I prezzi dell'energia in chiave trasformativa
Passiamo ora alla politica dei prezzi dell'energia, che consideriamo un elemento centrale di possibili transizioni energetiche globali. Per fare ciò, ricordiamo che la definizione di questi prezzi non dipende solo dagli attuali costi di produzione, ma anche dalle aspettative sulla futura domanda di energia della società. Inoltre, la politica dei prezzi può influenzare la distribuzione della ricchezza tra i diversi settori della società, e quindi anche la sua vita politica. A titolo di esempio, ricordiamo tutti gli interessi e i conflitti esistenti riguardo al prezzo del petrolio.
Il problema centrale risiede nella difficoltà che esiste nella determinazione ed eventuale fissazione dei prezzi delle diverse fonti energetiche, senza che ciò influisca pericolosamente né incida negativamente sull'equilibrio degli ecosistemi. Allo stesso modo, si pone la sfida di come generare sistemi di prezzi che garantiscano un approvvigionamento energetico giusto, adeguato e conforme agli obiettivi socioeconomici di ciascun paese.
Qui si evidenzia che i cosiddetti liberi mercati hanno generato dinamiche dei prezzi dell'energia con enormi “irrazionalità esuberanti” dominate soprattutto dalla speculazione finanziaria.10 La visione economica della libera concorrenza, che postula il mercato come unico regolatore, nella realtà risulta valida in pochissimi casi e momenti. Questa visione del libero scambio ha diverse premesse e presupposti che la allontanano dalla realtà. Sebbene le teorie economiche della fissazione dei prezzi da monopoli, oligopoli, cartelli e forme simili di concorrenza imperfetta, forniscono un contesto più reale, neanche raggiungono un'adeguata comprensione della questione dei prezzi dell'energia dove, oltre alla speculazione finanziaria, confluiscono anche elementi geopolitici.
In altre parole, le teorie economiche non bastano a rispondere al problema dello sfruttamento delle risorse energetiche, soprattutto per la loro miopia nel far incidere sui loro prezzi presenti e futuri in termini geopolitici e socio-ambientali. Infatti, l'eccessivo approccio economico può portare a un uso eccessivo delle risorse energetiche quando i prezzi sono bassi o permanentemente sovvenzionati; oppure, quando c'è un incremento eccessivo dei prezzi, senza considerare l'incapacità di sostituire efficacemente l'energia nel breve periodo, deteriora le condizioni di vita di ampi strati della popolazione. E, per giunta, con l'obiettivo di alleviare le restrizioni energetiche, vengono rafforzate le pressioni per continuare ad espandere l'estrattivismo, sia con i combustibili fossili che con altre fonti energetiche che distruggono la natura.
Così, i “benefici marginalisti” di fissare i prezzi nei mercati dell'energia (che poi influenzano i prezzi al consumo) crollano di fronte alle condizioni violente della reale concorrenza capitalistica,11 come avviene da tempo in Europa, situazione che siè aggravata con il conflitto tra Ucraina e Russia. L'incatenamento dei prezzi dei carburanti derivati dal petrolio alle fluttuazioni internazionali non è neanche socialmente sostenibile, come si è visto più volte in diversi paesi dell'America Latina (dove l'aumento dei prezzi dei carburanti ha motivato molteplici proteste nel 2022).12 A tal proposito, chiariamo che questi risultati possono portare a sostenere strutture dei prezzi rigide con enormi sussidi che causano profonde distorsioni e anche benefici a coloro che non meritano di ricevere tali sostegni statali (il Venezuela ne è un esempio estremo).
Sottolineiamo che la concorrenza reale nei mercati dell'energia è molte volte dominata dagli specifici interessi delle multinazionali o dei grandi Stati (di solito in collusione con le stesse imprese). I prezzi, quindi, non dipendono solo dalla domanda e dall'offerta, ma soprattutto dalla posizione di potere di un numero limitato di aziende e di potenze, i cui interessi alla fine prevalgono, ribadiamo, anche come strumento di pressione o di dominazione geopolitica.
