*** La Natura sì ha dei diritti/3 ***

Una proposta rivoluzionaria dalla metà del mondo

di Alberto Acosta, Enrique Viale

Una proposta rivoluzionaria dalla metà del mondo

La nozione che la natura ha vita e che è soggetto di diritti
nasce nei popoli indigeni come parte di un tutto
nel rapporto essere umano-natura-società. […]
nella lotta per la difesa dell’ambiente nel nostro Paese,
una delle correnti delle organizzazioni ecologiste fa eco al pensiero indigeno
e, superando il mero conservazionismo o l’approccio dello sviluppo sostenibile,
assume la natura come un soggetto che ha bisogno di essere protetto nei suoi diritti.

 - Nina Pacari (leader indigena ecuadoriana), 2019


Una lunga storia piena di lotte, esperienze, valori e aneddoti ha permesso che la natura fosse considerata per la prima volta come soggetto di diritti nella Costituzione dell’Ecuador. Come di solito accade, i progressi non sono stati il ​​semplice risultato di un processo di studi ponderati e di dibattiti profondi poiché, oltre ai processi fondamentali e i diversi precedenti di lotta, la scommessa non è mai venuta meno. Tanto che un impulso importante è venuto da un personaggio – Eduardo Galeano – che non si è presentato nella sede dell’Assemblea Costituente in Ecuador, dove cristallizzarono questi diritti.

A Montecristi, una piccola cittadina sulla costa ecuadoriana, è stata elaborata e approvata l'ultima Costituzione del piccolo Paese andino. Dal 1830, questa Costituzione è la ventunesima. Un primato indiscutibile, ma non encomiabile. Ciò su cui non c’è dubbio è che la Costituzione di Montecristi sarà ricordata nel mondo – tra le altre cose degne di nota – per l’approvazione dei diritti della natura, cioè per aver assunto la Pacha Mama – sinonimo di Madre Terra per i popoli indigeni – come soggetti di diritti.

Un passo per niente facile, perché sappiamo bene che il diritto ad avere diritti ha sempre richiesto uno sforzo politico per cambiare le norme che negavano tali diritti. E questo è quello che è successo con i diritti della natura in Ecuador. Le lotte dei popoli nativi convergevano con quelle dei difensori dell’ambiente. E, come vedremo in queste pagine, da allora questi diritti si sono estesi sempre più in tutto il mondo.
 

La Costituzione come un progetto di vita comune

Le Costituzioni hanno sempre risposto a problemi propri di un particolare momento storico. Sono stati spazi di disputa politica. È evidente che non è una Costituzione a fare la società, ma è la società a fare la Costituzione. E questa affermazione non minimizza il potenziale di trasformazione che una Costituzione può avere, purché sia ​​adeguatamente sviluppata.

Una Costituzione – questo è molto importante – sintetizza un momento storico, cristallizza i processi sociali accumulati e modella un certo modo di intendere la vita. Pertanto, una Costituzione trasformativa, che sintetizza un progetto di vita comune, non è il mero risultato di un esercizio giuridico avanzato, secondo la logica di alcuni esperti in materia costituzionale. Né risulta dagli sforzi di un individuo ispirato o di un gruppo di illuminati. Per dare contenuto trasformatore al testo, esso deve nascere ed essere redatto in un contesto di ampia partecipazione sociale, in modo che possa poi radicarsi nella pratica della società. E in un certo modo la Costituzione è un punto di arrivo poiché sintetizza gli obiettivi delle lotte di resistenza e di costruzione di altre visioni della vita, e anche un punto di partenza per cristallizzare la società che prefigura il testo costituente. È, in breve, un obiettivo e uno strumento per costruire, in democrazia, una società democratica.

Nella Nostra America, la bilancia si è quasi sempre spostata verso Costituzioni elitarie, attraverso le quali i gruppi di potere consolidano i propri privilegi cercando di imporre modelli di dominio e di accumulazione, o - in alcuni casi - anche verso nuove Costituzioni che sono servite solo a dirimere i conflitti interclassisti delle élites senza intaccare le strutture gerarchiche delle loro società. Nella regione esistono pochi processi genuinamente costituenti come quello del 2007-2008 in Ecuador.

