*** Prima Parte ***

Diritti della Natura, una lettura più urbana basata sulla non nata Costituzione cilena/1

di Alberto Acosta

"C'è da sperare che il Diritto riesca a dare un passo simile
e penetrare con decisione nel nuovo ambito,
lasciandosi  guidare dal motto "in dubio pro natura",
prima che l'entità
della crisi ecologica mondiale
renda inutili tutti 
gli sforzi giuridici per risolverlo." 
(Godofredo Stutzin. Avvocato cileno, 1917-2010)

 


Nel testo della non-nata Costituzione cilena sono state formulate diverse risposte concrete al collasso ecologico. Avrebbe potuto essere una Costituzione all’avanguardia in questa materia. Non solo per il Cile e la regione, ma per il mondo intero. E sebbene non sia entrato in vigore, i suoi contenuti, e anche il suo complesso e contraddittorio processo di gestazione, contengono elementi di grande attualità. Sono senza dubbio come un sasso che cade in un lago le cui onde concentriche continueranno ad espandersi in tutto il mondo, in un momento in cui l'orologio comincia a segnare la fine di una civiltà... E come e quando si produrrà questo (in)evitabile esito, dipenderà dalla nostra capacità di proporre e attuare misure per minimizzare i costi, mitigare gli impatti, soprattutto cambiare radicalmente rotta, o attenerci a una barbarie sempre più accelerata.

In queste brevi righe confermiamo, innanzitutto, la gravità del momento e il processo di espansione dei Diritti della Natura. Poi proponiamo una descrizione molto rapida del processo costituzionale cileno, che non è arrivato ad essere costituente. Come terzo stadio, recuperiamo i progressi costituzionali in relazione a tali diritti. Di seguito, proiettiamo il potenziale di trasformazione di questi diritti innovativi. Con poche righe, prima di chiudere queste riflessioni, solleviamo alcuni punti relativi a cosa potrebbe significare un costituzionalismo urbano emancipatore, da una prospettiva di una vita in armonia con la Natura. Concludiamo con alcune idee su come rendere possibili altri mondi, tenendo come orizzonte una civilizzazione postcapitalista.
 

L’umanità nel mezzo del collasso
 

Contrariamente ai negazionisti, sappiamo bene che nessuna regione, nessuna popolazione, nessun mare del pianeta è ormai al sicuro dai danni attualmente causati dal collasso ecologico ("L'ONU avverte", 2021, 10 agosto). Una constatazione che spiega anche perché il capitalismo è insostenibile (CTXT Contexto y Acción, 2021, 22 agosto), sintetizzata nel Rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (noto con l’acronimo IPCC) (vedi IPCC , 2022).

Il degrado permanente dell’ambiente ci mette a dura prova ormai da tempo, come i tornado sempre più frequenti e distruttivi o lo stesso Corona Virus: ricordiamo che oltre il 70% dei virus che hanno colpito e continuano a colpire l’Umanità da trent’anni, sono di origine zoonotica: malattie che possono essere trasmesse dagli animali all'uomo a causa della distruzione dell'habitat, sia per la deforestazione, sia per la perdita di biodiversità, o anche se si verificano alterazioni nei cicli di vita di un virus in un laboratorio. In questo contesto, anche la vita degli esseri umani è sempre più minacciata dall’emissione di gas serra, dall’inquinamento dei mari e delle acque in generale, la massa inarrestabile di rifiuti causata da una logica che privilegia l’avidità e l’accumulazione, così come la massiccia distruzione causata dagli estrattivismi.
Uno dei punti su cui va posto l'accento è il brutale impatto causato dal cambiamento nell'uso del suolo, legato a diverse cause come quelle causate dall'espansione agricola, dalla deforestazione e dal cambio di destinazione d'uso del suolo: tra queste, alcune vincolate direttamente alle città, come la crescente richiesta di risorse, la quantità incredibile di rifiuti o la stessa espansione delle periferie urbane.

Parallelamente, i crescenti problemi sociali, che vanno di pari passo con i problemi ambientali, costituiscono l’altro lato del problema: povertà e disuguaglianza, fame e malattie, violenze e multiformi iniquità, consumismo e individualismo a oltranza. E tutto questo in un ambiente con chiari segni di debolezza delle già fragili istituzioni politiche, in un contesto di molteplici e complesse brutalità, come quelle che causa l’espansione del traffico di droga e la criminalità organizzata.

