Campagna NO UPOV. Non c'è protezione nella privatizzazione

di Alianza Biodiversidad y Colectivo de Semillas de América Latina

Originale su  Revista Biodiversidad, sustento y culturas #110 - Ottobre 2021   
 


 

Da molto tempo, il Colectivo de Semillas de América Latina, in collaborazione con l'Alianza Biodiversidad, pubblica opuscoli informativi che cercano di informare sui gravi danni che la privatizzazione dei semi implica per l'agricoltura, per le modalità di agire, per la libertà generale delle comunità e delle persone in generale.

[Lo scorso anno NdT] è stata organizzata una campagna che coinvolge le organizzazioni relazionate con il mondo contadino che contestano con decisione l'Unione Internazionale per la Protezione delle Nuove Varietà di Piante (UPOV, Unión Internacional para la Protección de Obtenciones Vegetales), che da Ginevra, Svizzera, nel 1961 emise un documento sulla presunta “protezione delle varietà vegetali”, che in realtà è stato un primo tentativo di privatizzare le sementi e le varietà di colture.
Attraverso la denominata "Convenzione UPOV", in essa un piccolo gruppo di grandi produttori a livello internazionale — per lo più corporazioni — rivendicava la prerogativa della distribuzione dei semi, escludendo la possibilità che il resto delle persone e delle comunità li utilizzasse liberamente, nonostante la loro vita fosse vincolata all'agricoltura e che fossero proprio loro ad averli diffusi e lasciati in eredità all'umanità.
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L'UPOV lavora esclusivamente ed esplicitamente in tutto il mondo per la privatizzazione dei semi, imponendo diritti di proprietà intellettuale sulle varietà vegetali e dando alle corporazioni la possibilità di monopolizzarli. UPOV chiama questo meccanismo di privatizzazione “derechos de obtentor”, diritto del costitutore. 2

Di fronte a questo sistema di privatizzazioni, diverse organizzazioni internazionali come La Via Campesina, l'African Centre for Biodiversity, Alianza Biodiversidad, APBREBES, il Colectivo de Semillas de América Latina, COPAGEN, FIAN, il Grupo ETC, Amigos de la Tierra Internacional, GRAIN y Stop Golden Rice Network, hanno lanciato una campagna per sfidare l'UPOV nel suo 60° anniversario durante la settimana del 2-8 dicembre 2021, una settimana anche di proteste contro le agrotossine, in gran parte legate alla produzione agricola industriale. La campagna è andata guadagnando slancio mano mano che pubblicazioni, incontri, workshop, assemblee in Europa, Africa, Asia e Americhe hanno messo in luce questa situazione nociva e normalizzata: una prospettiva per cui qualcuno decide per noi, chi,  quando e come possiamo o non possiamo condividere i nostri semi, impone che i semi siano nelle mani di compagnie commerciali di semi, che non possono essere ottenuti a meno che non paghiamo per comprarli, paghiamo royalties per usarli, e non possiamo conservarli e condividerli liberamente. Nell'appello per il lancio della campagna contro l'UPOV, le organizzazioni convocanti riportano quanto segue:

L'UPOV esige e promuove l'uniformità nelle sementi e quindi nell'approvvigionamento alimentare, permettendo così a un piccolo gruppo di produttori internazionali, soprattutto corporazioni transnazionali, di mantenere la prerogativa di facilitare l'appropriazione e il controllo delle sementi, senza tener conto che molti popoli e comunità hanno storiche relazioni socio-culturali con i semi. Questo serve al sistema agroalimentare industriale che nutre il 30% dell'umanità, ma promuove l'erosione genetica, la vulnerabilità economica e la perdita di autonomia dei contadini e degli agricoltori che oggi nutrono il 70% del pianeta. [...] Dato che oggi e da migliaia di anni la base della gestione comunitaria delle sementi è stato il libero scambio di semi, l'adesione all'UPOV sarà catastrofica perché porterà alla criminalizzazione dei contadini e delle contadine per il solo fatto di svolgere le loro pratiche quotidiane e tradizionali: salvare, allevare, condividere e distribuire i loro semi. Inoltre, L'UPOV incoraggia la concentrazione dell'industria sementiera. In molti paesi queste leggi di privatizzazione delle sementi sono conosciute come “leggi Monsanto” perché aiutano aziende come Monsanto (ora Bayer) o Syngenta a fondere i loro interessi su prodotti chimici, tecnologia agricola, OGM e semi. Ci sono alcuni paesi, come il Venezuela, che hanno leggi che difendono i semi dei contadini, la libertà di conservarli e scambiarli, e la vita stessa dei contadini. Ma in questo momento anche il Vertice sui Sistemi Alimentari, concepito dal segretario generale della FAO e da entità private, sta dando all'UPOV un ruolo centrale “nell'innovazione per l'alimentazione e l'agricoltura”, come il modo per fornire agli agricoltori “semi migliorati”. [...] La libertà, il diritto e la capacità delle comunità di salvare, usare e scambiare semi sono pilastri centrali della sovranità alimentare dei popoli. A questo rispondiamo con integrità, perché questa è la natura della vita, e quindi di un futuro giusto e armonioso, ed è per questo che dobbiamo difenderle.3


Altri documenti sul tema:


UPOV: el gran robo de las semillas. Por eso debemos defenderlas 4
GRAIN, Red de Coordinación en Biodiversidad, Grupo Semillas y Camila Montecinos (Anamuri) para el Colectivo Semillas y la Alianza Biodiversidad
Alianza Biodiversidad, Aprile 2021 - 16 pp.

