"Non si tratta solo del saccheggio della nostra terra... è il saccheggio della nostra identità".

Intervista a Tom Goldtooth, dell'Indigenous Environmental Network (IEN).
Riflettere su ciò che la REDD+ (Riduzione delle Emissioni dovute a Deforestazione e Degrado delle foreste) ha significato per i Popoli Indigeni e per le loro lotte richiede l'inserimento di questo meccanismo in una riflessione molto più ampia sulla storia dei Popoli Indigeni. Una storia segnata dalla resistenza alla colonizzazione e al razzismo, nonché al capitalismo e alla globalizzazione neoliberale. In questa prospettiva, la resistenza alla REDD+ non è un problema solo dei Popoli Indigeni delle foreste tropicali, ma riguarda la loro storica lotta globale per la giustizia.
Il World Rainforest Movement (WRM) ne parla con Tom Goldtooth dell' Indigenous Environmental Network (IEN), e anche membro del Comitato consultivo del WRM.
WRM: Parlaci un po' di te, del perché e del come ti sei lasciato coinvolgere dal tema della REDD+, considerando che provieni da una regione senza foreste tropicali e senza progetti REDD+.
Nel 1998 avevamo avuto un incontro sul cambiamento climatico con la Rete ambientale indigena (IEN la sigla in inglese) che io rappresentavo. E' stato allora che ho ricevuto un mandato da alcune tribù indigene, leader spirituali indigeni e gruppi di base. Credo sia bene che la gente sappia che il governo degli Stati Uniti riconosce le nostre 574 tribù, compresi i nativi dell'Alaska e alcuni aspetti della nostra sovranità. Lo IEN è un'organizzazione basata sulla comunità e sull'appartenenza. Non rappresentiamo i leader indigeni eletti. Quando uso la parola tradizionale mi riferisco a forme originarie.
Nel 1700 e 1800 ci fu un enorme conflitto causato dall'arrivo dei coloni, i colonizzatori provenienti dall'Europa. All'inizio eravamo abbastanza amichevoli con loro, è la nostra natura, il nostro modo di essere. Ma dopo un po' ci siamo resi conto che quelle persone avevano un loro programma: impadronirsi delle nostre terre. E il Nord ha sempre riconosciuto che con la colonizzazione arriva inevitabilmente anche la chiesa, chiesa che deve benedire il saccheggio di un intero paese da parte dei colonizzatori europei. Il diritto internazionale dell'epoca si basava sulle leggi europee, ma era illegale conquistare un intero continente senza ricevere la benedizione della Chiesa. Dicevano che non eravamo civilizzati. Anzi, dicevano che non avevamo un'anima, a-n-i-m-a, che eravamo meno che umani. Questo fa parte del processo di colonizzazione. È essenziale comprendere alcuni retroscena dei Popoli Indigeni del Nord ma, fondamentalmente, lo stesso processo è avvenuto nelle terre e nei territori dell'Amazzonia e delle altre foreste tropicali con i popoli originari, i Popoli Indigeni, abitanti di quelle terre.
Quindi c'è una lunga storia di colonizzazione e saccheggio delle terre, s-a-c-c-h-e-g-g-i-o. È sempre stata una questione di terra, e questo include le diverse risorse e i diversi concetti di come guardare alla natura. I coloni che arrivarono in Nord America, ad esempio, volevano gli alberi della costa orientale per costruire le loro flotte navali. Queste flotte marittime erano gestite come imprese dallo Stato, da singoli o da società; molti non sanno che per centinaia di anni hanno devastato le proprie foreste in Europa. Quindi cercavano più legno per le loro navi e per altri prodotti. Gli spagnoli, per esempio, erano alla ricerca di minerali; gli olandesi avevano i loro interessi, ma tutti basati sul colonialismo.
