiamo visto è un numero crescente di casi di emaciazione (uccelli ricoverati per fame) e abbandoni su larga scala dei pulcini, in particolare dei pinguini africani", ha dichiarato la responsabile della SANCCOB Monica Stassen.
I casi di emaciazione sono stati scientificamente collegati a cambiamenti di distribuzione nelle abbondanze delle prede causati dal cambiamento climatico e dalla pesca eccessiva, mentre gli abbandoni di massa sono stati collegati a eventi meteorologici estremi, ha spiegato. "Ogni anno la SANCCOB riceve centinaia di uova o pulcini di pinguino africano abbandonati a causa del caldo estremo o delle inondazioni".

I rifornimenti da nave a nave

Sebbene dal 2000 ad oggi la SANCCOB abbia segnalato solo 32 incidenti con fuoriuscita di petrolio, il numero effettivo di incidenti potrebbe essere molto più elevato, soprattutto con l'aumento del rifornimento da nave a nave e un picco dell'80% nel traffico marittimo internazionale intorno al Capo di Buona Speranza, a seguito degli attacchi dei ribelli Houthi alle navi che attraversano il Mar Rosso dal 2023. Le ricerche indicano che gli armatori non sempre segnalano incidenti marittimi o fuoriuscite di petrolio in acque internazionali a meno che non siano costretti a dichiarare un SOS internazionale per una nave in difficoltà. La ragione principale è finanziaria: secondo le regole dell'Organizzazione Marittima Internazionale, tutti i grandi incidenti e le fuoriuscite di petrolio devono essere indagati formalmente, cosa che i proprietari di navi che navigano sotto bandiera di convenienza e le autorità marittime di quei paesi sono restii a fare. Di conseguenza, solo l'1% degli incidenti marittimi o delle fuoriuscite di petrolio in acque internazionali viene mai segnalato.

Per quanto riguarda le fuoriuscite di petrolio derivanti da esplorazioni petrolifere offshore, come l'esplosione di un pozzo in mare profondo, la situazione è ulteriormente complicata dalla burocrazia locale. Neville Noble, responsabile dell'ufficio della SAMSA a Saldanha Bay, ha detto che l'organizzazione ha giurisdizione solo sulle fuoriuscite superficiali, mentre le attività e le strutture sottomarine come testate di pozzo e oleodotti rientrano sotto l'ambito del Dipartimento delle Risorse Minerarie e del Ministero dei Trasporti. Ha spiegato che sebbene la SAMSA sia nominalmente responsabile di tutte le operazioni di bonifica da fuoriuscite marine di petrolio, il personale, le attrezzature e le imbarcazioni che utilizzano sono forniti e mantenuti dall'industria petrolifera stessa.

Dopo la disastrosa esplosione della Deep Horizon del 2010 presso il pozzo ultra-profondo della British Petroleum nel Golfo del Messico, l'industria petrolifera internazionale ha fondato la società Oil Spill Response Limited (OSRL), che ha sviluppato tecnologie specializzate come le valvole di sicurezza (BOP) per chiudere i pozzi petroliferi in acque profonde che presentano perdite. Con un peso superiore alle 50 tonnellate e un'altezza pari a quella di un edificio a due piani, questi BOP costano decine di milioni di dollari e ne esistono solo cinque al mondo, uno dei quali è posizionato nella baia di Saldanha. Finora non ce n'è stato bisogno, ma questo non è di alcun conforto per le associazioni ambientaliste del Western Cape.


La perforazione dei pozzi

La perforazione di pozzi a profondità superiori ai 3.600 metri nelle acque agitate dell'Oceano Atlantico nel bacino dell'Orange comporta un livello di rischio inaccettabile, ha affermato Neville van Rooy, responsabile del programma di sensibilizzazione del gruppo della società civile The Green Connection. Anche se l'OSRL fosse pronta ad affrontare qualsiasi incidente di perforazione petrolifera, i critici del settore temono che una fuoriuscita possa causare danni ambientali massicci lungo tutte le coste atlantiche meridionali del Sudafrica e della Namibia prima che possa essere contenuta.