Va inoltre considerato che le fonti energetiche presentano diverse specificità, per cui la determinazione dei loro prezzi non può essere pensata in termini troppo generici, ma deve essere adattata alle caratteristiche specifiche di ciascun mercato. Così abbiamo il carbone, il petrolio, l'elettricità, la biomassa, l'energia nucleare e altre fonti energetiche che hanno caratteristiche proprie che influiscono direttamente sui loro usi e prezzi. Non tutte le fonti di energia sono adatte a tutti gli usi, se assumiamo l'energia come forza, come calore, come luce, etc., né possono essere sostituite in uguali periodi di tempo.
In questo contesto, come si è visto più volte quando i prezzi dell'energia vengono modificati in maniera inconsulta o da punti di vista dogmatici, la questione ha provocato reiterati conflitti sociali e politiche instabili e mutevoli con effetti indesiderati. Tra i punti più controversi c'è l'eliminazione dei sussidi per i carburanti: sussidi che di solito non possono essere eliminati di colpo, “bruscamente”, né possono essere mantenuti all'infinito in maniera maldestra e senza criteri di equità.
I sussidi per i carburanti — e per l'energia in generale — devono essere affrontati con una prospettiva globale, non solo fiscale, e in nessun modo in chiave neoliberista.13 Questa chiave richiede politiche dei prezzi concepite come strumenti di politica energetica, economica e sociale, che generano incentivi e disincentivi all'uso di determinate fonti energetiche. Occorre individuare in che modo i prezzi generano sproporzioni tra offerta e domanda e dove generano inefficienze e sprechi di energia oltre che favorire strati sociali elevati (ad esempio auto private, riscaldamento dell'acqua, ecc.). Parallelamente, è necessario definire dove si possono estendere i sussidi (ad esempio, trasporti popolari, piccole e medie produzioni, consumi energetici delle fasce sociali più basse). Chiariamo che i sussidi non sono distorsivi di per sé, ma piuttosto lo è una loro applicazione generalizzata senza strategie serie.
Sappiamo che le grandi distorsioni nel settore energetico causate da una mancanza di pianificazione non possono essere risolte a breve termine. Pertanto, cercare solo risposte che riducano i deficit fiscali è un grave errore. Se i sussidi vengono eliminati o focalizzati senza conoscere i punti nodali con cui agire, senza stimare quanto ritirare del sussidio e senza una strategia a lungo termine, l'aumento dei prezzi potrebbe ripercuotere seriamente sulla produzione, sul tessuto sociale e persino sull'inflazione. È inoltre necessario avere coscienza delle esternalità — o meglio, parliamo dei costi — eco-sociali, poiché molto spesso, quando non adeguatamente incorporati, si consolidano squilibri strutturali sempre più complessi e predatori.
In tal senso, i prezzi dell'energia devono essere fissati in funzione del costo di produzione/estrazione, determinato sia dai fattori di produzione utilizzati (o dalla manodopera socialmente impiegata) sia dai fattori di produzione necessari a rifornire o sostituire le risorse consumate. Allo stesso modo, la determinazione del prezzo in base ai costi di produzione e di rifornimento (compresi i costi di trasporto e distribuzione) deve essere effettuata minimizzando tali costi in un contesto dove si ricerchi sia l'efficienza che il riconoscimento che l'energia deve essere un diritto e un bene comune.
Ad esempio, si potrebbe costruire una struttura di riferimento dei prezzi prendendo come punto centrale l'elettricità, dalla quale si stabiliscono i prezzi di altre fonti energetiche in base al loro rendimento calorico e i vari livelli di impatto socio-ambientale. Questo sforzo dovrebbe considerare le disponibilità energetiche attuali e future, secondo gli scenari assunti come orizzonti di trasformazione, promuovendo lo sviluppo tecnologico per raggiungere un livello più razionale nell'esplorazione, produzione, trasformazione, trasporto e consumo di energia.
Allo stesso modo, in molti casi il prezzo dell'energia dovrebbe non solo coprire i costi e sostituire i consumi, ma dovrebbe anche contribuire a regolare la domanda, incoraggiando il consumo di energia rinnovabile o relativamente abbondante, limitando al contempo il consumo di energia non rinnovabile, soprattutto se c'è un'elevata dipendenza esterna o una forte contaminazione. Pertanto, una politica dei prezzi dell'energia può aumentare l'efficienza energetica e migliorare la conservazione delle risorse, per evitare distorsioni nell'economia e nei modelli di consumo. Pertanto, i prezzi assegnati alle diverse fonti energetiche devono implicare un'allocazione ottimale delle risorse disponibili e, allo stesso tempo, consentire il raggiungimento della massima efficienza socioeconomica e armonia ambientale. Ribadiamo che una trasformazione energetica democratica e popolare deve sempre salvaguardare l'ambiente, impedendo che interessi particolari e di breve periodo prevalgano sui bisogni e sugli interessi collettivi e minaccino l'esistenza stessa della vita sul pianeta.