Diciamolo chiaro: questa situazione è andata rapidamente peggiorando a partire dalla fine degli anni '40 a causa della disperata e inutile corsa allo sviluppo: un fantasma irraggiungibile, certo, ma le cui ombre continuano a sopraffare gran parte dell'Umanità. Quest'ultima si trova ad avere a che fare in modo feroce e globale con la possibilità certa della fine della sua esistenza, almeno per milioni di suoi membri.

In questo scenario complesso, la questione ambientale assume sempre più forza. Il diritto ad un ambiente sano viene rafforzato e ampliato come Diritto Umano, anche a livello di Nazioni Unite.[2] È incoraggiante che si discuta e si abbiano progressi nei meccanismi che consentono di punire i crimini di ecocidio. Ma quello che ci interessa evidenziare è che facendo passi sempre più vigorosi che superano l’ambito ambientale, il passaggio dalla “Natura Oggetto” alla “Natura Soggetto” acquisisce sempre più forza: al momento si contano quasi quaranta Paesi [3], in tutti i continenti, che si stanno muovendo verso il riconoscimento della Natura come soggetto di diritti, grazie all’impulso che l’Ecuador ha dato nel 2008 costituzionalizzando per la prima volta la Natura come soggetto di diritti (Acosta, 2019a).

La sfida rivoluzionaria del riconoscere i Diritti della Natura, richiede di compiere un passo avanti nell’ambito dello sviluppo civilizzatorio, passando da un approccio antropocentrico a uno socio-biocentrico, [4] che riconosca l’indivisibilità e l’interdipendenza di tutte le forme di vita e che, inoltre, mantenga la forza propria dei Diritti Umani. L’obiettivo è rafforzare e ampliare i diritti alla vita: “diritti esistenziali”, se vogliamo sintonizzarci con quanto propone Enrique Leff (2021; vedi anche Acosta et al., 2021).

Va notato che la questione dei Diritti della Natura non è nuova in Cile, dove la discussione è presente fin dagli anni ’80. È stato Godofredo Stutzin, nel suo articolo “Un imperativo categorico: riconoscere i diritti della Natura” (1984), a riconoscere che il distacco dell'uomo dalla Natura ha provocato una guerra contro di essa, drammatica nella misura in cui la nostra stessa esistenza dipende dalla Natura stessa. Stutzin ha addirittura proposto, con grande lucidità, che la Natura ha propri interessi indipendenti da quelli umani e che spesso questi possono essere contrapposti nella prospettiva temporale. Da lì, concludeva che «solo con il passare del tempo e per la pressione dei fatti, che sono ancora più ostinati del Diritto, la Natura otterrà, prima nella dottrina, più tardi nella giurisprudenza e infine a livello legislativo, la condizione giuridica che merita e che le permetterà di far valere pienamente i diritti che le sono propri. E questo era l’impegno della Convenzione Costituzionale cilena: accettare la Natura come soggetto di diritti, anche se in realtà colei che dà a noi umani il diritto all’esistenza è la Natura.

Ma andiamo con ordine.
 

Le tribolazioni del processo costituzionale cileno
 

Le Costituzioni rispondono a problemi ed esigenze che sorgono nei diversi momenti storici. Riassumono stagioni di disputa politica. Nella nostra America, la bilancia pende quasi sempre a favore delle costituzioni elitarie, con le quali i gruppi di potere consolidano i propri privilegi, cercando di radicare i modelli di dominio o di accumulazione: è il caso delle tre costituzioni che il Cile ha avuto e che – a quanto sembra – sarà il percorso verso la sua quarta Costituzione.
In alcune occasioni, le nuove costituzioni sono servite solo a risolvere i conflitti interclassisti delle élites, senza intaccare le strutture gerarchiche delle loro società. È anche possibile la combinazione di queste due opzioni. Esistono, al contrario, pochissimi processi genuinamente costituenti.

Da quanto affermato sopra, si evince che ogni Costituzione sintetizza una congiuntura politica, cristallizza i processi sociali accumulati e modella un forma determinata di intendere la vita: se mantenere lo status quo o trasformarlo. Pertanto, una Costituzione non è il mero risultato di un esercizio giuridico di evoluzione, secondo la logica di alcuni tra coloro che si intendono di questioni costituzionali. Né risulta frutto degli sforzi di un individuo ispirato o di più soggetti illuminati. Cerchiamo anche di comprendere che una Costituzione non è una panacea, poiché dipenderà dal processo della sua cristallizzazione e della sua applicazione in quanto risultato del conferimento di potere ad una società rispetto ai mandati costituzionali.