Così, tenendo in mente questo, nel 1998 alla nostra Rete fu affidata la responsabilità di iniziare a lavorare sul cambiamento climatico. Buenos Aires è stata la prima riunione dell'ONU sul clima a cui ho partecipato e c'erano solo cinque persone indigene. Non avevo familiarità con le questioni relative ai meccanismi di compensazione delle emissioni di carbonio ma, continuando a partecipare a questi incontri, ho sentito parlare dei meccanismi di scambio delle emissioni e ancor più del Clean Development Mechanism (Meccanismo di Sviluppo Pulito - CDM). Mi interessò molto perché lo IEN non si limita agli Stati Uniti o al Canada. Fin dalla formazione della nostra Rete, nel 1990, abbiamo sempre contato sulla partecipazione delle popolazioni indigene del Sud del mondo, soprattutto per quanto riguarda la tutela della biodiversità. Erano i primi anni della formazione della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (CBD). All'inizio degli anni Novanta, la maggior parte dei problemi era legata alle sostanze chimiche tossiche presenti nelle discariche, ai depositi di rifiuti tossici e allo scarico di scorie nucleari in terre indigene. Però man mano che andavamo avanti iniziammo a identificare la terminologia dell'ingiustizia ambientale e del razzismo ambientale, che ha ampliato il dialogo con le nostre oltre 574 tribù, con la nostra gente nel cosiddetto Canada.
Sono queste terminologie ad aver creato uno dei nostri quadri concettuali per affrontare i problemi di iniquità riscontrati da parte nel governo degli Stati Uniti. Noi guardavamo a come mantenere in salute i nostri ecosistemi, ma loro guardavano solo alle cosiddette risorse. I Popoli Indigeni che praticavano e praticano la conoscenza indigena, le forme di vita indigeni, ci hanno sempre consigliato di non guardare alla natura come risorsa naturale, di non guardarla come risorsa. Per questo siamo stati guidati dai detentori del sapere tradizionale, che hanno sempre detto che non dovevamo partecipare al quadro concettuale colonialista che guarda alla natura da una prospettiva capitalista o monetaria. La nostra Rete è formata da rappresentanti delle comunità delle nostre tribù, membri che ancora conservano i nostri saperi tradizionali indigeni, saperi che ci sono stati dati fin dall'inizio dei tempi.
Poiché nella formazione dello IEN abbiamo avuto la partecipazione di popolazioni indigene provenienti dall'America Latina, dall'Africa e dalle Filippine, ci siamo sempre posti nella condizione di dover esplorare anche le loro problematiche. Vogliamo essere coinvolti in questioni che potrebbero significare la violazione dei diritti umani di quei fratelli e sorelle del Sud globale. Per questo avevo accettato l'invito a recarmi a Durban [alla riunione delle Nazioni Unite sul clima]. Ho iniziato a vedere che i piani di mitigazione venivano accorpati a livello di ONU e si parlava come se questi piani, riferiti ai mercati del carbonio, avrebbero salvato la Madre Terra e i nostri popoli, portandoci a un livello in cui non avremmo dovuto preoccuparci del riscaldamento globale, del cambiamento climatico. Ho sempre diffidato del governo federale qui negli Stati Uniti, ma diffido ancora di più delle riunioni dell'ONU, alle quali partecipano non solo i governi ma anche la Banca Mondiale, le grandi ONG e le imprese. E qui tutti i miei segnali di allerta sono andati a fuoco. È stato in occasione di questi incontri delle Nazioni Unite che ho sentito parlare di Kyoto e di alcune discussioni sulle foreste, e che c'era una lotta per impedire che si trasformassero in un meccanismo di compensazione. E' allora che ho imparato come il Meccanismo di Sviluppo Pulito sia diventato il più grande meccanismo di compensazione al mondo, è allora che tutte queste cose si sono unite, comprese le foreste come pozzi di carbonio. Questo è diventato davvero un problema per me.
Provengo da una regione boscosa qui, nei Grandi Laghi, lungo il confine tra Stati Uniti e Canada. Sono circondato da foreste.
Capisco il rapporto con gli alberi. Gli alberi hanno uno spirito. Grazie al nostro sapere tradizionale abbiamo capito che gli alberi respirano, quindi capisco il concetto di carbonio. Ma ho imparato presto che le persone che vivono nelle foreste del Sud globale sono davvero a rischio e che ci sono seri problemi, come l'accaparramento delle terre, se la foresta viene inclusa non solo in questi pozzi di carbonio ma anche in meccanismi come il CDM. E ho dovuto esaminare una nuova terminologia, come i concetti di afforestazione e riforestazione, e come questi possano essere considerati una metodologia all'interno del CDM. Ma chiamarli direttamente crediti di carbonio forestali è stato un punto su cui abbiamo iniziato a organizzarci. Però poco dopo è arrivato la RED, con una sola D, che poi è diventata REDD e poi ancora REDD+.
