L’attività mineraria in Ecuador cresce come un tumore. Le immagini satellitari registrano l’inesorabile avanzata delle metastasi, i bollettini delle associazioni per la difesa dei diritti umani denunciano senza sosta le violazioni commesse dai governi e dalle compagnie transnazionali di turno. È sempre più frequente la militarizzazione dei territori dei popoli indigeni e delle comunità che si oppongono ai progetti minerari; immancabile, la criminalizzazione della protesta sociale.
Nella sola regione amazzonica ecuadoriana tra il 2021 e il 2022 l’attività mineraria ha distrutto 1.405 ettari di foresta, l’equivalente di 2.000 campi da calcio.
Il Canada è uno degli attori principali nello scenario del saccheggio minerario in Ecuador: sono per lo meno undici le imprese con capitale canadese che operano nel paese, in contesti di altissima conflittualità socio-ambientale.
Nelle prime tre settimane di marzo una serie di avvenimenti ha mostrato i legami sempre più fitti tra governo ecuadoriano e compagnie canadesi, la violenta imposizione di progetti minerari e la risposta delle comunità in difesa dei loro territori.
Come da manuale
Il 6 marzo il Ministro supplente dell’Energia e delle Miniere emanava un Manuale con cui si pretende regolamentare i procedimenti di consultazione alle comunità nell’ambito di progetti di estrazione mineraria, con l’obiettivo di spianare la strada alla realizzazione dell’agenda estrattivista del presidente Daniel Noboa.
Nessuna concessione mineraria in Ecuador è stata debitamente consultata. I popoli indigeni assistono da sempre alla sistematica violazione di uno dei pilastri fondamentali del diritto all’autodeterminazione: il diritto al consenso e alla consultazione previa, libera e informata (CPLI). Nemmeno la consultazione ambientale, che dovrebbe essere rivolta alla cittadinanza in generale, è stata applicata al momento di determinare le concessione minerarie che costellano il paese. In Ecuador non esiste ancora una legge che regoli il diritto costituzionale a questi due tipi di consultazione; esiste tuttavia una corposa giurisprudenza nazionale e internazionale che definisce gli standard che devono essere rispettati in merito.
Il fatto di voler regolamentare la CPLI attraverso un manuale emesso con un accordo ministeriale, senza la partecipazione dei popoli indigeni e senza una consulta pre-legislativa, rivela che l’esecutivo non ha alcuna intenzione di rispettare tale diritto. Tra le varie omissioni il Manuale non riconosce il diritto costituzionale alla resistenza e il diritto al “non consenso”, ovverosia la facoltà, da parte delle comunità, di negare la propria partecipazione al procedimento. Il risultato della consulta sarebbe inoltre “non vincolante” lasciando la decisione finale in capo all’autorità ministeriale.
Nel comunicato emesso in merito al Manuale, l’Alleanza di Organizzazioni per i Diritti Umani si rivolge ai paesi e le compagnie che hanno interesse a partecipare allo sfruttamento delle risorse minerarie nei territori indigeni avvertendo che tali concessioni sono illegali ed illegittime, frutto della sistematica violazione del diritto costituzionale della consultazione. L’obiettivo del Manuale è uno solo: agevolare l’ingresso di investimenti delle compagnie minerarie transnazionali eliminando gli eventuali ostacoli al pieno sfruttamento delle risorse del paese.
La Conaie (Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador) ha presentato un’azione legale in cui sollecita la Corte Costituzionale di riconoscere l’incostituzionalità del Manuale.
L’accordo ministeriale che decreta il Manuale è stato firmato dal ministro supplente per l’Energia e le Miniere perché la titolare del carico, Andrea Arrobo, in quegli stessi giorni si trovava a Toronto, con la ministra Sonsoles García (Produzione e Commercio Estero) e la ministra degli Affari Esteri Gabriela Sommerfeld all’incontro annuale del PDAC (la Prospectors and Developers Association of Canada), guidate dal presidente Daniel Noboa.
È la prima volta che un presidente della Repubblica ecuadoriana partecipa al PDAC, accompagnando la sua delegazione all’incontro “Ecuador: World Mining Destination” organizzato dalla Camera Mineraria dell’Ecuador. La sua presenza aveva una ragione più che giustificata, portandosi a casa accordi di investimento in progetti minerari con il Canada per più di 4,8 miliardi di dollari.
Nelle stesse ore a Quito, organizzazioni ambientaliste e comunità indigene presentavano all’ambasciatore canadese una lettera in cui si denunciano le violazioni compiute dalle imprese minerarie canadesi che operano nei territori indigeni.
La Plata
Tra i vari progetti oggetto degli accordi di investimento siglati a Toronto troviamo “La Plata” della compagnia canadese Atico Mining Corp (ATY). Il progetto prevede l’estrazione di oro, rame, zinco e argento, ed è ubicato nelle località andine di Palo Quemado e Las Pampas, nella regione Cotopaxi. La concessione de La Plata, come tutte le concessioni minerarie in Ecuador, non è mai stata consultata: fu emessa alle spalle della popolazione locale e recentemente fu estesa fino al 2049. L’opposizione delle comunità al progetto è compatta e di lunga data.