Una Costituzione come quella ecuadoriana del 2008, al di là della sua indubbia portata giuridica, è il risultato di un progetto politico portato avanti con un’ampia partecipazione sociale, a differenza di quanto era accaduto fino ad allora nella lunga e conflittuale vita costituzionale di quel Paese. In questa prospettiva, questa Costituzione – approvata nelle urne dalla maggioranza del popolo ecuadoriano – ha tentato di riflettere le richieste e le aspettative accumulate in lunghe vicende popolari, ha cercato di sintonizzarsi sui problemi globali e di diventare uno strumento capace di generare cambiamenti strutturali. Nel suo processo costituente – presieduto dal coautore di questo libro, Alberto Acosta – si è cercato di raccogliere molteplici proposte per dare impulso a trasformazioni dal fondo, frutto di decenni di resistenze e lotte sociali, articolando diverse alternative emerse durante queste lotte.

Si è trattato di una vera e propria minga* democratica, senza precedenti nella complessa storia costituzionale dell'Ecuador: un Paese che conta già ventuno Costituzioni dal 1830 e un numero altrettanto elevato di assemblee costituenti. Al di là del lavoro della maggioranza dei membri dell’assemblea, fondamentale è stata la partecipazione di numerose organizzazioni sociali che hanno sostenuto e diffuso un dibattito democratico e plurale incoraggiato dalla già citata cittadina di Montecristi, di contraltare alle posizioni conservatrici e agli allungamenti dei tempi, espresse anche dal governo progressista di Rafael Correa – presidente dal 2007 al 2017 – ma anche da lui stesso.

Da queste lotte, resistenze, dibattiti e proposte sono emerse prima “alternative di sviluppo” e poi – in chiave avanzata – “alternative allo sviluppo” come il 'Buen Vivir' o, seguendo un neologismo Kichwa (“Quechua” o “Quichua” in spagnolo), ciò che è noto come 'sumak kawsay'. La Costituzione, con i suoi prolifici 444 articoli, ha rotto la visione classica dei diritti – che privilegia alcuni rispetto ad altri – enfatizando il suo carattere integrale, riconoscendoli come interdipendenti e pari gerarchicamente, e classificandoli diversamente da quelli tradizionali, di ispirazione europea e colonizzatrice (primato dei diritti di libertà individuale, di proprietà e i diritti politici propri di una democrazia rappresentativa). In questo testo costituzionale, tutti i diritti hanno un’eguale gerarchia, evidenziando - ovviamente - la necessità di proteggere quei gruppi di persone, comunità, città e nazionalità che richiedono un’attenzione prioritaria, nonché la natura stessa, rimettendo in discussione l'obsoleto Stato nazione quando propone la plurinazionalità. A loro volta, tutti questi diritti trovano la loro correlazione in una sezione dedicata alle responsabilità e alle rappresentazioni, come analizzeremo più avanti.

Queste conquiste costituzionali, che tentarono di sintetizzare i desideri popolari, sono ovviamente difficili o impossibili da accettare (e persino comprendere) per i costituzionalisti tradizionali e i conservatori di ogni risma. Per questo, chi vede minacciati i propri privilegi dalla Costituzione di Montecristi o si assume come unico portatore di una verità limitata alla modernità, non smette di combatterla. Così, in questi anni abbiamo visto convergere diverse posizioni conservatrici da molteplici posizioni ideologiche – dai neoliberisti fino ai socialisti – contrarie all’essenza della Costituzione, in particolare ad alcuni dei suoi punti chiave – come, ad esempio, i diritti della natura.

I cinque articoli chiave della Costituzione dell'Ecuador

Art. 10. Gli individui, le comunità, i popoli, le nazionalità e i gruppi hanno diritto e godranno dei diritti garantiti dalla Costituzione e dagli strumenti internazionali. La Natura sarà soggetto dei diritti riconosciuti dalla Costituzione.
Art. 71. La natura o Pacha Mama, dove la vita si riproduce e si realizza, ha diritto al pieno rispetto della sua esistenza e del mantenimento e rigenerazione dei suoi cicli vitali, della sua struttura, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi. Qualsiasi persona, comunità, città o nazionalità può esigere dal potere pubblico il rispetto dei diritti della Natura. Per l'applicazione e l'interpretazione di tali diritti si osserveranno, ove opportuno, i principi stabiliti dalla Costituzione. Lo Stato incoraggerà le persone fisiche e giuridiche e i gruppi a proteggere la Natura e promuoverà il rispetto di tutti gli elementi che compongono un ecosistema.
Art. 72. La natura ha diritto al recupero. Tale ripristino sarà indipendente dall’obbligo che lo Stato e le persone fisiche o giuridiche hanno di risarcire individui e gruppi che dipendono dai sistemi naturali compromessi. Nei casi di impatto ambientale grave o permanente, compresi quelli causati dallo sfruttamento delle risorse naturali non rinnovabili, lo Stato istituirà i meccanismi più efficaci per ottenere il ripristino e adotterà misure adeguate per eliminare o mitigare le conseguenze ambientali nocive.
Art. 73. Lo Stato applicherà misure cautelative e restrittive per le attività che possono portare all'estinzione delle specie, alla distruzione degli ecosistemi o all'alterazione permanente dei cicli naturali. È vietata l'introduzione di organismi e materiale organico e inorganico che possano alterare definitivamente il patrimonio genetico nazionale.
Art. 74. Le persone, le comunità, i popoli e le nazionalità avranno il diritto di beneficiare dell'ambiente e delle ricchezze naturali che permettano loro il 'buen vivir'. I servizi ambientali non saranno suscettibili di appropriazione: la loro produzione, prestazione, utilizzo e sfruttamento saranno regolati dallo Stato.