Come per il CDM, anche la REDD+ è stata lanciata dalla Banca Mondiale. Ho iniziato a studiare i meccanismi finanziari che sostenevano questa falsa soluzione, le istituzioni per lo sviluppo. È qui che ho iniziato a fare un collegamento con il modo in cui noi, come IEN, possiamo contribuire a sostenere i diritti dei nostri fratelli e sorelle indigeni delle aree forestali del Sud globale, perché anche noi siamo stati coinvolti, dal 1996, nella Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD). E la partecipazione alla CBD è stato il momento in cui questi temi di interesse hanno iniziato a fondersi, comprendendo il ruolo della Banca Mondiale e delle istituzioni per lo sviluppo. Sono dietro a qualcosa che qui al Nord conosciamo molto bene, ovvero la globalizzazione neoliberista che ha iniziato a mostrare il suo sgradevole volto. Ricordo che abbiamo usato questo termine, globalizzazione economica e il suo legame con il capitalismo.
Parte dello IEN è anche la costruzione di alleanze con altre persone di colore emarginate qui, negli Stati Uniti, nonché la collaborazione e la creazione di reti a livello globale con le organizzazioni che lottano contro il capitalismo e la globalizzazione economica. Così, tutto ha cominciato ad unirsi. Ci siamo impegnati ancor di più nel tentativo di fermare la REDD+ ed è diventata un simbolo della nostra resistenza. Per molti versi, le lotte contro la globalizzazione economica e contro i mercati del carbonio sono la stessa lotta. Mi piace sottolinearlo. E poiché per noi i mercati del carbonio fanno parte del continuum della colonizzazione non è stata una sorpresa che, durante l'incontro ONU sul clima a Bali nel 2007, la Banca Mondiale, le Nazioni Unite e il paradigma dello sviluppo abbiano trovato un modo per aggirare le compensazioni forestali, che venivano raggruppate sotto uno strano linguaggio e l'acronimo REDD+. Ritengo che fosse destinato a creare confusione e conflitti, pesantemente carichi di disinformazione sul clima.
Naturalmente dietro a tutto questo c'erano organizzazioni conservazioniste, come il WWF, che già cominciavano a identificarsi come i cattivi del film. Già all'epoca le ONG cercavano di trovare indigeni amichevoli che collaborassero con loro, mettendoci l'uno contro l'altro, non solo qui nelle Americhe ma anche nel Sud-Est asiatico, in Indonesia e durante la riunione dell'ONU sul clima a Bali. Non mi sono sorpreso quando le ONG che si occupano di conservazione hanno iniziato a fungere da "verificatori esterni", ed è diventato chiaro che avrebbero guadagnato con la REDD+. E sì che ne hanno fatti di soldi: Conservation International (CI), WWF, Environmental Defense Fund (EDF) e altre, con sede qui a Washington DC., negli ultimi decenni hanno rafforzato le loro organizzazioni per creare compensazioni di carbonio e verificare questi fasulli programmi. Questa è la mia risposta alla sua domanda.
WRM: Hai detto che la REDD+ è diventata un simbolo della vostra più ampia lotta di resistenza: cosa ti fa dire questo?
Ho menzionato il colonialismo, la colonizzazione, quindi questi programmi colonizzatori, come la REDD+, partono dalla logica dello sviluppo. Si basano sul principio che i Paesi del Sud globale possano seguire l'esempio occidentale di espansione capitalistica, e uscire dalla povertà. Ma come Popoli Indigeni del Nord, sappiamo che questo non è vero. E sappiamo che questa è stata la menzogna fin dalla Seconda Guerra Mondiale. Credo quindi sia stato positivo per me, che vengo dal ventre della bestia, dagli Stati Uniti, poter capire questo legame con la colonizzazione, con la logica colonialista dello sviluppo.