A proposito, i prezzi dell'energia sono rilevanti nell'adozione, sostituzione o sviluppo di certi processi produttivi, specialmente nell'industria, nell'agricoltura, nell'organizzazione delle città. Tale rilevanza rende la pianificazione di questi prezzi parte di una pianificazione economica molto più ampia e che ha obiettivi chiari a breve e lungo termine.
Parlare di energia come diritto e non come merce non significa che sia distribuita gratuitamente per tutti gli usi: saranno necessarie tariffe differenziate con criteri sociali, ecologici e produttivi.14 Oltre a promuovere trasformazioni strutturali in questa prospettiva, si tratta di superare definitivamente la “povertà energetica” che colpisce larghi strati della popolazione in tutto il mondo. Sulla base di questa riflessione, è necessario definire la quantità minima di energia indispensabile per garantire una vita dignitosa.
Ora, non dimentichiamo che le fonti energetiche convenzionali, e anche diverse fonti non convenzionali, richiedono sempre più risorse economiche e finanziarie. Questo limita la ricerca di soluzioni decentrate e democraticamente controllate dal basso, e piuttosto accelera la concentrazione del potere in pochi conglomerati energetici transnazionali (come è storicamente accaduto con i combustibili fossili). In questo contesto di dominio e dipendenza, l'energia è perversamente legata al debito estero e all'aumento del debito ecologico: nel primo caso, normalmente i paesi del Nord del mondo sono i creditori e, nel secondo, i creditori sono del Sud del mondo.
Di fronte a questa realtà, in molti paesi è aumentato il controllo o addirittura l'azione diretta dello Stato. Allo stesso modo, in questo settore così importante come l'energia, sono state ricercate diverse alternative per la cooperazione e l'integrazione regionale. Senza minimizzare queste azioni (sia con una crescente titolarità dello Stato nel settore energetico15 sia con integrazioni energetiche regionali), riteniamo che non siano sufficienti per le trasformazioni che qui proponiamo. In particolare, le attuali iniziative statali e regionali si limitano spesso a ricercare la sostituzione di alcune fonti energetiche o semplicemente a garantirne la fornitura per sostenere la razionalità di un sistema di civiltà insostenibile. Non basta decarbonizzare il modello energetico, ma è sempre più urgente cambiare le modalità di produzione e le strutture di consumo. E in questa linea di riflessione, non basta garantire le forniture energetiche mantenendo lo status quo, cosa impossibile da sostenere se non si vogliono mantenere le inique strutture di dominio mondiale.
Pertanto, in una prospettiva globale, è sempre più evidente che le emissioni generate dall'ottenimento e dalla trasformazione degli idrocarburi sono in gran parte responsabili del collasso ecologico che stiamo vivendo. I gas serra causati dal consumo di combustibili fossili rappresentano l'86% del totale. Tanto che l'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), con sede a Parigi, creata nel 1974 come anti-OPEC (Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) dai grandi Paesi importatori di idrocarburi, aveva già annunciato nel 2012 che è indispensabile lasciare due terzi di tutte le riserve accertate di combustibili fossili — carbone, petrolio e gas — nel sottosuolo se non vogliamo che l'aumento della temperatura globale superi i 2 gradi entro il 2050. Queste cifre sono state recentemente messe a punto, come si legge sulla rivista Nature pubblicata nel settembre 2021: l'89% delle riserve conosciute di carbone, il 58% di petrolio e il 59% di gas devono rimanere sottoterra se non vogliamo che l'aumento della temperatura del pianeta sia superiore a 1,5°C.