La Costituzione ecuadoriana del 2008, nel riconoscere i diritti della natura, cioè intendendo la natura come soggetto di diritti e aggiungendovi quello di essere restaurata in maniera integrale dopo essere stato distrutta – ha segnato una pietra miliare per l’umanità, dato che fino ad allora la riparazione era contemplata per gli esseri umani solo quando il loro ambiente fosse stato danneggiato. Altrettanto importante è stato incorporare il termine "Pacha Mama” come riconoscimento della plurinazionalità e dell’interculturalità. E nell’assumere il concetto di Madre Terra si intende anche un chiaro cenno al significato ampio e profondo di cura, in linea con le istanze del femminismo, poiché si tratta di promuovere “un’inversione della sottomissione sia delle donne che della natura”, nelle parole di Carolyn Merchant.

In sintesi, la Costituzione stabilisce alcune basi per lo sviluppo di leggi, politiche e azioni basate sull’accettazione che la natura è soggetto di diritti. Questa è una discussione e una pratica che mostra ancora deficit enormi e persistenti.
 

Indigeni, ecologisti, visionari e perfino Galeano come costituenti di Montecristi

La situazione politica del momento costituente, l'intensità del dibattito e l'impegno di un gruppo di parlamentari, nonché i contributi di numerosi specialisti, hanno reso possibile l'accettazione dei diritti della natura nell'Assemblea Costituente.

Questo è fondamentale: i diritti della natura hanno una lunga storia e le loro radici sono profondamente radicate nel mondo indigeno, sebbene sembrino invisibili a certe letture pregiudiziali o superficiali. Da notare che il tronco e i rami di questo grande albero del meticciaggio interculturale si arricchiscono di innesti non indigeni. Naturalmente, anche se gli indigeni non hanno una concezione della natura come quella occidentale, il loro apporto è fondamentale. Capiscono perfettamente che Pacha Mama è la loro Madre, non una semplice metafora. Ricordiamo le parole di Nina Pacari, eminente intellettuale e politica indigena ecuadoriana, la prima cancelliera di quella repubblica andina, citata all'inizio di questo capitolo, per comprendere meglio come i diritti della natura siano emersi come sforzo di meticciaggio giuridico e, soprattutto, di rispettoso e attivo dialogo di saperi.

Ciò che facciamo per la natura lo facciamo per noi stessi. Pertanto, garantire la vita della natura è essenziale per garantire la vita umana. Questo forse è un punto fondamentale per capire di cosa stiamo parlando. Insistiamo fino alla nausea sul fatto che gli esseri umani non possono vivere al di fuori della natura, tanto meno se la distruggono. Noi siamo natura, non possiamo separarcene.

Ma bisogna andare oltre. Non basta questa approssimazione propria di una sorta di egoismo illustrato. Non abbiamo solo bisogno della natura per garantire la nostra esistenza, comprendendo sempre che noi stessi siamo natura. E ancor più, come cercheremo di dimostrare in seguito, ci conferisce il diritto primordiale all'esistenza. E anche se oggi possiamo giungere a conclusioni di questo tipo, ricordiamoci che il dibattito costituente in Ecuador per accettare questi diritti, è stato arduo e pieno di fatti curiosi e aneddoti che, prima che pittoreschi, sono da considerare di grande importanza.

Eduardo Galeano, senza aver messo piede nella città di Montecristi, ha influenzato i dibattiti più di quanto potesse immaginare. La storia è semplice. Quando apprese che si stava discutendo della possibilità di dichiarare costituzionalmente la natura come soggetto di diritti, Galeano scrisse un vibrante articolo dal titolo “La natura non è muta”.

A Montecristi l'emozione di ricevere il suo sostegno fu grande. Non c'era da meravigliarsi. A partire da Le vene aperte dell'America Latina, Eduardo Galeano è stato per noi un gran riferimento. Ma lui, che aveva sempre spezzato lance in favore della vita, esitò a diffondere il suo scritto. Tanto che quasi subito dopo averla inviata espresse in una email la sua preoccupazione affermando:

"Preferisco aspettare, per evitare che l'articolo abbia vita effimera. I fatti, a volte imprevedibili, potrebbero sconfessarlo come espressione di desiderio, servirebbe a poco."

