Come può uno scoglio arginare il mare. Il ‘mosciolo di Portonovo’ vittima dell’estrattivismo marchigiano

di Leonardo Animali

A fine giugno di quest’anno, durante la prima ondata di calore che ha investito la Penisola, facendo quasi 500 morti nelle sole città di Roma e Milano, la temperatura dell’acqua del mar Adriatico davanti la costa della Riviera del Conero ad Ancona, ha raggiunto i 27,2° C (rispetto al giugno 2024, la media mensile è stata di 2 gradi centigradi in più). Nonostante questa situazione senza precedenti, conseguenza dell’accelerazione della catastrofe ecoclimatica, l’assessore regionale alla pesca, il leghista Andrea Maria Antonini, ha deciso, supportato dall’unanimità della Consulta regionale della Pesca, di riaprire comunque dal 2 luglio la pesca del ‘mosciolo di Portonovo’. “I pescatori di moscioli – si legge in un post del 30 giugno sul suo profilo social istituzionale - hanno garantito alla Consulta una massima attenzione nel prelevare la famosa cozza anconetana senza alterarne il potenziale produttivo per i prossimi mesi. La Regione Marche ha assicurato alle 31 aziende di pesca al mosciolo un bando, con fondi propri, in parziale ristoro della riduzione di fatturato, di circa 300 mila euro”. La taglia minima del mitilo non potrà essere inferiore a 5 centimetri, mentre a differenza dei professionisti, i pescatori amatoriali dovranno attenersi al rispetto della quantità pescata di 3 kg al giorno. 

Il mosciolo di Portonovo è un'eccellenza gastronomica, una cozza selvatica che cresce naturalmente nel tratto di mare della Baia di Portonovo, riconosciuta come Presidio Slow Food dal 2004. Un prodotto su cui il settore della ristorazione locale e del turismo regionale punta molte delle proprie carte. Che però, causa le conseguenze del surriscaldamento globale, rischia l’estinzione. Lo spiegano bene gli scienziati, a partire dal prof. Roberto Danovaro, biologo marino dell’Università Politecnica delle Marche: “Per fortuna, fino ad ora, le mucillagini non sono arrivate. Se continua questo trend di calore, ben presto supereremo i massimi della temperatura dell’acqua toccati lo scorso anno, circa 31° a metà luglio, e per il mosciolo sarà dura sopravvivere. È necessario vietare la raccolta, in accordo con gli stessi mosciolari, che hanno bisogno evidentemente di ristori”.

La pesca del mosciolo selvatico risale all’inizio del secolo scorso, al tempo praticata con dei ‘forconi’, come forma di sostentamento dai contadini prospicenti al mare. Ha avuto un primo incremento dopo la seconda guerra mondiale, quando si è iniziato a pescare in apnea con delle imbarcazioni di legno a remi e a scopo anche commerciale, e poi un grande impulso intorno agli anni ’60-’70 a seguito dell’avvento della pesca subacquea e quindi dell’utilizzo di strumenti di prelievo più efficaci (negli anni ’80 i quantitativi pescati erano dell’ordine delle migliaia di tonnellate all’anno, nei primi anni 2000 il quantitativo è sceso ad alcune centinaia di tonnellate).