Pertanto, una Costituzione di trasformazione, come quella ecuadoriana del 2008, al di là del suo indubbio significato giuridico, ha un’enorme rilevanza politica. Questo risultato è possibile come risultato di un autentico processo costituente. Tuttavia, in Ecuador, questo risultato, raggiunto in un ampio e profondo dibattito costituente, non ha garantito il rispetto dei mandati costituzionali, perché anche il governante che ha sostenuto tale processo è diventato presto uno dei primi e principali violatori della nuova Costituzione.

Al di là delle limitate capacità dell’autore di comprendere quel Cile profondo che ha sostenuto massicciamente il Rifiuto, il 4 settembre 2022, vale la pena segnalare alcune delle complicazioni del processo costituzionale. Poco dopo l'esplosione sociale del 18 ottobre 2019, forgiata molti anni fa attraverso varie lotte popolari, i gruppi del potere 'de facto', con il sostegno anche di diversi partiti politici di una sinistra opportunista, hanno cominciato a costruire una sorta di camicia di forza per incanalare il processo di cambiamento costituzionale. Nel Patto per la pace sociale e la Nuova Costituzione del 15 novembre dello stesso anno, a meno di un mese dall’inizio dello scoppio della rivolta, quel potere 'de facto', messo con le spalle al muro da quella rivolta sociale, accettò di modificare la Costituzione del 1980, imposta dal dittatore Augusto Pinochet, ma allo stesso tempo cominciò anche a stabilire i limiti del processo. Poi è arrivata la legge n. 21200 del 24 dicembre 2019, con la quale il processo è stato incanalato verso la sfera costituzionale, chiudendo la porta a quello che avrebbe potuto essere un vero processo costituente, così come lo auspicava per il Cile Gustavo Ruz Zañartu, un socialista di convinzione e di azione, non semplicemente “di tessera”.

Questa questione ci sembra fondamentale per comprendere cosa sia accaduto: il potere 'de facto' ha limitato nella sostanza, ma anche nella forma, le possibilità di azione dell'Assemblea Costituente; c'è da ricordare che la Convenzione non poteva affrontare alcune questioni importanti, come i trattati internazionali, compresi i Trattati di Libero Commercio, oltre ad altre limitazioni al suo funzionamento.

Senza negare affatto il significato del plebiscito del 25 ottobre 2020, che dispose la modifica della Costituzione di Pinochet e che ha aperto le porte alla Convenzione Costituzionale, liberandola da quella che avrebbe potuto essere la tutela diretta del Congresso Nazionale, e senza minimizzando l'importanza delle elezioni di coloro che avrebbero dovuto partecipare alla Convenzione, tenutesi il 15 e 16 maggio 2021, la verità è che tale Convenzione Costituzionale doveva coesistere con i poteri precostituiti: l'Esecutivo e il Legislativo, che provenivano dalla vecchia politica che doveva essere superata. Era impossibile, quindi, apportare un cambiamento radicale alle regole del gioco – per non parlare del gioco stesso – con un progetto di governo per nulla ispirato alle rivendicazioni popolari che hanno scosso il Cile nell’ottobre 2019.

Che poi la Convenzione Costituzionale in carica non sia riuscita a sintonizzarsi più da vicino con quegli elementi profondi dell'ottobrismo, o che non sia riuscita a costruire posizioni più consensuali per confrontarsi con i poteri 'de facto' e che in alcuni momenti si sia persa in questioni di minore importanza, è un altro terreno di analisi. Allo stesso modo, dovrebbero essere studiati i limiti derivanti dalla frammentazione dei vari movimenti sociali, in particolare dei movimenti indigeni, tenendo in conto gli effetti della permanente repressione a Wallmapu.

Hanno avuto il loro peso anche i limitati progressi su alcune questioni importanti. Si potrebbe menzionare quanto poco sia stato realizzato in campo economico, poiché, ad esempio, la gestione monetaria è rimasta nella trappola dell’autonomia e dell’indipendenza della Banca Centrale, che ha mantenuto intatto il cuore di quell’ambito. È mancato anche un maggiore ed efficace controllo statale sulle risorse naturali, in particolare sul rame. Sono risultate preoccupanti anche le insufficienze nel campo del controllo costituzionale. Ma uno dei punti più discutibili della fallita Costituzione cilena si ritrova nelle norme transitorie, che mantenevano in funzione fino a marzo 2026 i poteri costituiti – l’Esecutivo, il Legislativo, i tribunali di Giustizia e tutte le autorità elette del Paese, vale a dire, che per tre anni e mezzo non sarebbe stata alterata la composizione degli organi dello Stato. In conclusione, il Congresso, in collusione con il Governo, avrebbe potuto apportare modifiche costituzionali anche nel caso che avesse trionfato l'Approvazione.