Insistemmo. Fino a vincere i suoi timori. Galeano pubblicò il suo articolo sul settimanale Brecha, il 18 aprile 2008, a Montevideo. Una copia del testo è stata distribuita ai costituenti per ordine del presidente dell'Assemblea in occasione della 40a sessione plenaria, tenutasi il 29 aprile 2008. Con la sua penna avrebbe consolidato una posizione che all'inizio non sembrava molto promettente. Eduardo Galeano animò con il suo impegno coloro che inizialmente avevano sollevato la questione. Così si concretizzò questo passo costituzionale unico al mondo. Il suo testo fu citato in plenaria. Rafael Esteves, membro dell'Assemblea Costituente e proveniente dalle populiste, ne lesse alcuni frammenti in un intervento memorabile.

La sua rivendicazione – come se Galeano fosse stato un membro costituente a Montecristi – fu chiave:

"Suona strano, vero? Questa cosa della natura che ha diritti... Pazzesco. Come se la natura fosse una persona! D’altro canto, sembra del tutto normale che le grandi imprese degli Stati Uniti godano di diritti umani. Nel 1886, la Corte Suprema degli Stati Uniti, modello di giustizia universale, estese i diritti umani alle società private. La legge riconobbe ad esse gli stessi diritti delle persone, il diritto alla vita, alla libertà di espressione, alla privacy e tutto il resto, come se le aziende respirassero. Sono passati più di centoventi anni e così è ancora. Non richiama l'attenzione di nessuno."

L'argomento colpì profondamente. Comprendere che le imprese hanno ampi diritti come persone giuridiche, ma la natura non ha un impatto elevato. A poco a poco ha avuto più senso parlare di natura come soggetto di diritti. E Galeano, con il suo messaggio – di cui consigliamo la lettura – ha sostenuto la conclusione esposta all'inizio del suo testo breve e allo stesso tempo decisivo:

"La natura ha molto da dire ed è tempo che noi, i suoi figli, smettiamo di fare orecchie da mercante. E forse anche Dio sentirà la chiamata che risuona da questo paese andino – l’Ecuador – e aggiungerà l’undicesimo comandamento che aveva dimenticato nelle istruzioni che ci diede dal Monte Sinai: "Amerai la natura, di cui fai parte".

L’Assemblea Costituente e poi il popolo ecuadoriano, che ha approvato in massa la nuova Costituzione con un referendum il 28 settembre, hanno ascoltato la natura. Galeano contribuì a consolidare il diritto all'esistenza degli esseri umani, che è anche ciò che riguarda i diritti della natura, che rivendicavano l'undicesimo comandamento.
 

Precedenti ecologisti

 Senza minimizzare il contributo indigeno, che costituisce una sorta di radice matrice del grande albero dei diritti della natura, è necessario riconoscere altri antecedenti. In Ecuador, prima della Costituente di Montecristi, le molteplici e lunghe lotte per la difesa del territorio, dell’acqua, delle foreste e della giungla, delle mangrovie, delle brughiere, della biodiversità e delle sementi si sono consolidate in proposte concrete. Molti di questi conflitti socio-ambientali sono stati raccolti in una notevole indagine sulla situazione nelle regioni geografiche più importanti dell'Ecuador: Costa, Sierra e Amazzonia. Una trilogia fondamentale sull’argomento è composta da 'Ecologismo ecuatorial, Conflictos socioambientales en las ciudades i Desarrrllo eco-ilógico', opera curata da un collettivo guidato da Ana María Varea Sechez nel 1997. Quest’opera pionieristica in Ecuador e in America Latina – come riconosciuto di Joan Martínez Alier, economista ecologico di fama mondiale, nel prologo di quella ricerca, non solo presentò casi di resistenza in tutte le regioni dell’Ecuador, ma rifletté anche su questioni giuridiche e istituzionali, politiche ambientali, proposte alternative, gruppi sociali impegnati e l'origine stessa dell’ecologismo nel paese, tra le tante questioni rilevanti. È quindi una lettura obbligatoria per comprendere meglio i precedenti dei diritti della natura in Ecuador.