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Come tutti sanno, senza semi, l'agricoltura e tutto ciò che ci dà non sarebbe possibile. I popoli di tutto il mondo lo hanno capito da migliaia di anni. Proteggere i semi e permettere la loro diffusione è una consapevolezza fondamentale della gente al di là di culture, ideologie, religioni e visioni del mondo.
L'idea che i semi debbano circolare liberamente è così profonda che tutti i sistemi nazionali di sementi in vigore fino al 1960 sono stati costruiti sulla premessa che i semi in deposito fossero disponibili per chiunque ne facesse richiesta.
Il libero accesso e la libera custodia, uso e scambio delle sementi divennero così pilastri centrali delle identità culturali, dell'espansione dell'agricoltura nel mondo e della capacità dei popoli di garantirsi il cibo, le loro medicine, i loro vestiti e la loro casa. Fino a non più di cinquanta o sessant'anni fa, qualsiasi tentativo di limitare una qualsiasi di queste libertà sarebbe stato considerato assurdo, un'aggressione inaccettabile, una violazione delle norme fondamentali della convivenza civile.
Ma nel 1961 apparve un'organizzazione intergovernativa con soli 6 paesi membri e con sede a Ginevra, in Svizzera, l'Unione internazionale per la protezione delle nuove varietà vegetali (UPOV), che pubblicò un documento sulla cosiddetta "protezione delle varietà ”. Il documento era la versione iniziale di quella che oggi conosciamo come Convenzione UPOV: in essa un piccolo gruppo di grandi produttori a livello internazionale — per lo più corporazioni — rivendicava la prerogativa della distribuzione dei semi, escludendo la possibilità che il resto delle persone e delle comunità li utilizzasse liberamente, nonostante la loro vita fosse vincolata all'agricoltura e che fossero proprio loro ad averli diffusi e lasciati in eredità all'umanità.
Da allora, UPOV ha lavorato esclusivamente ed esplicitamente per la privatizzazione delle sementi in tutto il mondo, imponendo questi diritti di proprietà intellettuale sulle varietà vegetali e monopolizzandoli per conto delle società. L'UPOV chiama questo meccanismo di privatizzazione “diritti del costitutore”.
L'UPOV è la massima espressione della guerra contro i contadini e la resistenza implica che le persone salvino, scambino e moltiplichino i loro semi attraverso i loro canali responsabili e di fiducia.
I testi scritti dai burocrati dell'UPOV e dai rappresentanti del settore sottolineano un background argomentativo e giuridico in tutte le normative e norme relative alle sementi o alle "varietà vegetali", con un unico copione: sradicare, erodere o disabilitare l'agricoltura indipendente per sottometterla all'arbitrio dei grandi agricoltori e delle società produttrici di sementi e di rifornimenti. Le aziende vedono l'agricoltura indipendente come una concorrenza indesiderata. Ecco perché criminalizzano le comunità contadine per le loro conoscenze, tecniche e pratiche.
I contadini del mondo stanno capendo la posta in gioco. Le grandi aziende e i potenti governi che supportano le aberrazioni come UPOV, anche con tutto il loro potere, non hanno vita facile. La resistenza popolare sorge ovunque. Dobbiamo rafforzare queste lotte.


"La estafa de la 'propriedad intelectual' (ejercer nuestros saberes es su mejor protección)" 
GRAIN, Red de Coordinación en Biodiversidad, Grupo Semillas y Camila Montecinos (Anamuri) para el Colectivo Semillas y la Alianza Biodiversidad
Cuadernos Biodiversidad n°6, settembre 2021 - 12 pp.

Download:

 

La privatizzazione delle sementi è parte di un business da milionario in cui i grandi capitali pretendono controllare la natura e la produzione alimentare, poiché il cibo e i beni naturali hanno il potenziale per essere il business più grande e redditizio.
Qualsiasi privatizzazione, come tutta la proprietà intellettuale, implica un'esclusione, anche concordando un compenso che presuppone una “equa distribuzione dei benefici”. Lo schema di acquisizione incorporato in qualsiasi diritto di proprietà intellettuale escluderà sempre la persona, il gruppo o la comunità più vulnerabili, con meno risorse e connessioni.
Accettare la proprietà intellettuale significa accettare che tutto sia merce o capitale. È distruggere il senso più profondo della collettività e tutto ciò che le varie comunità hanno creato nel corso della loro storia, compresi i saperi, i semi e i territori.
Ci troviamo quindi di fronte a un apparente vicolo cieco. È chiaro che il sistema di norme, create al fine di proteggere il capitale, non ci tutelerà. L'obbedienza alle leggi privatizzatrici sta facilitando la nostra distruzione e la disobbedienza ci lascia apparentemente fuori da qualsiasi protezione nonché soggetti alle sanzioni che la legge determina.
Ma la biodiversità e la conoscenza comunitaria associata richiedono un ombrello di protezione legale che ne rafforzi il cambiamento permanente, la produzione, l'uso e la conservazione sociale e collettiva. I popoli e le comunità devono essere in grado di mantenere sistemi di innovazione e costruzione continua della conoscenza per assicurarsi il prius di risolvere con i propri mezzi e iniziative le questioni più importanti.
Il modo migliore per proteggere la vita, i semi, i nostri raccolti e i nostri saperi è mantenerli vivi, con la custodia delle nostre forme di decisione collettiva.
Per il capitale, l'agricoltura indipendente, svolta dai popoli originari e dai contadini del mondo, deve scomparire. Il nostro compito è resistere, mettere a nudo, denunciare e sconfiggere l'oppressione e l'assurdo.


NOTE:

1 https://grain.org/es/article/6645-cuaderno-upov-el-gran
2 Op.cit nota 1.
3 Appello per la Campagna STOP UPOV. Vedi gruppo di Facebook
4 Vedi nota 1


 

18 maggio 2022 (pubblicato qui il 22 maggio 2022)