Il 10 marzo, le autorità comunitarie locali, la Conaie e il Frente Nacional Antiminero denunciavano la presenza di gruppi paramilitari armati che minacciavano la popolazione e i leader della resistenza anti mineraria.
Il giorno seguente, il Ministero dell’Ambiente annunciava l’inizio di un procedimento di “socializzazione e partecipazione” per avallare il progetto minerario La Plata. Nel luglio 2023, durante la presidenza di Guillermo Lasso, la stessa violenta socializzazione venne fermata per decisione della Corte Costituzionale. Il procedimento avviato dal Ministero dell’Ambiente non ha nulla a che vedere con il rispetto del diritto alla consultazione, è solo un mero procedimento burocratico per passare alla terza fase del progetto minerario: dopo lo studio iniziale e l’esplorazione, l’estrazione vera e propria.
Il 18 di marzo più di 500 poliziotti e militari hanno occupato il territorio di Palo Quemado, con il fine di proteggere le strutture che ospitavano la cosiddetta “consultazione” e per reprimere la protesta sociale e la resistenza contro il progetto minerario. Nel secondo giorno di scontri si riportavano quindici persone ferite, limitazioni alla libertà di movimento, posti di blocco illegittimi e più di settanta comuneros denunciati per atti di terrorismo. In un comunicato, Amnesty International manifesta la sua preoccupazione per l’eccesso dell’uso della forza pubblica contro le popolazioni indigene della comunità di Palo Quemado y Las Pampa. Anche la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla Situazione dei Difensori dei Diritti Umani Mary Lawlor si pronuncia sugli avvenimenti di Palo Quemado, esortando al rispetto dei diritti dei difensori delle comunità.
Las Naves
Il 20 di marzo il Tribunale Penale della Provincia di Bolivar sentenziava a tre anni di reclusione e al pagamento di una multa sei difensori ambientali accusati dall’impresa Curimining, sussidiaria della canadese Adventus Mining per il delitto di associazione illecita. Curimining opera dal 2006 nella zona, sviluppando i lavori preliminari del progetto di estrazione mineraria Curipamba Sud. Durante tutti questi anni si sono registrati molti conflitti tra l’impresa e le comunità locali, scaturiti per la violazione del diritto alla consultazione e per la mancanza di uno studio sugli impatti ambientali. Oltre a Curipamba, nello stesso settore si pianifica l’avvio di un altro progetto, El Domo, sviluppato da Adventus y Luminex Resources, entrambe canadesi. La Conaie ha denunciato che il presidente della Repubblica e la sua famiglia, proprietaria del gruppo Nobis, ha degli interessi economici nel progetto. Risulta infatti che nel 2019 il gruppo Nobis aveva acquistato il 9,9% delle azioni di Adventus per un totale di 5,4 milioni di dollari.
Forse è finanche superfluo menzionare che, tra gli accordi di investimento firmati a Toronto, uno è per il progetto Condor, della Adventus, per un totale di 100 milioni di dollari.
La difesa dei territori e la guerra
Con la presenza di 77 organizzazioni territoriali, il 22 di marzo si è svolto il Secondo Incontro Nazionale Anti-Minerario, organizzato dalla Conaie e dal Frente Nacional Antiminero, che annuncia uno sciopero nei vari territori comunitari in solidarietà con il caso di Palo Quemado. Leonidas Iza, presidente della Conaie, rendendo note le conclusioni dell’assemblea, avverte che nel caso in cui continui la militarizzazione delle comunità nel Cotopaxi, si prenderanno in considerazione altre misure, tra cui lo sciopero nazionale. Annuncia la creazione di un gruppo giuridico (Frente Jurídico Antiminero) per rispondere all’ondata di denunce e accuse rivolte ai difensori dei territori e ai leader della resistenza anti mineraria.
In varie occasioni il popolo ecuadoriano ha manifestato la volontà di frenare l’avanzata della frontiera estrattivista: nei referendum nel distretto metropolitano di Quito (2023), Cuenca (2021) e Girón (2019) ha vinto il no all’estrazione mineraria, in sintonia con il referendum nazionale sulla sospensione dell’attività petrolifera nel Yasuní dell’agosto del 2023.
È grave e preoccupante la situazione che vive l’Ecuador negli ultimi mesi: dai primi giorni di gennaio il paese vive in uno “stato di conflitto armato interno”, dichiarato da Noboa, contro i gruppi legati al narcotraffico. Sono innumerevoli i casi di violazione ai diritti umani e di desaparición denunciate dalle organizzazioni e collettivi sociali. Tra i movimenti di difesa e resistenza anti mineraria circola un pensiero: che la guerra armata interna sia una scusa per aprire le porte ad uno sfruttamento minerario senza precedenti. A volte, a pensar male…
Le immagini:
Foto 1. Il Presidente Noboa e le ministre all’incontro PDAC 2024.
Foto 2. Gli scontri tra comuneros e forze aramate a Palo Quemado.
Foto 3. Le forze impiegate nella repressione della resistenza anti-mineraria.
Foto 4. Il presidente della Conaie Leonidas Iza al secondo “Encuentro Nacional Antiminero”.