È importante considerare che, quando si discusse che la natura potesse essere oggetto di diritti, erano tempi di resistenza e di costruzione di alternative. L’Ecuador stava uscendo da una lunga e articolata crisi, scatenata alla fine del secondo millennio. Lo slogan "che se ne vadano tutti” risuonava assordante. Le nuvole si stavano caricando di quella che sarebbe poi stata una torrenziale pioggia di idee, proposte e progetti, che avrebbero aperto le porte a epoche creative. Tant’è che nel Piano di Governo del Movimento Alianza País 2007-2011 (documento scritto collettivamente nel 2006 e che ha costituito un riferimento per la Costituzione di Montecristi) si era già affermato, tra l’altro, che

"Sogniamo un Paese dove l'essere umano viva in armonia con la natura, con le sue piante, con i suoi animali, con i suoi fiumi e le sue lagune, con il suo mare, con la sua aria, con i suoi suoli, e con tutti quegli elementi e spiriti che rendono la vita possibile e bella. Un paese in cui non sia possibile la commercializzazione predatoria della natura, in cui l’essere umano è solo una parte in più di essa e non il suo centro distruttivo. Sogniamo una società che celebri ogni giorno la ricchezza della vita, la sua grande diversità biologica e culturale, la sua natura armoniosamente condivisa come base di comunità democratiche e libere. Con un Paese che valorizza, per i suoi abitanti e i suoi visitatori, le sue meravigliose regioni costiere, montane, amazzoniche e insulari."

Come sempre, e lo abbiamo già detto prima, il caso è stato ancora una volta determinante. Ad un certo punto, all’inizio dell’Assemblea Costituente, sono arrivati ​​diversi difensori dei diritti degli animali, questione per la quale molti membri dell’assemblea simpatizzavano. Ciò ha permesso di discutere, ad esempio, della possibilità di vietare espressamente le corride e i combattimenti di galli, proposta che non ebbe successo. In ogni caso attraverso i diritti degli animali si è aperta una finestra per introdurre il dibattito.

Così, quando iniziarono i dibattiti, il presidente dell’Assemblea Costituente scrisse un articolo sul tema: “Hanno  diritti gli animali?". Il testo, pubblicato nel gennaio 2008, cominciò a riscaldare l'atmosfera e servì a identificare più chiaramente i membri dell'assemblea inclini a sostenere i diritti della natura. Pochi giorni dopo, lo stesso presidente dell’Assemblea Costituente propose pubblicamente un altro testo più lungo per la discussione: “La natura come soggetto di diritti”, pubblicato il 28 febbraio 2008 sul sito dell’Assemblea Costituente, che è stato accolto anche fuori dall’Ecuador. Allora già si era fino al collo nella questione dei diritti della natura. Tra le altre questioni, si proponeva che

è urgente comprendere che l’essere umano non può sopravvivere al margine della natura, che di certo contiene catene alimentari essenziali per la vita dell’umanità. L'essere umano ne fa parte, non è lì come se fosse una cerimonia in cui l'essere umano è lo spettatore. Tutto ciò porta a comprendere che la natura deve essere assunta come soggetto di diritti. Diritti della natura che devono essere riconosciuti a partire dall'identità dell'essere umano, che si ritrova ad essere parte della stessa. E da questa prospettiva ampia e inclusiva, il nuovo quadro normativo costituzionale del nostro Paese, di conseguenza, dovrebbe riconoscere che la natura non è solo un insieme di oggetti che potrebbero essere posseduti da qualcuno, ma anche un suo soggetto dotato di diritti giuridici e legittimità procedurale


In quello scritto, ispirato a ciò che si conosce come “democrazia della Terra”, il presidente dell’Assemblea Costituente poneva alcuni punti fondamentali, che riassumiamo:

  • I diritti umani individuali e collettivi devono essere in armonia con i diritti di altre comunità naturali della Terra.
  • Gli ecosistemi hanno il diritto di esistere e di seguire i propri processi vitali.
  • La diversità della vita espressa nella natura è un valore in sé.
  • Gli ecosistemi hanno valori propri che sono indipendenti dall'utilità per l'essere umano.

È stato poi sottolineato che l’istituzione di un sistema giuridico in cui gli ecosistemi e le comunità naturali avessero il diritto inalienabile di esistere e prosperare avrebbe posto la natura al più alto livello di valori e di importanza. Senza dubbio, ciò avrebbe l’effetto diretto di prevenire i danni, ripensare molte attività umane il cui costo ambientale è troppo elevato e aumentare la consapevolezza e il rispetto per gli altri esseri viventi, nonché per la stessa Madre Terra.