Altri esempi: prevenire la generazione di energie estreme come il fracking; non cadere nelle grinfie degli agrocarburanti sacrificando il cibo per gli esseri umani per sostenere l'approvvigionamento energetico dei veicoli a benzina; razionalizzare i consumi energetici attraverso la diffusione di nuovi modelli di consumo e diagnosi energetiche... Tutto questo discorso può essere integrato con alcuni esempi concreti che hanno avuto grande ripercussione, come la proposta di lasciare nel sottosuolo quanto più combustibile fossile possibile per non continuare a deteriorare l'atmosfera, così come l'Iniziativa Yasuní-ITT.16
Dall'energia come diritto ad altri modi di organizzare la vita
Se assumiamo che l'energia deve essere un diritto, è fondamentale che il controllo dei vari processi energetici sia democratizzato, con la partecipazione attiva delle basi della società. Così come è indispensabile soddisfare le esigenze energetiche locali nelle campagne e nelle città con un approvvigionamento locale di energia, con una gestione organizzata in quartieri e comunità (almeno dove tecnologicamente fattibile). L'idea è quella di costruire quanta più orizzontalità possibile nella generazione e nella fornitura di energia dalla democrazia e azione diretta. L'autogestione concreta inizierebbe con l'installazione di pannelli solari/fotovoltaici o piccoli impianti idroelettrici con l'intervento degli abitanti dei quartieri delle città e delle comunità nelle campagne.
Ai livelli più complessi del sistema energetico, è fondamentale che nella gestione delle imprese energetiche siano presenti rappresentanti dei consumatori, soprattutto dei settori popolari. Insomma, le transizioni devono essere pensate a partire dai territori e dalle comunità specifiche. Ciò può includere anche la possibilità di sviluppare industrie locali, nazionali e regionali di attrezzature per gli impianti di energia rinnovabile e sostenibile.
Allo stesso modo, parte del compito è ripensare le città, ridisegnarle, riorganizzarle dal basso, per ristabilire il loro equilibrio con il rurale (che deve essere rivalorizzato). In questo sforzo il costo energetico dei trasporti gioca un ruolo significativo, così come quello della produzione alimentare. Allo stesso modo, è urgente un miglioramento sostanziale delle condizioni di vita nelle campagne offrendo, ad esempio, sistemi elettrici efficienti e a basso costo, preferibilmente con schemi di generazione decentralizzata.
Inoltre, attraverso il recupero di conoscenze ancestrali per proiettare altri futuri, è necessario intendere l'energia come la base della vita stessa. Nina Pacari, una leader indigena ecuadoriana, ci dice che secondo la cosmovisione indigena, tutti gli esseri della natura sono investiti di energia, che è il 'samai' e, di conseguenza, sono esseri che hanno vita: una pietra, un fiume (acqua), la montagna, il sole, le piante, insomma, tutti gli esseri hanno vita e godono anche di una famiglia, di gioie e dolori, proprio come l'essere umano. È così che ciascuno di questi esseri si relaziona con gli altri, come con l'uomo (essere umano), con la cultura, l'organizzazione, la religione, la filosofia, l'architettura, la salute, la lingua, la politica, la terra, il territorio, la biodiversità (risorse naturali), il potere di per sé o l'esercizio del potere di governo. In altre parole, possiamo dire che tutti siamo parte di un tutto: che, pur essendo diversi, siamo complementari, abbiamo bisogno gli uni degli altri. E così, dalla razionalità, è necessario sviluppare riflessioni e azioni che integrino la gestione dell'energia da altre prospettive.
Se assumiamo la natura come soggetto di diritti, tutti questi passaggi devono essere inseriti in visioni e pratiche che superino l'antropocentrismo, generando un nuovo paradigma che riconfiguri le relazioni degli esseri umani con la natura e contemporaneamente incorpori le sfide sociali e lo smantellamento delle varie strutture di dominio. Una delle urgenze parte dalla demercificazione della natura, senza cadere nelle tante trappole della "green economy". Da questi processi di emancipazione emerge con sempre maggior forza il post-sviluppo,17 come orizzonte da costruire, che deve essere un terreno dove l'energia può e deve essere ripensata in modo integrale.