L'impatto sulle popolazioni indigene è molto profondo. La REDD+ è solo una prosecuzione della stessa logica coloniale, capitalista e patriarcale che ha portato questo pianeta sull'orlo della violenza e del danno. È quasi impossibile dire quali siano stati gli impatti della REDD+ negli ultimi 15 anni, perché la REDD+ è integrata in un sistema che risale a più di 500 anni fa. Dal mio punto di vista, del Nord, mette in evidenza il trauma storico che si è verificato dopo la colonizzazione delle nostre terre nel Nord. Non si tratta solo del saccheggio della nostra terra, dei nostri alberi e della nostra acqua, delle nostre montagne e delle nostre praterie, si tratta del saccheggio della nostra identità. È il rimpiazzo delle nostre cerimonie tradizionali indigene con il cristianesimo; è la sottrazione della nostra lingua, è la colonizzazione avvenuta letteralmente con lo stupro dei nostri bambini, è il trauma storico documentato in Canada nei collegi fondati dalla Chiesa. Si tratta di un problema serio. Se compariamo i15 anni di un'iniziativa globale che ha un tale impatto sulla vita e sul futuro dei nostri Popoli Indigeni delle foreste pluviali, per noi non è diverso dagli ultimi 500 anni.
Mi preoccupa il modo in cui questi meccanismi del mercato del carbonio, con le sue promesse di condivisione dei benefici, causano divisioni tra i nostri popoli indigeni, e questo ferisce profondamente perché ha un impatto sulla nostra solidarietà nazionale, regionale e globale e sul modo in cui lavoriamo insieme. Molti di noi hanno lavorato per 19 anni alla stesura della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei Popoli Indigeni, e non è stato facile farlo. Ora assistiamo ad iniziative come la REDD+ diventare uno strumento di divisione, una strategia divide et impera. Ma, ripeto, questi non sono impatti nuovi, c'è stata una storia fatta di questo tipo di tattiche usate dai governi coloniali e dai loro agenti, le corporazioni. Questo livello di razzismo non è nuovo. I Popoli Indigeni hanno le risposte ai cambiamenti climatici ma, se siamo divisi, non saremo in grado di guidare il mondo nel modo di cui ha bisogno. I promotori della REDD+ stanno, in tal senso, causando la crisi climatica. Devono rispondere di molte cose.
WRM: In risposta alle critiche e agli impatti, i promotori della REDD+ hanno creato le salvaguardie di Cancun, le migliori pratiche, gli standard di certificazione, la REDD+ partecipativa ecc., sostenendo che possono prevenire le violazioni dei diritti umani. Qual è la tua opinione?
Vedo le salvaguardie come cortine fumogene che usano per metterci a tacere, per mettere a tacere i nostri fratelli e sorelle indigene, per far sembrare che si assumono qualche responsabilità. Creano garanzie per confondere e cambiare la narrazione, allontanandola dalla distruzione e dalla violenza che ne deriva e di cui sono responsabili. Non dicono ai popoli dell'Amazzonia che il denaro proviene da aziende inquinanti. Non dicono loro che da qualche parte lontana potrebbe esserci una raffineria, una città di raffinerie che continuano a emettere sostanze chimiche tossiche e gas serra che provocano grande inquinamento e malattie respiratorie nelle comunità locali dove, appunto, si trovano le raffinerie di petrolio, che uccidono le persone. Non dicono loro di tutte le violenze e le distruzioni di cui la REDD+ è responsabile.
Ho parlato con alcune persone indigene dopo che ONG come EDF o Conservation International (CI) avevano tenuto dei seminari e ho chiesto loro: "Gli avete detto da dove vengono i soldi?" E loro hanno risposto: "No, penso che vengano dalla Banca Mondiale". Ho detto "No, viene dalla Chevron", perché in quel caso si trattava della Chevron, e sono rimasti sorpresi, costernati. "Gazprom", "Cosa?", hanno detto. Ecco come funziona.Gli ho anche detto: "Sapevate che ci sono popolazioni indigene, afro-discendenti, bianchi poveri, messicani ispanofoni che vivono vicino a una raffineria di petrolio a Richmond, in California, nell'area di San Francisco, dove stanno morendo di malattie respiratorie a causa delle emissioni inquinanti? E queste aziende raccontano di essere diventata carbon neutral. Raccontano alla gente che investono i loro soldi nella foresta amazzonica per proteggere le persone”.