Allo stesso modo, si anticipava che arriverà il giorno in cui il diritto di natura sarà, per la coscienza di tutte e tutti, adempiuto, rispettato e preteso. E speriamo che non sarà troppo tardi. Siamo ancora in tempo perché le nostre leggi riconoscano il diritto di un fiume a scorrere, vietino atti che destabilizzano il clima della Terra, garantiscano l'integrità della biodiversità e impongano il rispetto del valore intrinseco di ogni essere vivente. Cioè che la natura adempia alle sue responsabilità intrinseche, tremendamente minacciate dal Capitalocene. Da ciò emerge un mandato chiaro: è tempo di fermare la dilagante mercificazione della natura, come avveniva un tempo vietando la compravendita di esseri umani.

Da allora, è stata gradualmente costruito lo scenario per compiere quel passo trascendentale che stiamo analizzando. La Costituzione stessa, compresi i diritti della natura, è nata quindi da una costruzione collettiva: una 'minga' democratica, qualcosa che molteplici forze antagoniche negano sistematicamente. In questo senso è da sottolineare il ruolo di coloro che fecero parte di quella costruzione senza che nessuno potesse impadronirsi dell'iniziativa.

Sottolineiamo il significativo contributo concettuale di un altro uruguaiano, Eduardo Gudynas, che è stato a Montecristi, portatore come sempre di riflessioni che nascono dal profondo dell'ecologia e dei diritti, e che è diventato uno dei maggiori promotori dei diritti della natura, un vero referente per le lotte ambientaliste a livello mondiale.

Uno dei primi a commentare i diritti della natura in Ecuador è stato il giurista costituzionale Ciro Angarita Barón (1939-1997), colombiano, che ha tenuto un corso presso l’Istituto di Studi Ecologisti del Terzo Mondo a Quito, a metà degli anni novanta del secolo scorso: sebbene non abbia scritto direttamente sull'argomento, il suo contributo per la difesa della natura è molto riconosciuto nel suo paese. Un altro ulteriore contributo è arrivato dalla Fondazione Pachamama, venuta a riferire riguardo all'emanazione di ordinanze ispirate ai diritti della natura in alcune municipalità degli Stati Uniti.

In effetti, c’è anche una confluenza nella difesa della Madre Terra delle comunità indigene con gruppi contadini e urbani, con i residenti urbani, che potrebbero essere inquadrati nell’ambientalismo popolare. Così, nel 1997, Joan Martínez Alier, riconoscendo il potenziale trasformativo di queste resistenze, diceva sui conflitti socio-ambientali in Ecuador:

"La resistenza degli ecologismi popolari può essere, allo stesso tempo un segno di protesta, uno strumento per cambiare il corso dell’economia mondiale verso una maggiore sostenibilità ecologica."
 

L'ecologismo popolare

 Joan Martínez Alier ci ricorda che l'ambientalismo non è un lusso per ricchi, che c'è da preoccuparsi della natura solo quando abbiamo già di tutto in casa. C'è un ecologismo popolare. Di fatto, ci sono varie correnti nell’ecologismo. Ci sono persone che si definiscono “ecologisti radicali”, e socialmente non hanno nulla di radicale. Ciò che conta nell’ecologismo popolare è non pensare solo alla natura: pensare anche alla gente. Soprattutto quei gruppi di persone che hanno bisogno del loro territorio per vivere, perché se se ne da lì moriranno di fame o per l’inquinamento causato da una compagnia mineraria o per lo sfruttamento petrolifero o per la fumigazione di pesticidi in agricoltura, che sia soia in Argentina o banane in Colombia. Le comunità si difendono. Molte volte le donne sono in prima linea in queste lotte. Preoccuparsi solo della natura - per quanto lodevole possa sembrare - e dimenticare gli esseri umani, è solo un esercizio di giardinaggio. Non dimenticare: la giustizia sociale e la giustizia ecologica devono sempre andare di pari passo, si completano e si rafforzano a vicenda.
Inoltre, il percorso da seguire deve essere radicato nella piena vigenza della giustizia sociale e della giustizia ecologica, recuperando l’etica nell’agire politico, cioè nel quadro di un profondo processo democratico: se solo uno di questi tre fattori tende a zero, anche l’insieme tenderà a zero.


I conservatori di ogni genere si stracciano le vesti

Questo passo epocale, a volte impensabile, era e rimane inaccettabile per molti.

Più di un membro dell'Assemblea costituente dubitava. Un altro si è fatto beffe di questa decisione gridando a gran voce che questi diritti avrebbero sicuramente costretto alla creazione di commissariati affinché pappagalli, scimmie o cani potessero venire a presentare le proprie denunce: un paragone ironico con i commissariati per le donne, istituiti per proteggere i diritti delle donne violentate. Proprio questo personaggio, anni dopo, come legislatore, non ebbe nessuna remora nel denunciare la violazione dei “diritti umani degli edifici” della capitale dell’Ecuador nel bel mezzo di una protesta popolare.