Gli specialisti australiani in valutazione ambientale della SLR Consulting, che gestiscono gli studi di valutazione dell'impatto ambientale e sociale per Shell e TotalEnergies, hanno dichiarato che la loro modellazione suggerisce che qualsiasi fuoriuscita da un blocco petrolifero ultra-profondo – tipicamente situato tra 250 km e 350 km al largo - verrebbe dispersa dai forti venti meridionali prevalenti e dalla corrente veloce del Benguela molto prima di raggiungere la costa. Tuttavia, questa preoccupazione è al momento irrilevante dopo che l'Alta Corte del Capo ha stabilito all'inizio di quest'anno che il certificato di autorizzazione ambientale rilasciato alla Shell e alla TotalEnergies per l'esplorazione nel Blocco 5/6/7, situato più vicino alla costa sulla piattaforma continentale al largo della baia di Saldanha, non è valido a causa della mancanza di consultazione con le comunità locali.

Con una richiesta simile ora presentata per il blocco petrolifero ultraprofondo Deep-Water Orange Basin (NCUD13) di Shell, la società ha rinviato la sua esplorazione sismica al 2026 e sta invece conducendo seminari di “buona comprensione tra vicini” a Port Nolloth, Hondeklipbaai e Doringbaai.

“Tutto - in termini di attività di esplorazione fisica - è stato sospeso per ora a causa dell'ingiunzione e di un’altra causa pendente”, ha affermato l'ecologista di lungo corso Liziwe McDaid, responsabile della campagna di The Green Connection, che ha guidato le richieste presentate alla Corte Suprema del Capo.
 

Il gas naturale

Questo significa che le associazioni ambientaliste possano dichiarare vittoria sull'industria dei combustibili fossili, soprattutto dopo che Kgosientsho Ramokgopa, Ministro dell'Elettricità e dell'Energia del Sudafrica, ha annunciato il 19 ottobre che il paese si sta allontanando dal carbone, prevedendo un aumento degli impianti solari per generare ulteriori 25.000 MW di elettricità?

Non è così, dice la McDaid, il diavolo sta sempre nei dettagli. Sebbene il Sudafrica non intenda aumentare l'uso del carbone per la generazione di elettricità secondo il Piano Integrato delle Risorse (IRP) del 2025, la nuova politica di Ramokgopa prevede di espandere l'uso del gas naturale nel mix energetico del 50% – fino a 6.000 MW entro il 2030, per poi crescere fino a 16.000 MW entro il 2039.
Questo crea di fatto una domanda artificiale e continua di gas nei due più grandi impianti a turbine a gas a ciclo aperto di Eskom, Ankerlig ad Atlantis e Gourikwa a Mossel Bay, che attualmente bruciano fino a 2.000 litri di diesel all'ora ciascuno quando vengono utilizzati per stabilizzare la rete elettrica del Western Cape durante i periodi di picco di domanda. Attualmente Eskom [l’utility pubblica sudafricana dell’elettricità, ndt] sta attualmente pianificando di chiudere entro il prossimo anno le altre due centrali a turbina a gas più piccole, Acacia a Goodwood e Port Rex a East London, mentre Ankerlig e Gourikwa saranno convertite all'uso del gas al posto del diesel e rimarranno in funzione fino al 2040, secondo gli obiettivi strategici dell'IRP 2025. Ma con una potenza massima combinata di soli 2.400 MW, Ankerlig e Gourikwa sono ben al di sotto degli obiettivi dell'IRP di 6.000 MW entro il 2030 e 16.000 MW entro il 2039, il che suggerisce che la differenza potrebbe essere colmata da nuove centrali elettriche a turbina a gas di proprietà privata.