Nell'inventario delle ragioni che spiegano la sconfitta del settembre 2022, non possono mancare le critiche a quelle persone e gruppi che, assumendo "posizioni di sinistra" non hanno giocato a favore della nuova Costituzione, sostenendo che questa non era abbastanza radicale o che il processo era lungi dall’essere veramente costituente e che tutto fosse già imbrigliato. Una parte significativa della responsabilità grava, del resto, anche su coloro che hanno chiamato a votare per l'Approvazione [della Costituzione ndt] per riformarla poi, dopo il referendum... una posizione timorosa che ha indebolito in anticipo le possibilità di approvare una Costituzione di reale trasformazione.

Merita anche attenzione, per dirla in termini molto diplomatici, la scarsa performance del presidente Gabriel Boric Font – sia quando era candidato che poi, come governante – rispetto all’Assemblea Costituente e alla nuova Costituzione. La cosa curiosa è che il voto per il No del settembre 2022 ha rappresentato anche una bocciatura della gestione dello stesso Boric, la cui amministrazione fin dall’inizio ha cominciato a spostarsi su posizioni di centro, tanto che si può dire che esiste una sorta di “Concertazione "3.0". Tanto che il suo governo, i partiti della coalizione che sostengono il suo regime e l’opposizione della destra parlamentare, alla fine del 2022, dopo la sconfitta nel referendum di Approvazione, arrivarono a un accordo per riattivare la redazione di una nuova Costituzione. E questo processo risulta, a dir poco, un grave passo indietro programmato di fronte alle aspettative dell'ottobre 2019.

Basta tenere presente quanto vissuto dal settembre 2022 al maggio 2023, con un’evoluzione che non è coerente con i livelli di partecipazione con cui è stata convocata e tenuta la Convenzione Costituzionale e che si è definitivamente allontanata dalle aspirazioni dell’ottobre 2019.
Così, nel gennaio 2023, il processo di riaggiustamento della Costituzione di Pinochet è iniziato quando il Congresso cileno ha nominato una commissione di esperti, con il compito di sviluppare una prima struttura del testo costituzionale, che fissasse i margini di possibili modifiche. Successivamente, nel mese di maggio, è stato eletto un Consiglio Costituzionale composto da 50 membri – attraverso candidature proposte solo da partiti politici riconosciuti: in queste elezioni le forze di destra – anche quelle contrarie alla modifica della Costituzione della dittatura – hanno ottenuto una maggioranza sufficiente per imporre la loro volontà (questo processo elettorale è stato ancora una volta valutato come una nuova sconfitta per Boric). Questo Consiglio costituzionale deve discutere e deliberare su un testo già circoscritto da una dozzina di limitazioni, per poi essere esaminato da un terzo gruppo: la Commissione per l'esame della conformità ai requisiti legali, composta da 14 giuristi nominati dal Parlamento.
Come si può vedere, i cambiamenti costituzionali potrebbero portare a quella che potrebbe essere una quarta Costituzione imposta anch’essa dalle élites, così come è sempre successo nella storia del Cile.

In ogni caso, non è da escludere che alla fine dell’anno, a dicembre, quando si voterà il nuovo testo costituzionale, il popolo cileno promuova un Rifiuto Democratico, con il quale potrebbe riprendere il cammino delle sue lotte di emancipazione.
In questo modo, ricordando che a partire dalla metà del primo decennio del XXI° secolo furono introdotti un paio di aggiustamenti cosmetici alla Costituzione di Pinochet, e come ha giustamente affermato in un’intervista lo storico cileno Sergio Grez Toso: “Il Cile continuerà a vivere una sorta di riforma costituzionale permanente” (Basilago, 2022). Questa via, controllata dalle élites, prevede un ruolo importante per gli “esperti”, al fine di riadattare la Costituzione del 1980, introducendo alcune modifiche affinché tutto rimanga uguale: il miglior esempio del gattopardismo del XXI° secolo.