Altro fatto curioso. I diritti della natura furono particolarmente sostenuti dai deputati veterani dell'assemblea. Molti giovani “pattinavano” con la questione. Al tavolo dell’ambiente, presieduto dall’indigena Mónica Chuji, il trattamento dei diritti della natura è stato complesso: diversi membri dell'assemblea gli hanno reso la vita impossibile, compresi alcuni funzionari, che avevano poca o nessuna sensibilità su questi temi. Lì c'era un ambiente molto teso. Alcuni consiglieri del presidente Rafael Correa bloccavano ripetutamente i lavori... Alla fine, i testi non sono stati elaborati da quel tavolo. Tanto che la proposta finale è stata elaborata nella Presidenza dell’Assemblea con il gruppo consultivo – presieduto da Francisco Rhon Dávila, di cui faceva parte, tra gli altri, Esperanza Martínez, che svolse un ruolo decisivo per quel punto – e fu introdotto per il dibattito al tavolo dei diritti, poiché si correva il rischio che venisse ignorato al tavolo dell'ambiente: lì poi apportarono un paio di modifiche, ma sostanzialmente rispettarono la proposta.

La resistenza a questi diritti è stata sostenuta. I giuristi conservatori di ogni genere – liberali e socialisti – hanno attaccato e attaccano ancora questi diritti, poiché è loro impossibile accettare che la natura sia oggetto di diritti, soprattutto - secondo loro - per l’impossibilità che la stessa rappresenti se stessa come detto soggetto: per loro sono sufficienti i diritti ambientali derivati ​​dai diritti umani.

I diritti ambientali non sono diritti della natura

 Al riconoscere la natura come soggetto di diritti, viene superata la versione costituzionale tradizionale dei diritti degli esseri umani ad un ambiente sano, presente da tempo nel costituzionalismo latinoamericano. A rigor di termini, è urgente comprendere che il diritto a un ambiente sano fa parte dei diritti umani. I diritti della natura non possono essere confusi con i diritti umani, poiché hanno una radice biocentrica.
Le formulazioni classiche dei diritti umani, cioè il diritto a un ambiente sano per garantire la qualità della vita, sono antropocentriche e devono intendersi separatamente dai diritti della natura.

Nei diritti umani il centro è posto sulla persona umana. È una visione antropocentrica. Lo Stato riconosce i diritti politici e sociali, cioè di prima e seconda generazione, come parte di una visione individualista e individualizzante della cittadinanza. Ai diritti civili e ai diritti politici si aggiungono i diritti economici, sociali e culturali (noto come DESC). A questi diritti si aggiungono i diritti di quarta generazione, diffusi e collettivi, che comprendono il diritto per gli esseri umani di godere di condizioni sociali eque e di un ambiente sano e non inquinato. Con questa batteria di diritti cerchiamo di evitare la povertà e il degrado ambientale che influiscono sulla vita umana.

Questi diritti ambientali si inquadrano nella visione classica della giustizia: imparzialità davanti alla legge, garanzie dei cittadini, ecc. Per cristallizzare i diritti economici e sociali, si propone una giustizia redistributiva, una giustizia sociale che affronti la povertà. I diritti ambientali configurano la giustizia ambientale che risponde alle richieste umane – soprattutto da parte dei gruppi poveri ed emarginati – in difesa della loro qualità di vita colpita dalla distruzione ambientale. In questi casi le persone possono essere risarcite, riparate e/o compensate.

Nella Costituzione di Montecristi dai diritti riferiti all'ambiente, cioé dei diritti umani di quarta generazione, derivano i mandati costituzionali trascendentali. Il liquido vitale è stato dichiarato diritto umano fondamentale nell'Assemblea Costituente di Montecristi, poiché costituisce anche patrimonio strategico nazionale di uso pubblico, inalienabile, imprescrittibile, insequestrabile ed essenziale per la vita, ed si proibisce ogni forma di privatizzazione dell'acqua.

Ma con i diritti della natura si è andati oltre, accettando la Madre Terra come soggetto di diritti. La Costituzione è categorica a questo riguardo, nell’art. 71: “La Natura o Pacha Mama, luogo in cui la vita si riproduce e si realizza, ha diritto al pieno rispetto della sua esistenza e del mantenimento e rigenerazione dei suoi cicli vitali, della sua struttura, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi. Qualsiasi persona, comunità, popolo o nazionalità può esigere dal potere pubblico il rispetto dei diritti della Natura”.