Una domanda istituzionale integrata di gas rende probabilmente lo sviluppo delle risorse di gas del bacino dell'Orange e del bacino dell'Outeniqua, al largo della costa meridionale, attraente per gli investitori stranieri che desiderino entrare nel mercato elettrico sudafricano come fornitori di materie prime, ha ipotizzato la McDaid.

“La domanda che mi pongo è: chi ne trarrà vantaggio? Dove si trova la reale domanda industriale di gas, a parte l'approvvigionamento delle costose centrali elettriche di Eskom?”

 

---> Tratto da Oxpeckers. Qui l’originale in  inglese.

*  John Grobler è un collaboratore di Oxpeckers Investigative Environmental Journalism con sede in Namibia.
** Traduzione di Ecor.Network.


Didascalie delle foto:

  1. Resistere: il pescatore veterano Ernest Titus si è rivolto all'attivismo comunitario per cercare di preservare uno stile di vita minacciato dal cambiamento climatico, dall’eccessiva pesca industriale, dalle attività di estrazione mineraria costiera e dai test sismici da parte di imprese alla ricerca di petrolio. Foto: John Grobler.
  2. Sempre meno numerosi: secondo il SANCCOB, dopo la fuoriuscita di petrolio dalla MV Treasure il 23 giugno 2000, la popolazione di pinguini africani è diminuita del 90% e si teme che si estinguerà entro il 2035. Foto: John Grobler.
  3. Un'eredità che sta scomparendo: le popolazioni di cormorani e sule del Capo, un tempo abbondanti, hanno subito un declino simile, anche se meno rapido, del 60-70%, poiché anche la loro principale fonte di cibo, le sardine e le acciughe, è scomparsa negli ultimi 20 anni. Foto: John Grobler.
  4. Più gasdotti e nuovi porti? Il piano dell'IRP 2025 di aumentare del 50% l'uso del gas nel mix energetico del Sudafrica richiederebbe un massiccio ampliamento delle infrastrutture portuali e della rete di gasdotti per raggiungere l'obiettivo di 16.000 MW di elettricità generata da centrali a turbina a gas a ciclo aperto entro il 2039. Foto: John Grobler
  5. Problemi relativi ai gasdotti: gli ambientalisti sono particolarmente preoccupati per i progetti relativi alla realizzazione di un gasdotto transfrontaliero e di una linea di trasmissione tra il Sudafrica e la Namibia. Foto: John Grobler
  6. Il traffico marittimo intorno al Capo di Buona Speranza è aumentato dell'84% dal 2023 a causa dell'instabilità politica nel Corno d'Africa. L'aumento del traffico navale, sebbene positivo per gli affari, sta contribuendo al declino della biodiversità marina a causa del rumore e dell'inquinamento che comporta. Foto: John Grobler
  7.  (in copertina) Il forte aumento delle operazioni di rifornimento da nave a nave è stato segnalato come una delle principali cause delle fuoriuscite di petrolio non segnalate lungo la costa occidentale; secondo fonti del settore, solo l'1% di tali incidenti viene tipicamente segnalato alle autorità. La maggior parte di questi trasferimenti riguarda il trasbordo di benzina e diesel, che si dissipano rapidamente in superficie ma sono estremamente dannosi per l'ambiente marino. La fotografia è a scopo puramente illustrativo, non vi sono prove che questa nave sia responsabile di inquinamento. Foto di John Grobler
  8. Un mercato vincolato per alimentare costosi elefanti bianchi? L'impianto a turbina a gas a ciclo aperto Ankerlig di Eskom ad Atlantis e l'impianto Gourikwa a Mossel Bay dovrebbero rimanere in servizio fino al 2040 come cosiddetti impianti di picco per stabilizzare la rete elettrica del Capo Occidentale durante i periodi di picco della domanda...
  9.  … Ciò rende il Capo Occidentale un mercato vincolato sul quale il costo dell'espansione dell'uso del gas potrebbe essere imposto sotto forma di tariffe elettriche molto più elevate. Foto: John Grobler

 

11 dicembre 2025 (pubblicato qui il 14 dicembre 2025)