Sul rischio estinzione gli scienziati concordano su due motivazioni. Da una parte ci sono fattori ambientali come l’innalzamento delle temperature dell’acqua, e la siccità che ha portato a una minore affluenza dei fiumi in mare e di conseguenza meno nutrienti (azoto, fosforo, etc.) utili al fitoplancton, principale fonte di cibo dei mitili, a cui si sono si sono aggiunte anche le mucillagini che si depositano ricoprendo i banchi di mitili e altri organismi che vivono sul fondo, compromettendone così la respirazione. Ma ci sono fattori antropici come il prelievo professionale e quello ricreativo molto impattanti. Questo aspetto non è un dettaglio trascurabile, considerando che oltre alla pesca professionale, c’è anche una componente ricreativa e sportiva non banale (e di pesca illegale) che incide sulla risorsa. Di fronte a questa situazione, anziché farsi carico di un problema ambientale ed ecologico molto grave nel suo complesso, che va ben al di là del destino del mosciolo, la politica regionale e locale sta da diversi mesi dando vita alla più classica delle sceneggiature tipiche della prosa di Flaiano: ostaggio, per ragioni elettorali (a poche settimane dalle regionali) delle categorie economiche del turismo da una parte, e dai pescatori professionisti dall’altra. E’ questo atteggiamento dei decisori politici, che inquadra la vicenda del mosciolo di Portonovo come una vera e propria azione estrattivista.

Nonostante l’allarme lanciato la scorsa estate per la ‘strage’ di moscioli, documentata dal CNR, in cui gli esperti parlavano già di una parziale compromissione della stagione 2025, il riscontro del tavolo tecnico a primavera, è stato addirittura peggiore delle previsioni: il mosciolo selvatico di Portonovo, all’inizio di maggio era quasi del tutto assente sugli scogli della baia. Tanto da far annullare nella primavera di quest’anno, durante la festa patronale di San Ciriaco, la tradizionale kermesse gastronomica “Mosciolando”, organizzata dal Presidio Slow Food. Più precisamente, gli esemplari che avevano raggiunto una dimensione commerciabile erano pochissimi, di certo non adatti a soddisfare la richiesta della ristorazione. Gli altri esemplari erano ancora troppo piccoli e quest’estate sarebbero potuti morire tutti. Solo lo stop totale per molto tempo del prelievo del mosciolo, avrebbe permesso di allentare il forte stress che il prodotto ha subito finora. La pesca, da calendario sarebbe dovuta iniziare il 15 maggio; solo il 7 maggio, si è svolta l'assemblea dei pescatori del mosciolo selvatico di Portonovo, che ha deliberato di trasmettere alla Regione Marche la proposta di posticipo della pesca del mosciolo al 1 luglio, come misura straordinaria e temporanea. La decisione di conseguenza è stata recepita dalla Regione dalla Regione Marche.

Poi una serie di confronti tra categorie economiche e politica, che nonostante la straordinarietà climatica di giugno e la richiesta della scienza e del mondo ambientalista di saltare per almeno un anno la pesca, ha portato comunque alla riapertura del 2 luglio; rispetto alla quale c’è stata la forte presa di posizione del sindaco di Ancona Daniele Silvetti, della stessa coalizione politica del governo regionale, che ha chiesto lo stop alla pesca per tutto l’anno: “Ho chiesto formalmente in data odierna di emanare la necessaria ordinanza, da parte dell’Autorità marittima preposta, per estendere il divieto di pesca dei moscioli all’intera stagione estiva 2025”. Alla levata di scudi del sindaco si sono aggiunte le voci di Italia Nostra Marche e dello Slow Food.

C’è da dire che nella prima giornata di pesca del mosciolo, il 3 luglio, di questo prezioso mitile non se n’è visto neanche uno. Tanto seme sugli scogli, ma niente moscioli, come hanno raccontato i pescatori rientrati solo ricci e tartufi di mare. Lo scorso 9 luglio, si è tenuta l’ulteriore riunione della Consulta per la Pesca, che ha deliberato la più ‘democristiana’ delle decisioni: la pesca rimarrà aperta per i pescatori professionisti, e verrà chiusa quella amatoriale sportiva e ricreativa dall’ 11 luglio Ma la saga, considerato che la sagra non potrà esserci, del mosciolo ha avuto il suo epilogo (finale?) il 15 luglio, in cui si è raggiunta la pax politica dorica tra l’assessore regionale di Fratelli d’Italia e il sindaco di Ancona, anche lui ex missino ma da qualche anno più moderato in Forza Italia. Con il beneplacito unanime di pescatori, CNR, Università, Capitaneria di Porto e Slow Food, quest’anno la stagione di pesca del mosciolo verrà chiusa anticipatamente il 15 agosto, anziché ad ottobre.