Nel Nord ho dovuto spiegare questo greenwashing. Le popolazioni delle foreste non capiscono come funziona, ma si sentono violate, vogliono convincerle che è bene ricevere i fondi REDD+. Ecco perché la sola discussione sulle misure di salvaguardia confonde e toglie spazio alla narrazione fatta da quella violenza e distruzione di cui sono responsabili questi cowboy del carbonio e i governi che guidano tutto questo.
Ci sono molte persone nelle organizzazioni conservazioniste che credono che la REDD+ possa funzionare.
Sono confusi e non vedono quanto siano razzisti la REDD+ e gli altri programmi di compensazione del carbonio.
Ho detto loro che si tratta di meccanismi che certificano il furto di terre, e a loro non piace che io parli in questo modo: La certificazione del furto di terre. Salvaguardie per giustificare più combustibili fossili e più inquinamento? È una follia. Le migliori pratiche? Per cosa? Per un'ulteriore espropriazione? È ridicolo.
Subito dopo la riunione dell'ONU sul clima a Bali, il miliardario Jeff Bezos ha creato il Jeff Bezos Earth Fund mettendo a disposizione 100 milioni di dollari per finanziare WWF, EDF, Conservation International e TNC.
Dietro a questi finanziamenti c'è un'agenda che aiuta a promuovere i loro programmi di compensazione del carbonio e della biodiversità, nonché programmi di cattura e stoccaggio del carbonio. 400 milioni di dollari nelle tasche delle organizzazioni che guidano questa agenda!
Lo IEN e altre organizzazioni stanno ancora cercando di unire le nostre campagne per poter combattere questo fenomeno.
Continueranno ad esserci violazioni dei diritti umani, sgomberi. Chi chiederà conto al presidente della Repubblica Democratica del Congo? Chi chiederà conto al presidente del Brasile? Vogliono cancellare la storia dei Popoli Indigeni originari dei loro paesi. Vogliono riscrivere la storia. Vogliono ignorare che i Popoli Originari hanno diritti intrinseci. È di questo che hanno paura.
WRM: Alcune organizzazioni indigene si sono impegnate attivamente nella REDD+, dando vita a proposte come la "REDD+ indigena" e a campagne come "Senza diritti non c'è REDD" [No Rights, No REDD]. Guardando al passato, pensa sia possibile conciliare i diritti e i valori fondamentali difesi dai popoli indigeni con ciò che rappresenta la REDD+?
Si potrebbe dire che tutta la storia in relazione al mio lavoro sulla REDD+ ci ha catturati. È sempre stato un tema che ha chiesto il suo tributo. Nel 2009 fui invitato al Forum Sociale Mondiale di Belém, in Brasile. Qualcuno mi aveva invitato a un incontro con i Popoli Indigeni per spiegare, dal mio punto di vista, le preoccupazioni e i problemi che abbiamo riguardo l'attuazione della REDD+. Dopo le presentazioni Steve Schwartzmann, di EDF, mi guardò chiedendomi: "Perché sei qui?" Aveva già dei problemi con me. È stato allora che le ONG hanno iniziato ad avvicinarsi ai nostri popoli indigeni. EDF aveva molti soldi e aveva ottenuto l'approvazione di molti leader dell'Amazzonia, tra cui la Coordinadora de las Organizaciones Indígenas de la Cuenca Amazónica (COICA). E' qui che la COICA ha iniziato a lavorare con le ONG e ha sviluppato il concetto di "REDD+ Indigena".
Ma la strada è stata lunga. Ci lavoro da molto tempo e a Bangkok, in Tailandia, ne è uscita una strategia, quando le Nazioni Unite hanno organizzato un incontro sul clima e abbiamo elaborato strategie [sui diritti e la REDD]. Non credevo allora e non credo tuttora che i governi sui cui territori vivono le comunità e i popoli indigeni che abitano le foreste concederanno loro diritti; ciò significa diritti sulla terra, titoli fondiari e, in Amazzonia, anche diritti sul sottosuolo.