Un altro mondo è possibile se, strada facendo, immaginiamo e costruiamo società basate su principi opposti all'attuale civilizzazione, causa di tanti e sempre maggiori squilibri, frustrazioni e violenze. L'avidità, dominatrice del capitalismo, deve essere sostituita dalla ricerca di una vita in armonia. Decelerazione, decentramento e deconcentrazione devono arrestare il parossismo del consumismo e il produttivismo sfrenato. In tutto questo sforzo, senza sottovalutare altri campi strategici di azione, come quello statale e internazionale, vanno promosse le transizioni viste sempre come spazi di disputa politica piuttosto che come ambiti riservati alla tecnologia. E, soprattutto, da una dimensione comunitaria, dagli specifici territori, col fine di superare il mercato-centrismo e lo statocentrismo, urge disarmare, democraticamente, le strutture gerarchiche patriarcali, razziste, impoveritrici, distruttrici, concentratrici e, soprattutto, autoritarie.
Affinché i processi prometeici rompano le catene dell'energia legate al capitale, abbiamo bisogno di relazionalità invece che di frammentazione; reciprocità invece di competizione sfrenata; solidarietà e condivisione invece dell'individualismo egoista; cooperazione reciproca invece di concorrenza feroce; diritto a una vita dignitosa anziché un diritto assoluto alla proprietà privata o al lucro senza limiti.
Energia per vivere, non per accumulare o distruggere.
(2. Fine)
* Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network
Originale in spagnolo: "Energía para vivir, no para acumular ni destruir. Los precios en una transición energética integral",
da: Energía y Equidad, Diciembre 2022 - N°5 - "Guerra, crisis y resistencias"
NOTE:
10) Sul ruolo dell'irrazionalità nella speculazione finanziaria si veda il libro di Robert Shiller: Esuberanza irrazionale. Edizioni Deusto, Barcellona, 2015.
11) Sulla nozione di concorrenza capitalistica reale e le sue differenze teoriche con la concorrenza perfetta, cfr. Il lavoro di Anwar Shaikh: Capitalismo: competizione, conflitto, crisi. Oxford University Press, 2016.
12) Si veda la rassegna delle proteste del giugno 2022 associate all'aumento dei prezzi del carburante nel caso ecuadoriano, scritta da uno degli autori di questo articolo: "Disuguaglianza, disoccupazione e repressione nelle terre ecuadoriane". Istituto di studi latinoamericani. , Giugno 2022. Disponibile su https://https://iela.ufsc.br/noticia/ desigualdad-paro-y-represion-en-tierras-ecuatorianas
13) Si veda la riflessione sull'argomento contestualizzata al caso ecuadoriano scritta dagli autori di questo articolo: "Per una soluzione globale al sussidio per il carburante... ancora una volta", Rebelión, agosto 2021. Disponibile su https://rebelion.org/689180-2/
14) A questo punto, notiamo la necessità di incorporare l'analisi della teoria marxista del valore/lavoro per comprendere meglio le relazioni del capitale con la terra e i depositi di combustibili fossili e minerali, nonché forme alternative di energia. Un interessante approccio all'argomento è offerto da George Caffentzis in Una Teoria Marxista del lavoro-valore alla luce dell'industria petrolifera – Introduzione e glossario (traduzione di Elena Marengo e Nancy Piñeiro), Tinta Limón, Buenos Aires, 2022. E, tra l'altro, non è solo necessario superare il valore di scambio introducendo il valore d'uso, ma è essenziale assumere il valore intrinseco di tutti gli esseri viventi, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno un uso per gli esseri umani, come passo preliminare per risposte biocentriche o ecocentriche.
15) Si veda il testo di Eduardo Gudynas (2022); “Ancora una volta la trappola tra proprietà e accesso alle risorse naturali nella Costituzione cilena”. Disponibile su http://extractivismo.com/2022/05/otra-vez-la-trampa-entrela-propiedad-y-el-acceso-a-los-recursos-naturales-en-la-constitucion-de-chile/
16) Tra le varie riflessioni sul tema di uno degli autori di queste righe, segnaliamo questo articolo: "Yasuní-ITT Initiative - La difficile costruzione dell'utopia" (2014), disponibile su https://albertoacosta.ec/ iniciativa-yasuni-itt-la-dificil-construccion-de-la-utopia/
17) Si veda il libro di più autori, a cura di Alberto Acosta, Pascual García e Ronaldo Munck (2021); Post-sviluppo. Contesto, contraddizioni e futuro, Abya-Yala. Disponibile su http://obela.org/system/files/ POSDESARROLLO%20digital.pdf