Degno del miglior Flaiano, per rimanere al genere letterario, un passaggio del comunicato stampa congiunto diffuso dalla Regione il 16 luglio:

“L’obiettivo comune è di dare tempo alla natura di rigenerarsi e riorganizzare una gestione sostenibile con strumenti alternativi e aiuti economici per i pescatori. (…) Negli ultimi anni, studi scientifici, osservazioni dei pescatori e analisi ambientali hanno confermato una significativa riduzione della popolazione naturale del mitilo lungo la costa tra Ancona e Sirolo. Le cause principali sono da attribuire al cambiamento climatico, all’aumento della temperatura del mare, alla mancanza di ricambio generazionale”.

Di fronte a questa epocale decisione, è legittimo chiedersi se la benevolenza dei decisori politici marchigiani di concedere circa un paio di mesi di tempo alla natura per rigenerarsi, sia ritenuto da quest’ultima sufficiente. Ma anche, leggendo il comunicato, chi sarebbe manchevole di ricambio generazionale, il mosciolo, o la categoria dei pescatori? O magari quella dei ristoratori, che potrebbero esser succeduti da una generazione di chef capaci di predisporre un menù senza moscioli, ma pur sempre accattivante per l’avventore?

I decisori politici anconetani e regionali, manterranno poi la stessa fermezza avuta per la salvaguardia del mosciolo, o faranno in occasione della Festa del Mare (tra fine agosto e inizio settembre) la stessa scelta dello scorso anno? Quando a ‘fermo pesca’ in corso si fecero dare dal ministro Lollobrigida una deroga straordinaria per effettuare una calata (una battuta di pesca), così da poter far gustare il pescato locale alle persone che avrebbero affollato gli stand gastronomici. In questa vicenda manca, anche per par condicio, la voce di una parte politica, quella del PD. Che, giustamente, per evitare imbarazzi, ha scelto di tacere. Dopotutto, il partito che candida al governo della Regione Matteo Ricci, quello che mesi fa, rimanendo in campo gastronomico, s’invitava a cena a casa dei marchigiani con lo slogan (da gesti apotropaici per chi conosce un po’ la storia della regione) “Un marchigiano alla porta”, è meglio che taccia. Perché nel programma regionale del campo molto largo del centrosinistra, c’è l’istituzione dell’Area Marina Protetta del Conero: una scelta importante che tutelerebbe anche il mosciolo dalla pesca.

Ma la punta di diamante del PD marchigiano nella lista delle regionali sarà proprio Valeria Mancinelli. Che in dieci anni da sindaca di Ancona ha negato con tutte le sue forze e poteri la realizzazione dell’Area Marina Protetta; un motivo, tra altri, che ha fatto sì che dopo la sua sindacatura, la città di Ancona per la prima volta venisse governata dalla destra. Insomma, questa è una storia di estrattivismo bella e buona, in cui la politica, con l’arrendevolezza di alcuni soggetti, e il ricatto elettorale di altri, non vuole fare l’unica scelta giusta per l’ecosistema marino. Ovvero quella di lasciare i moscioli là dove ancora, seppur miracolosamente, riescono a formarsi; sperando che ce la facciano a non estinguersi, nonostante è acclarato che la situazione ambientale dell’Adriatico nei prossimi anni peggiorerà. Chiedendo ai palati anconetani e a quelli dei turisti, il sopportabile sacrificio di orientarsi su altre scelte gastronomiche.

Ma l’estrattivismo, quasi d’accatto in questo caso, sta proprio qui: nel sacrificare irreversibilmente il patrimonio naturale per un piatto di ‘spaghetti coi moscioli anconetani’.



 

17 luglio 2025 (pubblicato qui il 20 luglio 2025)