Un passo fondamentale nell’interpretazione di questi diritti risiede nel mandato che vieta l’uso di criteri commerciali per i servizi ambientali, in linea con quello che sarebbe uno sforzo lungo e complesso per demercificare la natura.

Allo stesso modo, si potrebbe evidenziare il diritto dell’acqua – come soggetto – al rispetto del suo ciclo di vita. Per superare le posizioni di privatizzazione dell'acqua, esistenti anche all'interno del governo di Rafael Correa, ci fu una grande partecipazione e mobilitazione della società e di diverse organizzazioni sociali, soprattutto indigene e contadine, con le quali si è potuto arrivare ai testi della nuova Costituzione. Alla fine, la Costituzione ha stabilito che il diritto umano all’acqua è fondamentale e inalienabile, oltre al fatto che l’acqua è un bene nazionale strategico di uso pubblico, un patrimonio della società e una componente fondamentale della natura, la stessa che ha diritti propri ad esistere e mantenere i propri cicli vitali. È da notare che questi diritti sull’acqua, che non tollerano alcuna forma di privatizzazione del liquido vitale, non sono rispettati...

In conclusione, è fondamentale lavorare in linea con la giustizia ecologica a tutti i livelli, sia locale e nazionale, che globale. Si tratta di una giustizia che allarga i suoi confini oltre gli umani per includere la Terra stessa: il suolo, l’acqua, le piante, gli animali, l’aria, nella loro qualità di ricettori di danno e soggetti di diritti. Ciò implica un approccio biocentrico, nei termini che abbiamo affermato in precedenza.

I mandati costituenti dell’Ecuador, in linea con altri processi internazionali, hanno incoraggiato anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel luglio 2010 a dichiarare l’accesso all’acqua potabile come un diritto umano.

A corollario di questa breve storia e delle contraddizioni attraversate da queste conquiste, e riconoscendo quanto sia difficile concretizzare i diritti della natura, ricordiamo che il presidente Rafael Correa, che ha difeso l’approvazione di questa nuova Costituzione ecuadoriana nel referendum del Agosto 2008, ha dimostrato di non capire cosa significano i diritti della natura. Così, il 15 agosto 2013, riconoscendo la propria incapacità di rendere realtà la Iniciativa-Yasuní-IT – con la quale si proponeva di lasciare una notevole quantità di petrolio nel sottosuolo, proteggendo i popoli in isolamento volontario in un’area dalla grande ricchezza di biodiversità in Amazzonia – affermò che “il più grande attacco ai diritti umani è la miseria, e l’errore più grande è subordinare tali diritti umani a presunti diritti della natura”.

In pratica, come constatato più e più volte, c’è ancora molta strada da fare affinché questi diritti rivoluzionari si consolidino. Stiamo parlando di diritti che dovrebbero estrapolarsi per la natura nel suo insieme, non semplicemente ad alcuni ecosistemi. Sappiamo bene che se i diritti non sono per tutti, diventano privilegi... per pochi, come è comune nelle società coloniali e classiste. Questo passaggio rende il processo più complesso, ma non per questo meno promettente. L’universalizzazione dei diritti umani dovrebbe essere un riferimento per i diritti della natura.

Per concludere su questo punto, tra tanti altri temi rilevanti del dibattito costituente di Montecristi, rimarrà alla storia l'approvazione dell'art. 98 della Costituzione, che sancisce il diritto alla resistenza e che si è trasformato in vigoroso strumento per la difesa dei diritti umani e della natura:

'Gli individui e i gruppi possono esercitare il diritto alla resistenza di fronte ad azioni od omissioni del potere pubblico o delle persone fisiche o giuridiche non statali che violino o potrebbero violare i loro diritti costituzionali, e chiedere il riconoscimento di nuovi diritti.'

(3. Continua)


-> Economista ecuadoriano e giurista ambientalista argentino, coautori del libro "La Naturaleza sì tiene derechos. Aunque algunos no lo crean". Giudici del Tribunal Internacional de los Derechos de la Naturaleza. Membri del Pacto Ecosocial, Intercultural del Sur.
* Il concetto di 'minga', proprio della cultura ecuadoriana, non esiste nella cultura occidentale, e si riferisce al lavoro condiviso che non beneficia un individuo o un singolo gruppo, bensì tutta la società, quindi motivato da un forte spirito di solidarietà e reciprocità. 

** Traduzione Giorgio Tinelli per Ecor.Network
 


Tratto da:

La naturaleza sí tiene derechos. Aunque algunos no lo crean
Alberto Acosta, Enrique Viale
Siglo Veintiuno Editores, Argentina, 09/2024 - 208 pp.
 


 

 

 

19 novembre 2024 (pubblicato qui il 23 novembre 2024)