Ma, con il senno del poi, credo di aver commesso un errore, perché alla riunione dell'ONU in Thailandia, c'era una strategia con persone del sud-est asiatico che stavano cercando di far funzionare la REDD+, insieme ad altri delegati indigeni dell'Amazzonia, con il COICA, e pianificammo una protesta con lo slogan "Senza diritti non c'è REDD". La protesta ricevette diverse attenzioni. Ancora oggi si discute su quella strategia: era una buona strategia? Si è posta la domanda se c'è la possibilità, in Perù o anche in Colombia o Brasile, di dare diritti alle popolazioni indigene? Diritti alla terra nelle aree forestali? Non credo. Questa strategia è stata la base dell'approccio alla "REDD+ indigena".
Ho parlato della questione con alcuni indigeni: come è possibile per loro conciliare i loro costumi, la loro cosmovisione, la loro spiritualità indigena, come è possibile conciliarli con il sistema di mercato capitalistico dell'uomo bianco? Anche potendo attivare un'iniziativa REDD+ su base indigena, devono comunque partecipare alla mercificazione e alla privatizzazione delle loro foreste e del carbonio contenuto nei loro alberi.
Non è il governo a farlo, non sono entità esterne, siete voi che lo state facendo, ora, come Popoli Indigeni. Sembra così contraddittorio che i nostri fratelli e sorelle indigene dell'Amazzonia stiano lottando contro le concessioni petrolifere ma che, per qualsiasi progetto indigeno REDD+, si scopra che i finanziamenti provengono dalla Chevron e da altri inquinatori. Come si concilia tutto questo? Mi pongo ancora questa domanda. Non so come possano conciliarlo. Significa che hanno messo da parte il sapere spirituale indigeno per partecipare al capitalismo climatico.
Quando mi occupo di questo tema con le persone di base in Amazzonia, nei villaggi più remoti, loro capiscono; non è complicato. Spesso non la sostengono e, negli ultimi, anni hanno iniziato a mettere in discussione le alleanze indigene amazzoniche che agiscono come intermediari e agenti dei progetti REDD+. È una questione molto politica in Amazzonia, proprio come lo è nel Nord da cui provengo. Apprezzo sempre i meccanismi reali che garantiscono una partecipazione significativa allo IEN e, per questioni così complesse come i mercati del carbonio e gli schemi di compensazione, è imperativo applicare i principi del consenso libero, preventivo e informato (CLPI). In queste complesse relazioni politiche in Amazzonia, è essenziale che ci sia un'informazione completa su tutti gli aspetti dei meccanismi REDD+ e, adesso, delle cosiddette "soluzioni basate sulla natura". (Nature-based solutions). È una struttura politica complessa. Il capo Ninawa HuniKui di Acre, in Brasile, ha la sua prospettiva e la sua posizione e ci sono gruppi che cercano di dividere il suo popolo su questo tema. La stessa cosa è successa con Marlon Santi, della comunità Sarayako in Ecuador, quando ha iniziato a parlarne. Anche Gloria Ushigua, della comunità di Sápara, nell'Amazzonia ecuadoriana, ha delle divergenze con i familiari del villaggio che sostengono la realizzazione di un progetto REDD+ nell'area. Avere informazioni è molto importante. Il principio di attuazione del consenso libero, preventivo e informato è molto importante. Le popolazioni indigene e le comunità che dipendono dalle foreste devono essere pienamente e accuratamente consapevoli delle complessità dei progetti REDD+ e di come questi coinvolgano industrie inquinanti che hanno sottratto carbonio alle foreste. Mi preoccupo e prego davvero che, per questi problemi, non ci siano spargimenti di sangue nei villaggi.
WRM: Quali sono le principali sfide per le popolazioni indigene davanti la rinnovata spinta alla REDD+ sotto il nome accattivante di "soluzioni basate sulla natura"?
Ho pensato a questo e ne abbiamo parlato considerandolo all'interno delle false soluzioni. La nostra sfida è: come possiamo far capire che queste [soluzioni basate sulla natura] sono una sorta di potente frontiera della colonizzazione, che si sta sistematicamente impadronendo di Madre Terra attraverso la privatizzazione e la mercificazione? Questo processo mondiale avviene attraverso meccanismi che separano e quantificano i cicli e le funzioni di Madre Terra, come il carbonio e la biodiversità, e li convertono in "unità" che vengono vendute sui mercati finanziari e speculativi.