Infine, teniamo presente il ruolo determinante delle innegabili influenze di quattro decenni di neoliberismo consumistico e individualizzante, così come il discredito degli enti e dei servizi del settore pubblico. Né si può dimenticare il messaggio ricorrente che mirava a mettere in luce la violenza della mobilitazione popolare dell’ottobre 2019, una sorta di demonizzazione dell’ottobrismo. Alla fine hanno pesato anche le paure acuite dalla pandemia che, alimentata dalla prolungata quarantena e anche dall’effetto di una repressione quasi permanente, ha smobilitato la protesta popolare dalle strade: una situazione complicata dalla crescente insicurezza dei cittadini in un contesto di recessione economica che ha colpito il mondo intero.
Ed è stato in questo complesso scenario che ha avuto un forte impatto l’intelligente e allo stesso tempo perversa campagna di disinformazione e fake news orchestrata dai poteri forti, che è riuscita ad esacerbare i timori della maggioranza della popolazione. Molteplici sono state le questioni che furono influenzate dalla campagna mediatica del Rifiuto: plurinazionalità, autonomismo, ambientalismo, diritto all’aborto, tra le altre, che sono state questioni che non riuscirono a mobilitare in modo significativo nemmeno i gruppi sociali che le sostenevano. Soprattutto, come conseguenza di tutto questo, la maggioranza silenziosa - la cui presenza alle urne ha raggiunto i livelli di partecipazione al voto più alti dal 1989 - ha optato per il Rifiuto.

In breve, il 4 settembre 2022, in Cile si è persa l’opportunità di dotarsi di una Costituzione di trasformazione.

Al di là di questa descrizione veloce e incompleta del processo costituzionale cileno, non dimentichiamo che, nel corso della storia del diritto, ogni espansione dei diritti era prima impensabile. L'emancipazione degli schiavi o l’estensione dei diritti agli indigeni, alle donne e ai bambini, venivano respinte come assurde.
Nel corso della storia è stato necessario riconoscere “il diritto ad avere diritti”, e questo è sempre stato ottenuto con uno sforzo politico volto a cambiare visioni, costumi e leggi che negavano tali diritti. Superare lo
status quo è molto difficile ma, come abbiamo visto nel corso della storia, è stato fondamentale continuare il processo di emancipazione degli esseri umani.

Questa semplice descrizione ci mostra quanto sia complesso anche solo pensare alla Natura come soggetto di diritti. Molte persone ritengono assurdo accettare tali diritti, ma non hanno remore a concedere diritti quasi umani alle persone giuridiche... una delle più grandi aberrazioni del diritto. Nel caso dei Diritti della Natura, abbiamo tra le mani la possibilità di trasformare strutturalmente la società e – perché non dirlo – la stessa civilizzazione. Argomento al quale dedichiamo il resto di queste riflessioni.

(1. Continua)
 

* Alberto Acosta: Nonno, economista ecuadoriano, professore universitario, Ministro dell'Energia e delle Miniere (2007), Presidente dell'Assemblea Costituente (2007-2008), candidato alla presidenza della Repubblica dell'Ecuador (2012-2013), autore di diversi libri, compagno nelle lotte dei movimenti sociali.

** Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network

*** Articolo apparso su Rebelión il 29/09/2023, "Derechos de la Naturaleza, una lectura más urbana a partir de la nonata Constitución chilena" e tratto dal testo 
Constitucionalismo urbano: La ciudad en los procesos constituyentes en América Latina 
a cura di:
Fernando Carrión, Emilia Silva, Alfredo Rodríguez, Ana Sugranyes,
FLACSO Ecuador,
settembre 2023 – 487 pp.


Note:

[2] “L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 28 luglio 2022, che ogni persona nel mondo ha diritto a un ambiente sano”. Cfr. ONU, Programma per l'ambiente (2022).

[3] Ad esempio, si possono riconoscere i progressi giuridici in Colombia, India, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Panama, Spagna, tra molti altri paesi. Altrettanto degne di nota sono le iniziative per modificare la Costituzione tedesca e anche la Costituzione del Libero Stato di Baviera nello stesso Paese europeo.

[4] L’elenco dei libri, degli articoli, delle tesi e delle discussioni sul significato di questi diritti cresce in maniera inarrestabile. Come riferimento da considerare consigliamo Gudynas (2014).


Bibliografia


 

23 ottobre 2023 (pubblicato qui il 26 ottobre 2023)