Come possiamo trasmettere questo concetto e produrre materiali di educazione popolare per collegare i punti che uniscono le strutture di un'economia fossile alla finanziarizzazione della natura, che non rispetta i diritti umani e i diritti dei popoli indigeni? Come possiamo costruire il nostro movimento di resistenza per essere compresi da coloro che sono in prima linea nella lotta contro gli oleodotti, nello sfruttamento del petrolio e nella difesa della terra?
Gli strumenti dei governi dei paesi colonizzati ruotano attorno ai diritti di proprietà. Allora le "soluzioni basate sulla natura" si riferiscono alle compensazioni. Le aziende inquinanti forniscono il denaro per i terreni che dovrebbero essere compensati, come compensazioni di conservazione, e alla fine sono le aziende che si appropriano di quei terreni che avevano prenotato. Questo è il piano che sta alla base dell'obiettivo 30x30 [secondo cui entro il 2030 il 30% del territorio mondiale rientri tra le Aree Protette]. Per questo il cambio di nome da REDD+ a "soluzioni basate sulla natura" è pericoloso.
Siamo in presenza di un'enorme spinta verso questo piano, in tutto il mondo. E qui negli Stati Uniti, nel ventre della bestia, è in corso una proposta di legge chiamata "Growing Climate Solutions Act", [Legge sulle soluzioni climatiche in crescita] che conferisce al Dipartimento dell'Agricoltura l'autorità di creare un sistema di registro online delle compensazioni di carbonio, che aiuterà gli agricoltori a entrare nel mercato volontario delle compensazioni di carbonio. Qui troviamo anche la REDD+, ma la possiamo trovare anche altrove, all'interno di sistemi di tariffazione del carbonio, come in Colombia. Il problema principale ora è come fermare questo sistema a matrice che permette questi oleodotti. Programmi, come il carbon pricing, stanno diventando sempre più complessi. Tasse con la REDD+, carbon banking, green bond, e si può continuare all'infinito.
Tutte queste compensazioni sono considerate rispettose della natura. Come si può mettere in discussione qualcosa che protegge la natura?
È quello che la gente mi chiede. Siamo preoccupati perché stiamo perdendo la battaglia, stiamo perdendo la battaglia qui a Washington D.C. a causa delle false soluzioni proposte da Biden, che è un neoliberista. Tutto questo riguarda il capitalismo e il colonialismo. Alcuni gruppi ambientalisti dicono: "Beh, non mettetelo in discussione, dobbiamo lavorare con Biden". Ma non possiamo. Quindi continuiamo a fare campagne, molte campagne educative.
E in cima ci sono le promesse per le "emissioni zero netto" di molte aziende. È importante collegare i problemi e parlare anche di questo.
Sotto l'ombrello delle "emissioni zero netto" vengono utilizzati due meccanismi. Possono acquistare compensazioni associate alla terra, definite "soluzioni basate sulla natura", oppure possono utilizzare la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Entrambi i meccanismi sostengono e rafforzano l'industria dei combustibili fossili. Ciò non permette alla politica degli Stati Uniti, del Canada, dell'Europa e di altri paesi che utilizzano i combustibili fossili di abbandonarli, non permette di conservarli nel sottosuolo ma di continuare come è stato finora.
Continueremo così ad avere oleodotti, continueremo ad avere il traffico di camion cisterne piene di petrolio, continueremo ad avere il trasporto di energia sporca, il trasporto di combustibili fossili, fino a quando non arriveremo al nocciolo della matrice, dei problemi, sono queste le "soluzioni basate sulla natura", la privatizzazione definitiva di Madre Terra Natura.
* Traduzione Marina Zenobio per Ecor.Network.
Tratto da:
15 años de REDD. Un mecanismo intrínsecamente corrupto
Joanna Cabello, Jutta Kill (Coord.)
Boaventura Monjane, Chris Lang, Dercy Teles de Carvalho, Euridse Samuel, Izzuddin Prawiranegara, Joanna Cabello, Jutta Kill, Larry Lohmann, Letícia Yawanawa, Muyissi Environnement, Natacha Bruna, Prince Lungungu, Tamra L. Gilbertson, Tom Goldtooth
Movimiento Mundial por los Bosques Tropicales (WRM), 2022 - 110 pp.
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